Venezia 72. Ritorno a Boston
Il trailer in italiano
Ieri si è parlato molto della forma fisica di Johnny Depp, arrivato al Lido piuttosto appesantito. Più che altro, era evidente la differenza tra il divo in carne e ossa e il personaggio che interpreta in Black mass. L’ultimo criminale di Scott Cooper, cioè Jimmy Whitey Bulger, il gangster che ha prosperato a South Boston tra la metà degli anni settanta e la metà degli anni novanta.
Su Black mass non c’è molto da dire: la cattiveria del criminale non fa notizia e dei legami che si possono creare tra i ragazzi cresciuti nei quartieri poveri di Boston ce ne hanno già parlato film migliori (The town, di Ben Affleck, se proprio non vogliamo scomodare Mystic River, di Clint Eastwood). L’elemento che caratterizza di più il film di Copper è proprio il trucco pesante adottato da Depp per impersonare Bulger. Non si arriva alla pesantezza dei cattivi di Dick Tracey, ma con quelle lenti a contatto azzurre Depp ricorda più un cattivo dei supereroi (che ne so, Loki degli Avengers) o uno dei tanti conti Dracula della storia del cinema, che un criminale realmente esistito.
All’inizio di Marguerite di Xavier Giannoli, Catherine Frot canta la famosa aria del Flauto magico di Mozart, Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen. Siamo a Parigi, negli anni venti. Marguerite è una donna ricca e infelice, ossessionata dalla musica e incoraggiata a cantare dalle persone che la circondano, principalmente perché è la loro benefattrice. Infatti, Marguerite è stonatissima e la scena in cui storpia l’aria della Regina della notte è violenza pura. Ma la protagonista, soprattutto grazie alla disperata intensità di Catherine Frot, ci porta dalla sua parte. Il merito è anche di Giannoli che ci tiene sospesi tra speranza, illusione, delusione, derisione. Peccato che si conceda qualche scorciatoia di troppo.
Il carrozzone di avanguardisti, nani, ballerine e donne barbute che Marguerite si trascina dietro non convince fino in fondo, nonostante l’onnipresenza del magnifico e devoto maggiordomo Madelbos (Denis Mpunga). Ma soprattutto, visto che si tratta di un film che parla di musica, non si capisce perché per una sequenza di montaggio in cui Marguerite si allena per il suo debutto a teatro – un po’ come Rocky sulle note del suo tema – sia stata scelta Chasing sheep is best left to sheperds di Michael Nyman, che forse era giusto lasciare nei giardini di Compton House.
“Come sarà l’amore nel futuro?”. Questa è la (provocatoria?) domanda a cui vorrebbe (provocatoriamente?) rispondere Equals, film di Drake Doremus con Kristen Stewart e Nicholas Hoult, ambientato in un futuro bianco e grigio in cui le emozioni sono una malattia da curare. La fantascienza è un genere a rischio di estinzione da molto tempo ed Equals non aiuta la causa: ridateci La fuga di Logan.