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Fai bei sogni e gli altri film del weekend

Fai bei sogni. (Simone Martinetto)

Il meraviglioso documentario di Bill Morrison, Dawson City: frozen time ricostruisce la storia di cinquecento film dell’epoca del muto, cinquecento “pizze” di pellicola altamente infiammabile, ritrovate casualmente, interrate in una vecchia piscina. Dawson City è una cittadina sulle rive del Klondike di un migliaio di abitanti che però ai tempi della corsa all’oro era arrivata a contarne circa 40mila. Attraverso spezzoni di quei film ritrovati e di fotografie, accompagnate dalla ipnotica colonna sonora di Alex Somers, Morrison racconta la storia di una città fantasma, di un’epoca neanche così lontana nel tempo, ma sicuramente lontana nell’immaginario, terreno mitico delle novelle di Jack London e delle origini della fortuna di zio Paperone, ma anche di Friedrich Trump.


Il film di Morrison, una delle cose migliori viste quest’anno alla Mostra del cinema di Venezia (sezione Orizzonti), mi è tornato in mente proprio ieri quando il nipote di Friedrich, Donald ha vinto le elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Infatti in Dawson City si racconta, tra le altre cose, la rapida crescita e il lento declino della cittadina canadese, la trasformazione di quello che era il terreno di caccia di tribù native in un territorio violato, sfruttato e devastato. Il documentario toglie un po’ di alone mitico alla corsa all’oro, rendendola qualcosa di più prosaico. Poco spazio per zio Paperone che trova una pepita in mezzo alla neve, più spazio per la caccia all’oro su scala industriale dei Rockfeller o la grande fortuna accumulata rapidamente dal nonno del nuovo presidente degli Stati Uniti grazie a un bar-ristorante-bordello. La brutta notizia è che non sarà facile riuscire a vedere Dawson City: frozen time in questo fine settimana di novembre. Ma è un titolo da tenere a mente.


Le alternative. Cominciamo con il nuovo film di Marco Bellocchio, Fai bei sogni, liberamente ispirato al best seller di Massimo Gramellini. Tutti si sono chiesti come mai Bellocchio ha scelto di fare un film a partire dal libro di Gramellini. Potrebbe sembrare un’operazione piuttosto commerciale. Ma il regista ha chiarito fin da subito che quello che lo interessava di Fai bei sogni è il tema di un bambino costretto a crescere senza madre, a fare i conti con la sua assenza, ma anche con la sua “presenza”. Questo tema decisamente bellocchiano percorre per intero il film che, su istanza proprio di Gramellini, risulta “liberamente ispirato” e non “tratto” dal romanzo autobiografico del giornalista torinese.

Il piccolo Massimo a nove anni perde la madre e dovrà trovare da solo la sua strada. Il confronto con la religione e la fede, con gli altri bambini e le loro madri, il peso della memoria ma anche della compassione, spesso meccanica, degli altri. Tutte cose che Bellocchio sa perfettamente come affrontare, sostenuto inoltre dalla solida interpretazione di Valerio Mastandrea e dalla comparsa salvifica di Bérénice Bejo (bellissima). Quando ci si allontana dal “tema” il film perde un po’ mordente e alcune scene, anche se divertenti, sembrano superflue, anche se probabilmente non le ho capite io. Ma il problema maggiore del film non riguarda regista, attori e sceneggiatori. La difficoltà maggiore è riuscire a prendere distanza proprio da Gramellini, astrarsi e tenere presente che non si tratta di una biografia del personaggio pubblico. Paradossalmente (visto che non ha avuto alcuna parte nella realizzazione del film) è proprio la “presenza” del vicedirettore della Stampa che aleggia nella testa dello spettatore a distrarre dai pregi della pellicola.


Con Che vuoi che sia, Edoardo Leo (regista e protagonista del film accanto ad Anna Foglietta) firma una commedia sull’insicurezza forzata da un presente in cui la forma sembra più importante della sostanza. Claudio (Leo), ingegnere informatico di Roma, trasferito a Milano, ha avuto una buona idea per un sito internet (declinabile poi come app e via dicendo). Il problema è far partire il progetto, mettere in piedi la start up. La soluzione è il crowdfunding, ma i soldi non arrivano anche perché Claudio è un ingegnere, non un venditore. Una sera il nostro eroe, sconfortato e ubriaco, lancia una provocazione in rete (quello che lo stesso Leo definisce “l’incidente scatenante” nell’Anatomia di una scena): se riuscirà a raccogliere il denaro che gli serve metterà online un video hard realizzato con la sua fidanzata. Quello che per lui era uno scherzo viene preso molto sul serio dal “popolo della rete”. Che fare? Rinunciare a realizzare il sogno di una vita o vendere la propria intimità via internet?

Più che il dilemma morale, la cosa migliore del film sono i confronti tra mondi diversi e apparentemente impermeabili. Il mondo di Claudio con quello del giovane guru informatico o con quello dei suoi clienti a cui ripara i computer, il mondo di Claudio e Anna con quelli dei rispettivi genitori (tra i quali c’è Massimo Wertmüller che ci regala forse il momento migliore di tutto il film). Non mancano incertezze (specie all’inizio), ma nel complesso Che vuoi che sia è una commedia onesta che funziona anche meglio di Noi e la Giulia, il precedente film diretto da Edoardo Leo.


Dopo quella senza nome e quella del treno, arriva il turno della Ragazza del mondo, di Marco Danieli, presentato durante le Giornate degli autori di Venezia e già vincitore di diversi premi tra l’Italia e la Francia. Giulia (Sara Serraiocco) è una studentessa brillante e una figlia devota che è costretta suo malgrado a lasciare gli studi per seguire le orme dei genitori all’interno della comunità dei testimoni di Geova. A farla uscire dai binari pensati per lei dalla sua famiglia è Libero (Davide Riondino) un ragazzo del mondo, un ragazzo cioè che non appartiene al gruppo religioso di Giulia, per di più appena uscito di galera. Tra loro due scocca la scintilla.

La ragazza del mondo non è un film che parla dei testimoni di Geova. È piuttosto un film su realtà claustrofobiche che tendono a inghiottire chi non ha la forza di reagire. Che sia la rigida comunità dei testimoni di Geova o il brutto giro dal quale Libero faticosamente cerca di tenersi lontano. Intense le interpretazioni dei due protagonisti con Sara Serraiocco che si conferma dopo Cloro. Sicura anche la mano del regista che va dritto per la sua strada (da vedere anche la sua Anatomia di una scena).


In uscita anche Morgan, di Luke Scott che prova a seguire le orme di papà Ridley tra horror e fantascienza; Misterminds. I geni della truffa in cui Jared Hess dirige quattro pesi massimi della commedia statunitense (Zach Galifianakis, Owen Wilson, Kristen Wiig e Jason Sudeikis); Sing street di John Carney, che sembra una variazione sul tema Commitments; e Knight of cups, dramma di Terrence Malick presentato a Berlino nel 2015, su cui forse varrà la pena di tornare una volta visto.

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