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In Francia la comunità lgbt+ aiuta a prevenire il vaiolo delle scimmie 

Parigi, Francia, 19 giugno 2022. Partecipanti alla Marche des Fiertés, una manifestazione antirazzista e anticapitalista per i diritti lgbt+. (Pauline Tournier, ​ Hans Lucas/Contrasto)

Le autorità sanitarie francesi hanno finalmente deciso di intervenire contro il vaiolo delle scimmie. L’8 luglio il direttore generale della sanità Jérôme Salomon ha annunciato l’avvio del processo vaccinale per le categorie a rischio. L’istituto nazionale per la sanità ha emesso un parere favorevole rispetto alla vaccinazione per “gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (hsh), per le persone trans che sono multi-partner, per le persone in situazione di prostituzione e per i professionisti del sesso. La somministrazione può essere valutata caso per caso per i professionisti che si occupano dei malati”.

Salomon ha precisato che “gli hsh impegnati in una relazione stabile con un solo partner sono esclusi”. “Dalle prossime settimane”, ha promesso Salomon, “il vaccino sarà disponibile in una serie di strutture vaccinali che saranno annunciate dalle agenzie sanitarie regionali”.

Salomon ha inoltre garantito che la Francia dispone di una quantità sufficiente di dosi del vaccino contro il vaiolo, ma si è rifiutato di rendere pubblico il numero di dosi perché è parte di uno “stock strategico” del paese. Il virus del vaiolo è conservato in alcuni laboratori militari, in particolare in Russia, considerato come rischio bioterroristico.

La diffusione in Europa
L’epidemia al momento resta limitata, ma in appena otto settimane la Francia sembra averne perso il controllo. I primi casi in Europa sono stati diagnosticati alla metà di maggio. Il primo in Francia è stato registrato il 20 maggio. Il 7 luglio, secondo la sanità pubblica, nella Francia metropolitana sono stati identificati 721 casi. Il numero è raddoppiato in poco più di dieci giorni. L’80 per cento dei contagi è concentrato nell’Île-de-France, ma ormai tutte le regioni del paese sono state colpite. Il virus si è probabilmente diffuso da un focolaio esploso al Maspalomas Pride, un festival lgbt+ organizzato alle isole Canarie a cui hanno partecipato 80mila persone tra il 5 e il 15 maggio. In seguito il virus si sarebbe diffuso grazie ai numerosi festival organizzati nel mese dell’orgoglio lgbt+, a giugno.

La malattia, dovuta a un orthopoxvirus, in precedenza circolava in Africa centrale e occidentale e nella maggior parte dei casi si trasmetteva dagli animali all’uomo. Il contagio avveniva soprattutto in zone forestali. I bambini contraevano la malattia da un roditore, spesso uno scoiattolo, sviluppando eruzioni cutanee simili a quelle della varicella, sul viso, sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi. Tra i sintomi c’erano anche febbre e gonfiore alle ghiandole. I bambini poi tendevano a contagiare altre persone attraverso il contatto con lesioni cutanee o indirettamente attraverso i vestiti e le lenzuola. La trasmissione per via respiratoria saliva, starnuti – sembrava possibile ma a condizione di un contatto prolungato e ravvicinato. Il virus appariva poco contagioso. Le persone ritenute più esposte erano i bambini, le donne incinte e gli immunodepressi.

Questo era ciò che sapevamo fino al maggio scorso. Ma oggi la malattia ha sorpreso i medici europei, perché le modalità di trasmissione e i sintomi sono
diversi da quelli osservati in Africa. Secondo lo studio epidemiologico della sanità
pubblica, allo stato attuale il virus circola quasi esclusivamente all’interno della comunità omosessuale, bisessuale o trans. Il 98 per cento dei casi riguarda uomini che hanno relazioni sessuali con uomini. Spesso queste relazioni sono multipartner. Laddove questa informazione è disponibile, il 75 per cento dei contagiati dichiara di aver avuto almeno due partner sessuali nelle tre settimane
precedenti alla comparsa dei sintomi. I malati presentano febbre e ghiandole ingrossate. L’81 per cento dei pazienti presenta pomfi nella zona genito-anale, mentre il 74 per cento in altre aree del corpo.

Il virus dello stigma
Il professor Yazdan Yazdanpanah, direttore dell’agenzia nazionale di ricerca sull’aids e le malattie infettive emergenti (anrs, mie) e capo del reparto di
epidemiologia dell’ospedale Bichat a Parigi, una delle strutture di riferimento per il vaiolo delle scimmie, offre alcune rassicurazioni sulla natura della malattia: “Nei pochi casi in cui è stato necessario il ricovero, la causa era l’infezione dei pomfi”. Il 25 maggio il direttore aggiunto del programma delle Nazioni Unite contro l’aids (Unaids) Matthew Kavanagh si è detto preoccupato per il “tentativo di associare il vaiolo delle scimmie alla comunità omosessuale. Sostenere che si tratti di una malattia che colpisce solo gli uomini omosessuali è inesatto. La storia ci ha insegnato che questo genere di stigmatizzazione può portare a un approccio sbagliato da parte della sanità pubblica”.

