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Lavorare stanca

Nella stampa britannica hanno avuto risonanza positiva due notizie affini: il figlio di un celebre calciatore milionario lavora il sabato in un pub e un famoso cuoco conduttore televisivo manda le figlie a lavorare in un altro pub, sempre di sabato.

Tolta la celebrità dei padri, per i giovani studenti britannici il fatto non è raro. Secondo studi accurati un quarto degli studenti e studentesse degli ultimi anni di scuola media superiore il sabato lavora in caffè e ristoranti per guadagnare un po’ di soldi e fare esperienza di lavoro. Sulla cosa i pareri sono divisi. C’è chi, come il nostro ministro Giuliano Poletti, loda queste forme di lavoro saltuario e precario: gli studenti si preparano e imparano il valore della moneta. Ma i britannici hanno dubbi: pare che i soldi guadagnati siano poi spesi in alcol e canne, e questo non riscuote approvazione.

Inoltre il Guardian riporta i risultati di un accurato studio del dottor Angus Holford (attenzione: oltremanica il titolo è raro e pregiato): i giovani studenti che lavorano il sabato, e soprattutto le ragazze, perdono colpi nel profitto scolastico e agli esami finali. Il lavoro distrae, stanca, distoglie dallo studio. Altra cosa sarebbe se, come è stato sperimentato in Italia in alcuni istituti tecnici, l’attività di lavoro si realizzasse come parte di un progetto educativo elaborato e gestito dalle scuole, magari anche, ma non solo, nei pub e dai fruttivendoli, dove d’estate il ministro Poletti dice che lavorano i figli.

Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2015 a pagina 101 di Internazionale, con il titolo “Lavorare stanca”. Compra questo numero | Abbonati

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