Love & mercy e gli altri film del weekend
Quello delle biografie di rock e pop star è un florido filone hollywoodiano e la storia di Brian Wilson (e dei Beach Boys) è abbastanza drammatica per meritarsi un film. Anche più di uno. Il primo è stato un film tv del 1990, Summer dreams, basato sul libro Heroes and villains di Steven Gaines. Poi è arrivata la miniserie in due puntate, andata in onda sulla Abc nel 2000, The Beach Boys: an american family. In entrambi i casi si tratta di biografie piuttosto classiche (e modeste). Love & mercy di Bill Pohlad è un’altra cosa.
A dispetto di un’immagine che può rimbalzare dalla loro musica (almeno da quella dei primi anni) la storia dei Beach Boys è complicata e cupa, ricca di faide familiari, eccessi e follie. Ma nella figura di Brian Wilson c’è anche qualcosa di molto patetico. Ed è questo che ci racconta Love & mercy. Il disagio fisico e mentale, l’agonia e la prigionia di un genio che è rimasto schiacciato sotto il peso delle aspettative degli altri nei suoi confronti.
Love & mercy
Seguiamo Wilson in due momenti distinti della sua vita. Verso la fine degli anni sessanta, quando la stella dei Beach Boys sembrava estinguersi lentamente (anche se doveva ancora raggiungere il suo pieno splendore), e verso la fine degli anni ottanta, quando Wilson è succube di un terapista che lo tiene fondamentalmente recluso. Paul Dano interpreta il Brian Wilson degli anni sessanta mentre John Cusack interpreta quello degli anni ottanta. Lo sdoppiamento dell’attore è una sorpresa in positivo. Sono due persone diverse e insieme un’unica persona. Un eterno adolescente che sta lentamente prendendo coscienza del suo talento musicale (Dano) e perdendo il contatto con la realtà e un uomo maturo, abbandonato da amici e familiari, che annega nel bisogno di amore e compassione (Cusack). La vicenda è nota, ma comunque alziamo qui la bandiera dello spoiler.
Le sequenze più belle sono quelle in cui Wilson/Dano sta registrando Pet sounds in uno studio. Le canzoni si costruiscono un po’ alla volta e vediamo il genio libero, nel pieno della sua creatività (guardatevi l’Anatomia di una scena). Le sequenze più inquietanti sono quelle in cui Wilson/Cusack è completamente succube di un viscido Paul Giamatti (che interpreta Eugene Landy) tanto da lasciarsi sfuggire l’ancora di salvezza che ha il viso e il sorriso di Elizabeth Banks (che interpreta Melinda). Commovente (e in qualche misura straziante) vedere il vero volto e sentire la voce di Brian Wilson sui titoli di coda.
Race. Il colore della vittoria
Race. Il colore della vittoria racconta la storia epica di Jesse Owens (interpretato da Stephan James), decimo figlio di una famiglia povera dell’Alabama, capace di vincere quattro medaglie d’oro in faccia al Führer alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Considerate l’epicità della vicenda e le implicazioni razziali ancora molto attuali, la stampa statunitense ha accolto il film con una certa freddezza. Probabilmente c’era grande aspettativa. Forse Race è troppo romanzato, forse non è abbastanza drammatico o forse, come suggerisce il Washington Post, è troppo poco cattivo nei confronti di alcuni nazi, in particolare di quelli come Leni Riefenshtal (che nel film è interpretata da Carice van Houten, la Melisandre del Trono di spade) che contribuirono a creare il mito della razza superiore. Nel cast del film di Stephen Hopkins (regista anche della biografia di Peter Sellers, Tu chiamami Peter, riuscita fino a un certo punto) anche Jason Sudeikis, Jeremy Irons e William Hurt.
Senz’altro meno aspettative c’erano nei confronti di 13 hours, il film di Michael Bay sull’attacco terroristico al consolato statunitense di Bengasi nel 2012. Negli ultimi anni Bay è uscito raramente dal tunnel dei Transformers. Nel 2013 con Pain & gain e adesso con 13 hours. La sottigliezza non è mai stata una cifra del regista californiano, ma Pain & gain era un film curioso con due interpreti, Mark Wahlberg e Dwayne Johnson, così esagerati e autoironici da riuscire a dare un po’ di vitalità a una storia assurda. 13 hours è invece piuttosto piatto, buono forse come film di reclutamento per future campagne libiche.
In uscita anche La comune di Thomas Vinterberg (di cui abbiamo pubblicato la recensione di Matteo Bordone) e Un bacio di Ivan Cotroneo.