×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

The distant gaze. (Aïda Muluneh)
Brazzaville et les rois de la SAPE (Société des ambianceurs et personnes élégante). (Baudouin Mouanda)
La jeunesse de Bamako. (Malick Sidibé, GwinZegal)
Thiaroye 1944, dalla serie Liberty. (Omar Victor Diop, Magnin)
Le studio des icônes. (Seydou Keïta, Skpeac)
Dopo l’esplosione di un oleodotto vicino a Lagos, Nigeria, il 26 dicembre 2006. (Akintunde Akinleye, Reuters)
Le studio photo de la rue. (Fatoumata Diabaté)
Ghana. Numour Puplampo nella sua casa. Nella regioni più povere del paese, la popolazione non ha i mezzi per costruire dighe e altre barriere che contrastino l’avanzata dell’oceano. (Nyani Quarmyne, Panos-Réa)
Les élégantes, Accra, anni settanta. (James Barnor, Neutral Grey/Per gentile concessione della galleria Clementine de la Féronnière)
Addis Abeba, Etiopia. (Girma Berta)

Gli occhi dell’Africa

La 14ª edizione del festival di La Gacilly, in Francia, è dedicata alla fotografia africana. “I fotografi occidentali spesso rappresentano il continente africano solo attraverso guerre civili, carestie e povertà. Oppure, attraverso il lato più esotico e legato alla fauna e alla natura del paese”, spiegano i curatori. “I fotografi africani invece hanno raccontato e continuano a mostrare una realtà diversa e più insolita, che è quella che vogliamo far conoscere al pubblico”, aggiungono.

Nel programma compaiono i due fotografi maliani, Seydou Keïta, considerato il padre della fotografia africana, e Malick Sidibé, soprannominato “l’occhio di Bamako”. Keïta cominciò a lavorare come ritrattista a Bamako nel 1948. Il suo lavoro, sconosciuto in occidente fino agli anni novanta, ha offerto uno sguardo privilegiato sull’alta società del suo paese. Mentre Sidibé ha raccontato la classe media, che invitava a posare in maniera naturale a spontanea nel suo studio, aperto nel 1958.

Omar Victor Diop, nato nel 1980, faceva il consulente finanziario prima di diventare un punto di riferimento per la fotografia senegalese. Mentre molti dei suoi coetanei sperano di lasciare il paese, Diop ha deciso di restare. Nei suoi ritratti riflette sul tema dell’identità, inserendo spesso se stesso nelle immagini, nel ruolo di narratore o di protagonista. E poi Aïda Muluneh, ex fotoreporter del Washington Post e fondatrice del festival di fotografia di Addis Abeba, in Etiopia, che torna nel suo paese d’origine per interrogarsi, con dei colori molto vivaci, sulla vita e sull’amore.

Tra gli altri autori esposti ci sono James Barnor, considerato il primo fotografo del Ghana; e il nigeriano Akintunde Akinleye, dell’agenzia Reuters, che presenta un lavoro sulle conseguenze ambientali delle miniere illegali sul delta del fiume Niger.

Le mostre dureranno fino al 30 settembre 2017.

pubblicità