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In Gambia si cerca un’ultima mediazione per evitare il ricorso alle armi

Un convoglio di militari senegalesi si dirige verso la frontiera con il Gambia a Karang, in Senegal, il 19 gennaio 2017. (Sylvain Cherkaoui, Ap/Ansa)

La tensione in Gambia è aumentata il 19 gennaio, quando le truppe senegalesi e di altri quattro paesi dell’Africa occidentale sono intervenute per allontanare il presidente Yahya Jammeh, che governa il paese con il pugno di ferro da 22 anni e rifiuta di cedere il potere al nuovo presidente Adama Barrow, vincitore delle elezioni del 1 dicembre.

“Non potendo recarsi nel suo paese per ragioni di sicurezza”, Barrow ha scelto di prestare giuramento nell’ambasciata del Gambia a Dakar, in Senegal, dove il 19 gennaio sono arrivati numerosi ambasciatori africani e responsabili di organizzazioni internazionali. Nel suo primo discorso, il nuovo presidente ha ringraziato i gambiani, da lui definiti “i soli artefici” della transizione democratica, e ha chiesto all’esercito di dimostrargli “la sua lealtà”.

Dopo aver passato le settimane precedenti all’investitura tra gioia e paura, i cittadini gambiani hanno espresso la loro “esultanza” scendendo in piazza, nella speranza che il loro paese possa entrare in “una nuova era democratica”.

Il 19 gennaio quasi settemila uomini provenienti da cinque paesi (Senegal, Nigeria, Ghana, Togo e Mali) hanno partecipato all’operazione militare partita dal territorio senegalese. Entrate nel territorio gambiano, le truppe africane non hanno incontrato resistenza da parte dell’esercito e della polizia.

Per Jammeh il conto alla rovescia è cominciato, scrive il quotidiano del Burkina Faso Le Pays. “La palla è nel campo dell’organizzazione regionale, i cui capi militari stanno finalizzando il proprio piano di intervento. Le prossime ore saranno molto lunghe e decisive per conoscere l’esito di questo braccio di ferro. Nel frattempo la tensione sale da tutte le parti e fino alla fine l’obiettivo sarà quello di evitare uno scontro fra le truppe”, fa notare il giornale.

L’operazione, chiamata “Restaurare la democrazia”, è stata lanciata poco dopo la vittoria di Adama Barrow, con il voto unanime di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma è stata sospesa a fine giornata per permettere “un’ultima mediazione” e convincere Yahya Jammeh ad andare in esilio. Il presidente saprà cogliere quest’ultima opportunità per evitare una crisi armata?

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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