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Gli alti costi della guerra pesano sul futuro di Mosul

L’esercito iracheno spara sulle posizioni dei jihadisti a sud di Mosul, il 10 dicembre 2016. (Alaa al Marjani, Reuters/Contrasto)

A due mesi dall’inizio, l’offensiva su Mosul, lanciata al grido di “Ninive stiamo arrivando”, sta rallentando. I comandanti dell’operazione hanno annunciato che è stata liberata metà della città. Nella parte orientale di Mosul i distretti riconquistati dall’esercito di Baghdad, scacciando i miliziani del gruppo Stato islamico (Is), sono 46 su un totale di 56. Lo dichiara il portavoce del ministero della difesa Yahia Rasoul.

Il resto della città sta per cadere, ma le operazioni vanno a rilento perché i civili sono intrappolati nelle case. La differenza con la presa di Ramadi, completata lo scorso febbraio, è che in quel caso la città era praticamente vuota. I quartieri di Mosul, invece, sono densamente popolati e l’Is usa i civili come ostaggi. A volte i jihadisti hanno attaccato dei checkpoint facendosi scudo con i bambini. Oppure sono scappati portandosi dietro i civili. Ai comandanti iracheni è stato chiesto di non ripetere le tragiche scene di Aleppo.

Le aspettative cambiano
Con il passare del tempo le aspettative dei generali iracheni sono cambiate. A Mosul l’esercito non riesce a ottenere quella facile vittoria che s’immaginava all’inizio delle operazioni, a novembre. Per liberare la città serviranno mesi, non settimane. Intanto il costo della guerra continua a salire, come ha annunciato il ministro della pianificazione economica in Qatar.

Il governo ha dedicato il 30 per cento del budget alla guerra, in un momento in cui i ricavi del petrolio sono crollati dal 70 per cento. C’è da chiedersi, quindi, come si pensa di ricostruire le città in rovine dopo la fine della guerra. Se mai ci sarà una fine.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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