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Il paradosso di Doc e Marty

Ritorno al futuro - Parte II


I viaggi nel tempo non sono stati più gli stessi dopo che Doc Brown, nel lontano 1985, ha creato la famosa macchina del tempo con una DeLorean o forse, meglio, da quando trent’anni prima, nel 1955, lo stesso scienziato era scivolato in bagno… Prima, quasi sempre, a un viaggio nel tempo corrispondeva anche un viaggio nel mistero del cosmo o nel senso della vita. In questi giorni si parla tanto di Ritorno al futuro perché, nel secondo capitolo della saga, Marty McFly, dopo aver risollevato le sorti della sua famiglia negli anni cinquanta, finalmente viaggia nel futuro, e atterra il 21 ottobre del 2015. Oggi.

In rete c’è una specie di gara a chi per primo e meglio mette in confronto quello che era il futuro immaginato da Robert Zemeckis con la nostra realtà (o chi invece fa le pulci al product placement presente nel film e ci invita ad andare in giro, per un giorno, con le tasche dei jeans rivoltate).

Naturalmente le macchine volanti non ci sono e il meteo non è così preciso. I fax sono stati (quasi) mandati in pensione e per fortuna la moda non è come l’avevano immaginata nel 1989. Ma al di là dei giochini più o meno divertenti che si trovano in rete la trilogia di Zemeckis appare tutt’altro che datata. Non tanto per la “visione” del futuro che ci ha dato, ma forse solo perché quella di Ritorno al futuro è una meravigliosa saga di avventura, e basta.

Potremmo dire che vale il discorso che Doc fa a Marty nel suo garage quando gli spiega perché non possono tornare nel futuro dal presente, dopo che Biff ha alterato il continuum spazio tempo. Quello che si vede nel secondo capitolo di Ritorno al futuro non è il nostro futuro, ma quello dei protagonisti del film. È il loro 2015, quello di Marty e Doc (e Biff). E difficilmente avrebbe potuto essere migliore.

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