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Il presidente messicano non sta mantenendo le sue promesse

Ecatepec, Messico, aprile 2020. (Alejandro Cegarra, Bloomberg via Getty Images)

“Stiamo vivendo un momento stellare”, ha dichiarato il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador il 10 febbraio, a poco più di due anni dall’inizio del suo mandato. È difficile trovarne delle prove. Perfino per gli standard di un mondo devastato dal covid-19 il paese se la sta passando male. Il Messico è al quarto posto per numero di decessi in rapporto alla popolazione dall’inizio della pandemia. La sua economia era in recessione prima dell’arrivo del virus. Il tasso di povertà è probabilmente cresciuto più che nelle altre grandi economie dell’America Latina. Secondo dati ufficiali, alla fine del 2020 quasi la metà dei circa 126 milioni di messicani non si poteva permettere di mangiare in modo adeguato. Mentre in alcuni paesi violenti dell’America Latina il tasso di omicidi è sensibilmente diminuito durante la pandemia, in Messico il calo è stato minimo.

Non è un momento stellare, ma la maggior parte dei messicani confida nel fatto che presto López Obrador, spesso chiamato semplicemente Amlo, lo renderà tale. Secondo un recente sondaggio, il suo tasso di approvazione è del 62 per cento. Un altro sondaggio ha rilevato che quasi il 40 per cento dei messicani pensa di votare per il suo partito, Morena, alle elezioni legislative e regionali previste per giugno. I due principali partiti dell’opposizione registrano ciascuno un quarto di quei consensi (e un terzo degli elettori è indeciso).

La popolarità di Amlo è evidente in posti come Ecatepec, un comune non lontano da Città del Messico povero, violento e piagato dal covid. Alcuni quartieri non hanno acqua corrente, i muri sono tappezzati di manifesti di persone scomparse e di offerte di aiuto per ottenere un visto per gli Stati Uniti. “Non abbiamo ancora visto alcun risultato” da Amlo, ammette Efrain Salguero, un autista locale. “Penso che dovremmo concedergli un po’ di tempo in più”.

Tre caratteristiche della trasformazione
Salguero è uno dei milioni di messicani che spera ancora nella “quarta trasformazione” di Amlo, che consisterebbe nel far funzionare meglio il paese mettendo fine alla corruzione e al crimine dilagante e distribuendo con maggiore equità i frutti della crescita economica. Nella sua visione, seguirebbe le trasformazioni della guerra d’indipendenza del 1810-21, della guerra per la riforma liberale del 1858-61 e della rivoluzione del 1910-17. In due anni però Amlo ha cambiato il Messico in misura molto minore di quanto non abbiano fatto questi eventi cruciali, e quasi sempre in peggio. In pratica la quarta trasformazione sembra avere tre caratteristiche principali: l’annullamento delle riforme recenti, nuove iniziative che non riescono a risolvere i problemi per cui sono state concepite e la concentrazione del potere nelle mani del presidente.

Le riforme introdotte dai predecessori “neoliberisti” di Amlo, anche se ragionevoli, sono state rapidamente fatte fuori. All’inizio del 2019 Amlo ha abolito una riforma dell’istruzione introdotta dal suo predecessore Enrique Peña Nieto, che legava il salario e le promozioni degli insegnanti ai risultati ottenuti dai loro allievi. Inoltre ha abolito Prospera, un programma di trasferimento di denaro condizionato per i più poveri, che aveva ricevuto molte lodi. I sussidi, per esempio agli agricoltori, ora sono presentati come elargizioni presidenziali. Amlo ha cercato di revocare l’apertura dei mercati energetici, un tempo dominati dai monopoli di stato, a privati e imprese straniere.

