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La storia non deve sparire dalla scuola

Il credito riconosciuto ai test di profitto scolastico dell’Ocse può far pensare che le materie di studio più facilmente verificabili in una prospettiva comparativa internazionale (possesso della lingua, capacità di calcolo, nozioni scientifiche) siano anche le più importanti. Si rischia così di mandare in un cono d’ombra altre materie, come la storia. Questo, se avviene, è un grave errore.

L’offerta di storia, da non limitare all’ora dedicata a questa materia, ha una valenza fondamentale nella formazione intellettuale e civile. Lo ha ricordato Antonio Augenti, un uomo di scuola di lungo corso, in un suo libro appena apparso, Europa. Un’identità tradita (Armando 2016). Tuttavia le difficoltà d’insegnamento si infittiscono proprio quando, come il libro di Augenti suggerisce, ci si avvicina alle questioni più scottanti, alla geostoria degli anni più vicini.

Si capisce dunque il favore con cui in Francia storici attenti hanno accolto le prove di storia e geografia del bac di quest’anno. Intervistato da Le Monde, Benoît Falaize, storico ed educatore, ha apprezzato che quest’anno ai liceali e alle liceali siano state sottoposte tutte questioni “sensibili”: trattare del focolaio di conflitti mediorientale dalla fine della seconda guerra mondiale, governare l’Europa dopo Maastricht. E poi, senza troppe parole: completare una carta muta dell’Africa con i confini degli stati, ma senza i loro nomi. Si potrebbe esportare la prova. I risultati comparativi sarebbero interessanti.

Questa rubrica è stata pubblicata il 24 giugno 2016 a pagina 100 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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