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Appassionati di kuduro si esibiscono nel quartiere di Sambizanga, a Luanda, Angola, 2015. (Anita Baumann)
Wild Bunch Decked Out, Camden, Londra, 1985. (Beezer)
Una serata mahraganat al Cairo, 2013. (Mosa'ab Elshamy)
Matata, Londra, 1971. (President Records Ltd.)
Kunst + Technik, Mitte, Berlino, dalla serie Phantom clubs Berlin, 1997. (Nina Fischer & Maroan el Sani)
Una serata bodybuilding al Frágil, Lisbona, 1983. (José Soares e Nica)
Make up, dalla serie Maskirovka, Kiev, 2017. (Tobias Zielony)
Love parade, Kurfürstendamm, Berlino, 1991. (Tilman Brembs)
Mermaid, Lagos, Nigeria, 2018. (Mike Calandra Achode e Tommaso Cassinis)
Un murale a Sophiatown, Johannesburg, Sudafrica, 1955. (Jürgen Schadeberg)

Musica, ballo e resistenza da Lagos a Napoli

Il mondo del clubbing è fermo da tempo. Discoteche chiuse, tagliano corto i mezzi d’informazione generalisti: pazienza, c’è una pandemia e non si balla. Fermare il clubbing, ovvero una cultura globale con ramificazioni capillari nella moda, nella società, nella musica, nelle arti visive e, in molti casi, anche nella politica e nell’attivismo, ha un costo. Un costo non solo economico ma anche e soprattutto culturale.

Ten cities è un progetto del Goethe Institut, un libro fotografico pubblicato da Spector Books che raccoglie immagini, testimonianze e riflessioni sui luoghi della vita notturna, dell’aggregazione e dell’autoproduzione in dieci città tra Europa e Africa, in un arco di tempo che va dal 1960 al fatidico 2020. Da Nairobi al Cairo, da Napoli a Kiev, da Bristol a Lisbona, il libro presenta il clubbing alternativo come laboratorio d’innovazione permanente e soprattutto come spazio sicuro e autogestito per minoranze marginalizzate.

Le foto scattate da più di venti fotografi, tutti parte integrante della scena che documentano, si alternano a saggi scritti da critici, giornalisti, dj, produttori e artisti visivi. Ten cities è una riflessione su come la musica e il ballo abbiano creato da sempre aggregazione, riappropriazione di spazi e elaborazione di strategie di resistenza. Ma soprattutto queste immagini sono uno squarcio su un futuro, speriamo vicino, in cui ci riapproprieremo tutti dei nostri corpi, dei nostri desideri e del potenziale rivoluzionario della musica. (Daniele Cassandro)

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