“Per salvarmi devo starle lontano”
Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Pierre, 5o anni.
Il primo giorno
“Sono uno studente universitario, vivo ancora con i miei genitori. Riesco a ottenere un colloquio per un tirocinio, nell’ufficio la vedo per soli quattro secondi quando mi riceve e riesco a farfugliare: ‘Buongiorno, sono qui per lo stage’. Lei è di una bellezza sconvolgente, è il mio ideale femminile, assomiglia a Emma Peel: ha quel fascino inglese, vagamente gotico, è un po’ troppo truccata con una spessa linea di eyeliner, vestita tutta di nero.
Alla fine mi prendono per lo stage, ma mi ci vogliono tre settimane per mettere in fila tre frasi di senso compiuto davanti a lei. Ha quattro anni più di me e vive da sola, mi dico: ‘Non va bene per te, è troppo bella, troppo matura’.
La festa di fine anno è anche la fine del mio stage. Convinto di non tornare più in quell’azienda, azzardo un ‘ti accompagno a casa?’ alla fine della serata. Sotto casa sua, senza troppi giri di parole, rilancio: ‘Posso salire?’. Lei però mi risponde di no, senza darmi spiegazioni. Mi sento ancora più idiota, visto che qualche giorno dopo, l’azienda mi richiama per assumermi. La mia unica strategia è ormai quella di mostrarmi il più professionale possibile per impressionarla, sarò il migliore per cancellare il rifiuto ricevuto e per piacerle. Guadagno molto bene, più di mia madre anche se sono ai miei primi stipendi.
In ufficio comunichiamo con il Minitel. Passiamo ore a giocarci per vincere un sacco di cose inutili. Più divento importante, più lei mi considera e alla fine accetta di andare a bere un bicchiere insieme. Sta traslocando e forse potrei prendere io il suo appartamento, così me lo fa vedere. Nel suo salotto vuoto, ci baciamo e ci sdraiamo sulla moquette.
Non c’è l’erotismo tipico della prima volta: faccio l’amore con l’oggetto del mio desiderio, la mia fantasia più grande. Potrei disegnarla, tanto sono preso dalla sua bellezza, ma mi sento stupido, impacciato. Il mio narcisismo è soddisfatto, ma sono nell’avere e non nell’essere. Come si fa per passare all’essere?”.
L’ultimo giorno
“Abbiamo dei momenti d’amore, siamo sinceri quando ci ritroviamo, la nostra vita insieme è divertente. La nostra vita sessuale, invece, non è perfetta. Cerco di parlargliene ma non le va. E poi c’è la quotidianità, il suo licenziamento, la nascita dei nostri due figli.
Mi tradisce, la tradisco, perché la sessualità è comunque importante. Alla fine esplodo: ‘La facciamo finita o torni alla vita? Ci separiamo o ci sposiamo?’. Così ci sposiamo nel sud della Francia, davanti a 130 persone, sono felice ma non riesco a sentirla completamente mia, allora cerco di fare in modo che sia felice. Lei resta una seduttrice, io leggo Nietzsche, lei legge Gli scoiattoli di Central park sono tristi il lunedì di Katherine Pancol. Io sono l’intellettuale tenebroso, lei è attratta dagli istruttori di barca a vela, dai palestrati o dai chitarristi di strada.
Alle feste è uno schianto, balla con tutti gli uomini che le girano intorno e mi fa passare per un cretino. Rimane fino alle sei del mattino e io mi arrabbio con i cinque ubriaconi che la desiderano. Torniamo a casa, mi dice che è stanca, non vuole fare sesso, e quando le chiedo spiegazioni mi risponde: ‘Non ci si può più neanche divertire…’.
Potrebbe aprirsi un po’ di più, invece di farmi subire tutto questo e ridurmi al ruolo dell’uomo che tiene insieme le cose. Passo sempre più tempo in ufficio, mi fermo al bar con i colleghi. Scappo da casa, mi occupo dei bambini la mattina, lascio a lei la sera, rientro apposta dopo cena. Dormiamo in camere separate, ufficialmente perché russo. Mi registro tutte le notti, io non russo.
A casa il mio computer si rompe. Uso il suo e mi rendo conto che non c’è più la cronologia. ‘Perché non c’è la cronologia?’. ‘Ah, perché in ufficio siamo stati hackerati e abbiamo imparato a cancellarla sempre, ormai è un riflesso’, mi risponde con la voce in falsetto. Un venerdì sera siamo a casa, sono davanti alla tv quando mi dice: ‘È il momento di farla finita’. Ci mette una settimana a confessarmi che ha un altro. Anch’io ho un’altra, ma sono comunque sotto shock. Non dormo più.
Voglio riprovarci a ogni costo e le propongo una terapia di coppia. Come al solito, durante le sedute non si apre davvero, spesso è sfuggente, ma io continuo a sperare, cerco in ogni sua parola lo spiraglio per salvare quel che resta del nostro rapporto. In realtà mi prende in giro, lo scopro molto presto per colpa del biglietto di un parcheggio che trovo nel vano portaoggetti dell’auto. Divento molto invadente, controllo il suo computer, il tablet, il gps della macchina. Trovo un indirizzo del dipartimento della Senna-Saint-Denis. Grazie all’indirizzo trovo il nome sull’elenco telefonico: è uno dei suoi colleghi. Continua a vedere il suo amante nonostante la terapia che stiamo facendo.
Capisco che la separazione è inevitabile. È finita. Le ho chiesto di essere quello che non era, di dirmi quello che non voleva dire. Per salvarmi devo starle lontano, perché ogni volta che la vedo la trovo bellissima, ma ho capito che non l’avrò mai, in realtà non l’ho mai avuta”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.