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Il petrolio inquina le acque oceaniche per mesi

Il petrolio rilasciato nel mare in Louisiana, dopo l’esplosione del pozzo Macondo della Deepwater Horizon, luglio 2010. (Lee Celano, Reuters/Contrasto)

Dopo l’incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, l’inquinamento del mare è durato per mesi. Anche dopo la chiusura del pozzo, gli organismi marini hanno continuato a interagire con i contaminanti rilasciati nell’acqua e le sostanze tossiche si sono depositate sui fondali.

È quanto risulta da uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.

Il 20 aprile 2010 l’esplosione del pozzo Macondo della Deepwater Horizon, una piattaforma per l’estrazione di petrolio nel golfo del Messico, ha dato inizio al maggiore sversamento di petrolio nella storia degli Stati Uniti. Il pozzo è stato chiuso il 15 luglio 2010, dopo aver rilasciato 3,2 milioni di barili di greggio in mare. Si stima che il 5-10 per cento degli idrocarburi abbia raggiunto il fondo del mare, in quel punto molto profondo, insieme ad altri composti chimici.

In questo studio Beizhan Yan, Uta Passow e colleghi mostrano come i contaminanti abbiano continuato a depositarsi sul fondale oceanico per cinque mesi dopo la chiusura del pozzo. I sedimenti trovati sul fondale sono dovuti al petrolio bruciato ma anche a contaminanti, come il bario, dovuti al processo di estrazione del petrolio. Si pensa che molte componenti del petrolio siano state ingerite dal fitoplancton, soprattutto dalle alghe diatomee. Quando le diatomee sono morte, i contaminanti sono precipitati sul fondale.

Questo studio chiarisce i meccanismi che si attivano dopo uno sversamento di petrolio in mare.

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