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Washington bombarda il gruppo Stato islamico in Libia

Soldati dell’esercito libico durante i combattimenti contro i jihadisti del gruppo Stato islamico, a Sirte, il 31 luglio 2016. (Goran Tomasevic, Reuters/Contrasto)

Il 1 agosto gli Stati Uniti hanno ammesso per la prima volta di aver condotto degli attacchi aerei contro il gruppo Stato islamico (Is) nella sua roccaforte di Sirte, in Libia. Il portavoce del Pentagono Peter Cook ha spiegato che questa operazione militare era stata richiesta dal governo di unità nazionale libica (Gna) e che nessun soldato americano sarebbe intervenuto via terra.

L’aiuto fornito dagli Stati Uniti nel contrasto all’Is in Libia “si limiterà ai raid e alla condivisione delle informazioni”, ha precisato il portavoce Cook. Pochi minuti prima, il primo ministro del Gna Fayez al Sarraj ha affermato in televisione che i primi bombardamenti hanno “inflitto pesanti perdite” ai jihadisti. In realtà anche se questa operazione rappresenta una svolta nella lotta contro l’Is in Libia, le forze statunitensi erano già presenti sul terreno.

I responsabili delle operazioni militari, che hanno sede a Misurata, non nascondono più l’aiuto delle forze speciali statunitensi e britanniche, la cui missione è quella di contribuire a “identificare e sorvegliare gli obiettivi dei nemici”.

La resistenza dell’Isis

L’autoproclamato Stato islamico si è impadronito di Sirte nel giugno 2015, grazie alla situazione caotica del paese dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi nel 2011. Principale roccaforte dell’Is fuori della Siria e dell’Iraq, Sirte è sotto assedio dal 9 giugno: sul campo le forze governative contano anche sull’appoggio di una coalizione brigate e di milizie fedeli al Gna. La prima offensiva contro questo bastione degli islamisti, a 450 chilometri da Tripoli, risale al 12 maggio.

Ma l’Is continua a contrapporre una forte resistenza, e le forze governative rimangono il bersaglio dei cecchini e di attentati suicidi con autobombe. Dall’inizio delle operazioni 280 soldati delle forze governative sono stati uccisi e più di 1.500 feriti, secondo le fonti mediche di Misurata, sede del comando delle operazioni militari. Per questo Tripoli ha chiesto l’intervento di Washington. Il portavoce della difesa statunitense ha assicurato che i raid aerei degli Stati Uniti “continueranno”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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