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Introversi university

1. Michael Kiwanuka, I’ve been dazed
Il gospel dei tempi moderni, la musica salvifica, un novello Marvin Gaye (di origini britannico/ugandesi) che strappa il cuore con un terzo album (Kiwanuka) che a molti sembra la cosa più bella dall’invenzione delle michette appena sfornate. E in effetti c’è questa elusiva qualità nelle sue composizioni: il calore nel timbro della voce, graffiante ma speranzoso, nei suoi stilemi gospel, nell’assicurare che il tempo è un guaritore, nella chitarra con il fuzz rétro, in questo senso del produttore Danger Mouse per il beat acchiappone. Roba buona.


2. L’enciclopedia dei limiti, L’eleganza dell’amaro
Canta imbracciando la chitarra avuta in regalo a otto anni dal papà: Alessio Falsone viene da Palermo, esce da un tunnel anglofono, da band chiamate Injustice e Keep the Faith, dall’ep Positive lifestyle, e da singoli che s’intitolano Not a wall but a bridge (e finiscono negli spot della Panda Cross). Poi ci s’immagina Alessio che si risveglia e abbraccia la lingua italiana. E scrive il suo album solista godendosi ogni sillaba e il paradosso del raccontare storie introverse, e forse anche quel nome d’arte che pare un titolo.


3. Momo, Diz a verdade
Suona un po’ come Desafinado, pure con quelle lievi stonature ad arte della bossa, ma Marcelo Frota alias Momo è un brasileiro dei tempi moderni: vive a Lisbona e registra a Los Angeles. Nel suo album I was told to be quiet canta in francese e in inglese. Inutile tentare di spacciarlo per solare: scivola sull’arcobaleno della psichedelia, scuola Os Mutantes, ma pesca nel blu malinconico, e lo fa con una certa voluttà, che sconfina quasi nella goduria quando celebra i giorni di novembre. Come si fa ad affrontare l’autunno senza qualcosa di brasiliano?


Questo articolo è uscito sul numero 1332 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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