In Francia il virus ha colpito due bambini e quattro donne “che hanno condiviso la vita quotidiana con persone malate, a stretto contatto”, spiega Yazdanpanah. Ma l’infettivologo non concorda con l’approccio della sanità pubblica. “Sembra un’infezione sessualmente trasmissibile (ist) che circola soprattutto tra gli hsh che hanno molteplici rapporti. È giusto comunicarlo”.

“Non sono d’accordo nel dire che il problema riguarda tutti. Non è negando la realtà che si lotta contro le discriminazioni”, aggiunge il dottor Michel Ohayon,
fondatore e direttore del 190, un centro di salute sessuale di Parigi che segue diversi hsh con molteplici partner. “È logico che il vaiolo delle scimmie colpisca
i gay, perché costituiscono una popolazione ridotta ed endocomunitaria. Quando una ist si manifesta, circola molto velocemente”. Il 190 ha preso in esame il maggior numero dei casi al di fuori degli ospedali di riferimento. “Abbiamo visto arrivare una nuova malattia all’inizio di giugno. Cinque settimane dopo registriamo nuovi casi ogni giorno”, prosegue Ohayon. “Constatiamo soprattutto lesioni sessuali, anali e nella bocca. È possibile che stiamo seguendo solo le forme più gravi, ovvero la punta di un iceberg? Bisogna documentare questa malattia”.

Prevenzione su Twitter
Questo lavoro di documentazione lo portano avanti alcuni malati anche sui social network. Corentin Hennebert, regista teatrale di 27 anni, ha manifestato i primi sintomi nel periodo della fête de la musique: prima febbre e dolori muscolari, poi lesioni sulle mucose anali. Ha pensato che la causa fossero le emorroidi. Ha atteso tre giorni prima di consultare un proctologo. “Non pensavo neanche lontanamente al vaiolo delle scimmie. In quel momento non circolavano informazioni né prevenzione a riguardo”, racconta Hennebert. In ospedale è stato sottoposto ad alcuni test per rilevare le malattie sessualmente trasmissibili e quattro giorni dopo è arrivato il risultato: aveva contratto il vaiolo delle scimmie.

Finora il vaccino è stato riservato alle persone con contatti a rischio, ma l’attività di tracciamento è stata lenta

Hennebert ha comunicato su Twitter i sintomi della malattia, molto diversi da quelli descritti inizialmente. Per esempio aveva “solo un pomfo sul viso, uno sul piede e uno sulle gambe”, mentre gli altri erano concentrati nella zona genito-anale. Dopo l’intervento, è stato bersagliato dagli insulti: “Non ho mai detto di essere gay su Twitter. Ma ho ricevuto centinaia di messaggi omofobi, come ‘dillo che sei un frocio’ o ‘visto lo stile di vita dei gay, a forza di incularsi’”.

Hennebert ha accetta di parlare senza nascondersi dietro l’anonimato, anche in tv, perché non prova alcuna vergogna. “La malattia può avere un viso. Bisogna essere chiari, precisi, senza tabù. Fare prevenzione nei locali notturni, nelle saune, nei festival. Proprio come per l’aids. Non bisogna temere di sentirsi presi di mira, tanto lo saremo in ogni caso”.

Jo (che ha voluto mantenere l’anonimato) non è “molto militante” e all’inizio non voleva parlare della malattia, perché pensava fosse un argomento “troppo
intimo”. Poi ha cambiato idea. “Se non avessi letto i messaggi di Hennebert su Twitter la malattia non mi sarebbe mai stata diagnosticata”.

Jo ha dovuto affrontare “ogni errore possibile”. Le prime lesioni, nell’area genitale, sono comparse nel corso del fine settimana del pride, il 25 e il 26 giugno. Aveva pensato che si trattasse del vaiolo delle scimmie, ma aveva scartato questa possibilità perché non aveva febbre né dolori muscolari o ghiandole ingrossate. Anche Jo è stato confuso dalle prime descrizioni della malattia che parlavano di eruzioni cutanee su viso, piedi e mani. “Sono omosessuale e multipartner. Sono andato dalla mia dermatologa, che conosce la mia sessualità. Lei ha deciso di bruciare le eruzioni con l’azoto, pensando che si trattasse di verruche. È stato terribilmente doloroso”.