Il congresso del Messico sta discutendo un disegno di legge in base al quale l’elettricità generata dalla Comisión federal de electricidad, di proprietà dello stato, otterrebbe un accesso prioritario alla rete rispetto ad alternative più economiche. Questo non solo porterebbe a un aumento dei prezzi per i consumatori ma violerebbe l’Usmca, il patto di libero scambio nordamericano che lega Stati Uniti, Messico e Canada. Metterebbe a rischio circa 150 progetti legati alle fonti di energia rinnovabile che dovrebbero generare investimenti per un valore di 40 miliardi di dollari e renderebbe impossibile per il Messico rispettare gli impegni presi rispetto alla riduzione delle emissioni di gas serra. Amlo ha cancellato la costruzione di un aeroporto da 13 miliardi di dollari per Città del Messico, già per metà realizzato. Queste politiche hanno indebolito la fiducia degli investitori.

Le soluzioni di Amlo sono proiettili a salve sparati da una pistola antica, male indirizzati e privi della necessaria potenza di fuoco fiscale

Se tutto questo preludesse all’introduzione di idee audaci per migliorare il benessere del Messico il prezzo potrebbe essere tollerabile. Tuttavia le soluzioni di Amlo sono proiettili a salve sparati da una pistola antica, male indirizzati e privi della necessaria potenza di fuoco. La sua dedizione alla disciplina fiscale, lodevole in un populista di sinistra, è diventata controproducente nella pandemia. In una bizzarra inversione di ruoli, il Fondo monetario internazionale (Fmi) sta chiedendo al Messico di spendere molto più dello 0,7 per cento del pil, come ha fatto finora, per contrastare gli effetti economici della pandemia. Il Brasile, per esempio, ha speso l’8 per cento del pil e l’Argentina il 3,8 per cento. Amlo fa resistenza perché teme che il Messico possa indebitarsi con creditori stranieri come accaduto in occasione di una crisi finanziaria nel 1982.

Alcuni economisti temono che questa taccagneria possa condurre a un “effetto cicatrice”, ossia a un calo permanente della produzione a causa della perdita di posti di lavoro e di imprese durante la pandemia. Condizionato da vincoli fiscali, il protettore dei poveri ha fatto ben poco per proteggerli. Ha spostato soldi da una parte all’altra tagliando le spese per l’apparato governativo e aumentando quelle per programmi sociali a lui cari. Ha raddoppiato le pensioni di anzianità e punta a pagare 2,3 milioni di giovani adulti per proseguire gli studi o intraprendere percorsi di apprendistato. Nel complesso tuttavia la spesa sociale è aumentata di poco. I programmi sociali sono realizzati “al risparmio”, osserva il commentatore televisivo Javier Tello. Un rilevante aumento del salario minimo ha aiutato alcuni lavoratori con impieghi nell’economia formale, ma sono le imprese a finanziarlo.

Pericoli vecchi e nuovi
Amlo non ha invece badato a spese nel caso di progetti improntati a una vecchia economia con scarso ritorno sugli investimenti. Ha versato denaro nella Pemex, la compagnia petrolifera più indebitata del mondo, e progetta di spendere 8 miliardi di dollari per costruire la raffineria di Dos Bocas nello stato di Tabasco, dove è nato. Secondo le compagnie aeree, il territorio montuoso intorno all’aeroporto militare che dovrebbe diventare l’hub per l’aviazione civile alternativo a Città del Messico imporrà delle restrizioni ai voli.

La quarta trasformazione non ha fatto molto per contrastare i due principali pericoli per la sicurezza dei messicani, uno vecchio e uno nuovo. La gestione governativa della pandemia è stata disastrosa. Con una spesa sociale così ridotta si è diffusa l’idea secondo cui lavorare in condizioni non sicure è l’unica alternativa alla fame. Amlo è stato visto solo una volta indossare una mascherina (che invece la maggior parte dei messicani usa). Il Messico esegue pochi test per il covid-19 rispetto agli standard internazionali. Gli ospedali sono pieni e le bombole di ossigeno scarseggiano. La campagna vaccinale è partita con estrema lentezza. Chi sperava di vedere Amlo animato da un maggiore senso di urgenza dopo aver contratto il virus è rimasto deluso. L’8 febbraio è riapparso dopo una convalescenza di due settimane. Ha dichiarato di essersi ammalato perché, come molti messicani, non può smettere di lavorare.

