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Le complicate equazioni del nuovo governo Costa in Portogallo

António Costa, leader del Partito socialista portoghese, in una conferenza stampa dopo l’incontro con il presidente della repubblica Aníbal Cavaco Silva, a Lisbona, il 20 novembre 2015. (Patricia De Melo Moreira, Afp)

Il presidente portoghese Aníbal Cavaco Silva si è rassegnato ad affidare il compito di formare un governo al leader del Partito socialista (Ps), António Costa. Sono passate sette settimane dalle elezioni legislative del 4 ottobre e quindici giorni dalla caduta dell’esecutivo di minoranza della coalizione di centrodestra che le aveva vinte. Anche il governo guidato dal Ps sarà di minoranza, ma in parlamento avrà l’appoggio delle altre due formazioni di sinistra, il Bloco de esquerda e il Partito comunista portoghese (Pcp). Il governo Costa, sostenuto da un’impalcatura politica instabile, dovrà affrontare complicati equilibrismi.

Le sei condizioni imposte da Cavaco Silva

Prima di designare António Costa, il capo dello stato aveva posto una serie di condizioni, diffuse pubblicamente dopo l’incontro con il leader socialista del 24 novembre. Lo scopo delle sei condizioni, volte a chiarire i dubbi sul contenuto degli accordi tra il Ps e le altre forze di sinistra, era mantenere il governo sui binari degli impegni internazionali, tra cui quelli con l’Unione europea.

Non si potrà mettere in discussione la riduzione del disavanzo di bilancio già prevista, né contestare i pagamenti ai creditori del debito pubblico (che equivale al 130 per cento del pil), né rinegoziare i trattati europei. Nemmeno l’appartenenza alla Nato e alla sua organizzazione militare integrata potrà essere ridiscussa.

Le risposte di Costa al capo dello stato, che non sono state rese pubbliche, devono essere risultate convincenti, dato che, meno di 24 ore dopo il primo incontro, il leader socialista è tornato al Palácio de Belém, sede della presidenza della repubblica, per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Costa ha poi presentato la lista di 17 ministri del nuovo esecutivo, un insieme di fedeli, veterani dei governi di José Sócrates (che guidavano il paese nel 2011 quando un piano internazionale di salvataggio finanziario l’ha salvato dalla bancarotta), e di nuovi volti, tra cui, alla giustizia, quello di Francisca van Dunem, una delle quattro donne nella squadra e la prima afroportoghese a diventare membro dell’esecutivo – è nata in Angola.

Il ministro delle finanze e la legge di bilancio del 2016

La lista di Costa è stata subito giudicata molto “europea”. Un ruolo decisivo sarà quello del ministro delle finanze, interfaccia tra Lisbona e l’asse Bruxelles-Francoforte. È stato affidato all’economista liberale Mario Centeno, che si è formato ad Harvard e ha fatto carriera all’interno della Banca del Portogallo prima di coordinare il programma economico del Ps per la campagna elettorale. Le sue idee sono molto più vicine a quelle della coalizione di centrodestra che alle proposte “radicali” del Bloco e del Pcp che avevano dedicato gran parte della loro campagna a prendere di mira un Partito socialista “di destra”. Specialista del mercato del lavoro, Centeno ha posizioni ritenute indifendibili dalla sinistra radicale, come il contratto di lavoro unico o la necessità di stabilire una relazione tra salario minimo e numero di disoccupati tra i lavoratori non specializzati.

Centeno dovrà mettersi subito a lavorare sulla finanziaria del 2016, attesa con impazienza dalla Commissione europea e dall’eurogruppo, e da Cavaco Silva. Il bilancio dello stato per l’anno prossimo dovrà conciliare il programma iniziale del Ps che Costa ha negoziato con i suoi nuovi alleati e l’ortodossia del trattato di Maastricht. Eppure, la maggior parte delle modifiche al programma, volte a “mettere fine all’austerità”, vanno nella stessa direzione: aumento della spesa pubblica e diminuzione della pressione fiscale.