Militanza
Il dolore è aumento nei giorni successivi, quando il suo stato di salute è peggiorato. Ha cominciato a tossire e sono apparse nuove lesioni, poi la febbre. A quel punto si è delineato più chiaramente il quadro dei sintomi del vaiolo delle scimmie. Jo si è presentato in ospedale, dove però hanno escluso la diagnosi del vaiolo delle scimmie. “I medici hanno detto che avrei dovuto presentare grossi pomfi e bolle su tutto il corpo”. È stato Hennebert, su Twitter, a confermare i sospetti di Jo. “Ci siamo scambiati alcuni messaggi privati. Mi ha spiegato che i pomfi non sono sistematici”. A quel punto Jo si è presentato al pronto soccorso dell’ospedale Georges Pompidou di Parigi, ma ancora una volta i medici hanno escluso che si trattasse di vaiolo delle scimmie. Solo nel reparto di malattie infettive dell’ospedale Saint Antoine un medico gli ha comunicato di essere quasi certo che si trattasse del vaiolo delle scimmie. La conferma è arrivata qualche giorno dopo con la diagnosi positiva.

Anche Sébastien Tüller ha raccontato la sua vicenda su Twitter. Attualmente in isolamento, passa il tempo a discutere online con persone che presentano sintomi o che sono state in contatto con individui malati. “La prevenzione fa parte della militanza”, spiega. Come nel caso di Jo, anche per Tüller la diagnosi corretta è arrivata tardi. I primi sintomi sono apparsi nel fine settimana del 2 luglio. “Prima sono arrivati i pomfi. Ero a Marsiglia per il pride e avevo già letto molto sul vaiolo delle scimmie. Quando ho chiamato il numero delle urgenze mi hanno consigliato di fare un test per le malattie sessualmente trasmissibili, ma non quello del vaiolo delle scimmie. Ho insistito, ma mi hanno detto che isolarmi non serviva a niente. Sono andato da un medico generico che mi ha fatto lo stesso discorso e mi ha semplicemente consigliato di evitare i rapporti sessuali. Sono rimasto a Marsiglia per tutto il week end. Poi, nelle notte tra domenica e lunedì, sono comparsi i dolori muscolari e il mal di testa. Sono andato all’ospedale Saint Antoine dove hanno fatto immediatamente la giusta diagnosi. Non mi hanno nemmeno sottoposto al test, hanno subito deciso di mandarmi in isolamento”.

Le autorità sanitarie confermano che l’analisi attraverso un prelievo sulle lesioni cutanee non è più sistematica. La diagnosi può essere effettuata semplicemente attraverso un esame clinico nel caso in cui appaia evidente al medico. L’analisi sistematica è stata abbandonata a causa del consistente flusso di pazienti? Al Saint Antoine Jo ha trovato un reparto di malattie infettive al collasso. “Il personale correva da una parte all’altra. Dicevano: ‘Sì! Sì! Scimmie! Scimmie!”. Non me la sono presa. Erano travolti dalla nuova epidemia. Alla fine mi hanno affidato a un medico che ha avuto un atteggiamento molto pedagogico e ha mostrato grande empatia nei miei confronti”.

Il sistema sanitario al collasso
Finora il vaccino è stato riservato alle persone con contatti a rischio, ma l’attività di tracciamento dell’agenzia regionale per la sanità (ars) dell’Île-de-France è stata lenta. Sébastien Tüller e Jo hanno entrambi ricevuto la diagnosi il 5 luglio. Sébastien non è ancora stato contattato dall’ars, mentre Jo è stato contattato il 9 luglio. Entrambi hanno avuto contatti a rischio.

Rispondendo alle nostre domande, l’Ars ha sottolineato che le persone positive dovrebbero essere contattate molto rapidamente in modo da allertare i conoscenti in un periodo compreso tra uno e quattro giorni. L’agenzia ammette che “con l’aumento del numero dei casi i tempi possono allungarsi”.

“Ho avvertito i miei contatti, che hanno chiamato gli ospedali vicini per avere il vaccino”, racconta Tüller. “Ma gli hanno detto che non avevano seguito il
protocollo perché non figuravano nelle liste dell’Ars. Se l’Ars non fa il tracciamento il processo non funziona. Uno dei miei contatti è riuscito a farsi vaccinare. Al secondo, che vive nell’Île-de-France, hanno detto che non c’era posto prima della fine della settimana seguente. È una vergogna che dopo il covid-19 siamo ancora a questo punto. Perché non possiamo organizzarci meglio per evitare una nuova crisi sanitaria?”.

Jo non è arrabbiato. “Dobbiamo ricordare che è una nuova malattia. Ma sono sorpreso dalla lentezza del sistema sanitario. Altri paesi hanno già cominciato a vaccinare la popolazione a rischio”. Sta accadendo nel Regno Unito, un paese molto colpito, ma anche negli Stati Uniti e in Canada, dove i casi sono minori. “Forse non abbiamo abbastanza vaccini, e il governo non vuole dirlo. Ma se i vaccini ci sono, bisogna intervenire più rapidamente, perché nella comunità gay il focolaio sta crescendo in maniera esponenziale. Questa sorta di inerzia lascia pensare che il governo se ne freghi perché la malattia colpisce solo gli omosessuali”.

[I medici citati non hanno alcun legame d’interesse con il laboratorio Bavarian Nordic, produttore del vaccino contro il vaiolo delle scimmie]

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul sito di informazione francese Mediapart.

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