Gli elettori che hanno consegnato ad Amlo una vittoria schiacciante nel 2018 probabilmente desideravano più di ogni altra cosa una consistente diminuzione dell’altissimo numero di omicidi nel paese. Stanno ancora aspettando. Amlo ha sbandierato il calo dello 0,4 per cento dello scorso anno come un “successo significativo”, che però giungeva dopo un aumento registrato l’anno precedente. Nel 2020 il numero di femminicidi, che hanno provocato proteste di massa, è rimasto a livelli record.

Amlo ha rifiutato la tattica dei governi precedenti, che consisteva nell’eliminazione o nella cattura dei boss criminali, perché ha condotto a una frammentazione delle gang e a un aumento della violenza. Tuttavia le politiche da lui volute per combattere il crimine finora non hanno funzionato. La sua idea secondo cui riducendo la povertà alla fine si ridurrà anche il crimine “potrebbe forse impedire che un bambino di tre anni diventi El Chapo”, un famigerato signore della droga, afferma Tello. “Ma non dà risposte al problema dei tanti El Chapo di oggi”. In passato sospettoso nei confronti delle forze armate, con un decreto Amlo gli ha attribuito la responsabilità principale della lotta contro il crimine. Una nuova Guardia nazionale di 100mila unità è composta principalmente da soldati e non da persone addestrate per compiti di polizia.

Per contrastare il reato meno cruento della corruzione Amlo si è elevato a esempio di onestà e ha imposto pene più severe ai burocrati corrotti. Ha fatto meno per rafforzare le istituzioni che dovranno condurre questa battaglia. Il procuratore nazionale anticorruzione è subissato di casi. Una proposta avanzata dai procuratori anticorruzione per un’autonomia garantita dalla costituzione e un budget minimo su cui poter contare “non ha registrato il favore della maggioranza di López Obrador al congresso”, secondo un recente rapporto del centro studi Wola, con sede a Washington. Secondo le stime di un’agenzia governativa autonoma, il numero di atti di corruzione è aumentato del 19 per cento tra il 2017 e il 2019. La stragrande maggioranza dei contratti governativi non è sottoposta a un bando.

L’ultima occasione
I messicani comuni hanno ignorato gli insuccessi di Amlo perché lui ha con loro un legame che la maggior parte degli altri presidenti non aveva. “Viene dal popolo, è per il popolo e con il popolo”, dice Daniel Sibaja, un funzionario di Morena a Ecatepec. Trae la sua popolarità da chi è e non da quello che fa. Così il potere si accentra nelle sue mani.

Amlo stabilisce ogni mattina il programma nazionale durante conferenze stampa quotidiane che possono durare anche tre ore. Ha tagliato i bilanci e licenziato i capi di istituzioni autonome come il Coneval, che ha il compito di misurare la povertà. Il mese scorso ha proposto di abolire diverse agenzie autonome, tra cui l’ente di vigilanza contro i monopoli e l’istituto per la libertà di informazione. Si scaglia contro i mezzi di comunicazione e le agenzie di rating che lo criticano.

Amlo danneggia il tessuto sociale “definendo continuamente le élite malvagie e i poveri santi e vittimizzati”, osserva la storica Soledad Loaeza. Le élite lo considerano una versione messicana di Hugo Chávez, il defunto uomo forte socialista del Venezuela. Questa è un’esagerazione. Ma il miscuglio di fallimenti politici e accentramento del potere è preoccupante. Le elezioni di giugno potrebbero rappresentare per i messicani l’ultima occasione per domare il loro sfrenato presidente.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

L’originale di questo articolo è stato pubblicato dall’Economist.

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