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Le milizie irachene non vogliono lasciare il campo di battaglia

Forze di sicurezza pattugliano l’area intorno all’ambasciata del Bahrein a Baghdad, dopo le proteste contro il vertice di Manama, il 27 giugno 2019. (Haydar Karaalp, Anadolu Agency/Getty Images)

Lo scontro tra il primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi e le milizie sciite Hashd è appena cominciato. Il capo del governo ha rinnovato, rafforzandolo, il provvedimento già emesso dal suo predecessore Al Ibadi. Tutte le milizie che hanno partecipato alla battaglia contro il gruppo Stato islamico dovranno rimettersi agli ordini del generale delle forze armate in comando per la loro regione. Abdul Mahdi ha anche ordinato la chiusura degli uffici delle milizie in tutto il paese, salvo la possibilità di aprirli su autorizzazione del governo.

L’ordine arriva in ritardo, ma non troppo. L’attacco all’ambasciata del Bahrein a Baghdad a fine giugno, assaltata da una folla di manifestanti per protesta contro il vertice di Manama sulla Palestina, ha scatenato la reazione del primo ministro, che ha appena cominciato una campagna per migliorare le relazioni con i suoi vicini arabi. Secondo indiscrezioni, dietro l’assalto ci sarebbero le milizie filoiraniane.

La contro risposta a Mahdi è arrivata dal leader di Hashd, Abu Mahdi al Muhandis, molto vicino al comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Qassem Sulaymani. Al Muhandis ha accusato il governo iracheno di essersi piegato alle pressioni statunitensi.

Il conflitto è già cominciato. Sarà una battaglia lunga e difficile. L’analista Talib Abdul Aziz spiega che da un punto di vista internazionale lo scontro è il riflesso delle tensioni tra Stati Uniti e Iran. Da un punto di vista interno, si tratta di una lotta tra le istituzioni legittime dello stato iracheno e i 68 gruppi armati (e rispettivi partiti) dentro e fuori il parlamento.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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