Un governo di pietra pomice, che come la roccia vulcanica ha poca densità, è molto poroso e pieno di buchi

La marcia indietro rispetto all’austerità imposta dalla crisi finanziaria dovrebbe permettere di soddisfare la base dei partiti della nuova coalizione (funzionari statali e delle amministrazioni locali, dipendenti delle aziende di trasporto pubbliche, eccetera) ma anche di stimolare una crescita economica che resta precaria e alla mercé di un ambiente europeo e internazionale mutevole.

Ma sbarazzarsi delle misure d’urgenza del programma di adeguamento economico che ha avuto un obiettivo limitato sia nel tempo sia nelle ambizioni (cioè, ripristinare in tre anni l’accesso a un finanziamento “normale” sui mercati di capitali) non chiarisce che tipo di lavoro si farà sul lungo termine per rimediare alle carenze strutturali che hanno portato il paese in un vicolo cieco.

Dal risanamento di un sistema giudiziario disfunzionale alla riforma dell’amministrazione pubblica passando per la scuola e i dipendenti, i programmi elettorali del Ps e della coalizione di centrodestra erano particolarmente carenti in lungimiranza e immaginazione. Gli “accordi” tra i socialisti e i loro nuovi alleati mantengono la situazione di stallo, senza dubbio perché i punti di vista degli uni e degli altri sono inconciliabili tra loro. Il governo di minoranza del Ps sostenuto dal Bloco e dal Pcp somiglierà curiosamente a quel “governo di gestione” che Cavaco Silva voleva evitare. O, come ha scritto Bagão Félix, un “governo di pietra pomice, che come la roccia vulcanica ha poca densità, è molto poroso e pieno di buchi”.

Prime previsioni sul futuro del Portogallo

Il problema è che António Costa, che ha ottenuto il potere dopo un recupero degno dei più abili funamboli, dovrà esercitarlo in un contesto pericoloso. Non è un caso che Cavaco Silva abbia posto come sesta e ultima condizione “la stabilità del sistema finanziario”. Collettivamente le banche portoghesi restano dipendenti dal sostegno della Banca centrale europea (Bce) e pesano molto nell’immagine del Portogallo all’estero, ancora più deteriorata di quella greca.

Tuttavia, le cassandre che da destra vedono già il Portogallo come un’altra Grecia e annunciano un secondo piano di salvataggio scambiano i loro desideri per realtà. Gli accordi tra il Ps e i suoi alleati sono sufficientemente vaghi da permettere di prendere tempo. Molto presto lo si potrà verificare con l’aumento del salario minimo, già pianificato ma per il quale è indispensabile cui il parere dei datori di lavoro. Si tratta di un’altra delle condizioni poste dal capo dello stato. Il presidente della confindustria portoghese António Saraiva ha già messo in guardia il futuro premier di non varcare alcune “linee rosse”.

Gli elettori portoghesi torneranno a votare dal 24 gennaio 2016 per eleggere presidente della repubblica. Stando ai sondaggi, la carica potrebbe essere assegnata a Marcelo Rebelo de Sousa, ex presidente del Partito socialdemocratico (Psd) ma soprattutto personalità televisiva che tutti chiamano solo per nome, come risultato della sua fama. È amico intimo del fondatore del Banco Espírito Santo, Ricardo Salgado, ma anche frequentatore dell’annuale festa dell’Avante, il giornale del Partito comunista portoghese. Un uomo abile, forse troppo, e di convinzioni incerte. Tra i suoi studenti di diritto costituzionale alla facoltà di giurisprudenza di Lisbona c’è stato anche António Costa. I portoghesi che sono ancora appassionati di politica saranno serviti. Per il paese si vedrà.

(Traduzione di Ludovica Lugli)

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su Mediapart. Clicca qui per vedere l’originale.

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