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I rischi per l’Iraq dopo la battaglia di Mosul

Forze di sicurezza irachene alla base militare di Camp Taji, a Baghdad, prima di partire in direzione di Mosul, il 21 febbraio 2016. (Ahmed Saad, Reuters/Contrasto)

Baghdad non vede l’ora di farla finita con i jihadisti. Il 20 settembre il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha annunciato che l’esercito ha lanciato un’operazione per strappare ai combattenti del gruppo Stato islamico (Is) l’importante località di Shirqat.

Quest’offensiva strategica dovrebbe aprire alle forze governative e della coalizione la strada verso Mosul, la seconda città del paese, caduta nelle mani dell’Is nel giugno del 2014. Da allora la città del nord, diventata una delle roccaforti jihadiste, vive nella paura e i suoi abitanti sono disperati.

Durante un colloquio a New York con Abadi, il presidente statunitense Barack Obama ha messo in evidenza i pericoli della missione: “La battaglia sarà dura. Mosul è una grande città e l’Is si è profondamente radicato”. Ma cosa succederà se l’operazione dovesse avere successo? Secondo il sito Politico non si può escludere che l’Iraq ripiombi in una nuova guerra civile, a causa dei forti contrasti tra le sue componenti etniche.

Le organizzazioni umanitarie temono inoltre che il costo della liberazione di Mosul sarà molto alto e che l’esodo di massa provochi una crisi umanitaria senza precedenti. Gli stessi iracheni fanno previsioni angosciose per “il giorno dopo” e, in particolare, per le eventuali rappresaglie contro le persone che saranno accusate di aver collaborato con gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi.

Sui social network circolano già delle minacce – con tanto di foto e indirizzi – contro i presunti collaboratori dei jihadisti, accompagnate da messaggi espliciti come: “Vi aspettano morte e vendetta. A presto”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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