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C’è davvero un’epidemia di malattie mentali?

Pm Images/Getty Images

Che cosa sono le malattie mentali?

Ci sono decine di tipi diversi di malattie mentali, dai disturbi più diffusi, che colpiscono decine di milioni di persone, come la depressione e l’ansia, a disturbi più rari come la parafilia (ossessione sessuale) e la tricotillomania (il desiderio ossessivo di strappare capelli).

La “bibbia” delle malattie mentali, il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (la sua quinta versione, il Dsm-5, è stata pubblicata nel 2013), le raggruppa in circa venti sottocategorie.

Malattia mentale non significa tristezza, follia o rabbia (anche se può includere queste manifestazioni in alcune delle sue forme) e non è binaria o esclusiva, bensì complessa e universale.

Andrebbe immaginata come uno spettro, un continuum sul quale siamo tutti adagiati. A un’estremità c’è la salute mentale, nella quale tutti stiamo bene, sentendoci realizzati e a nostro agio. Nella zona centrale, le persone possono essere descritte come intente a sopravvivere, lottare o fare i conti con qualcosa. All’estremità opposta si trovano i vari gradi di disturbo mentale. La maggior parte di noi si muove avanti e indietro lungo questa linea per tutta la vita.

Quanto sono diffuse?

Per prima cosa bisogna sfatare alcuni miti: non c’è un’epidemia mondiale. Le malattie mentali non stanno crescendo in maniera esponenziale. Non sono una malattia del capitalismo occidentale.

Secondo, i dati disponibili sono decisamente disomogenei. Si basano sulla descrizione dei propri stati d’animo fornita dalle persone, che in questi casi non sono mai la fonte migliore per avere informazioni corrette.

Ma basandoci sui dati esistenti, le serie temporali (cioè i dati raccolti su periodi di tempo più lunghi) più affidabili, ricavate dall’Istituto per la valutazione e misurazione della salute (Ihme), sembrano mostrare che, nel 2017, poco meno di trecento milioni di persone nel mondo hanno sofferto d’ansia, circa 160 milioni di gravi disturbi depressivi, e altri cento milioni di una forma più leggera di depressione nota come distimia.

Indicare un numero complessivo globale non è facile, perché molte persone potrebbero essere affette da più di un disturbo. Secondi i dati dello studio “Global burden of disease” dell’Ihme, circa il 13 per cento della popolazione mondiale, più o meno 971 milioni di persone, soffre di una forma di disturbo mentale. La demenza è la malattia mentale che aumenta più rapidamente.

L’associazione benefica britannica Mind cita una statistica secondo cui una persona su quattro, ogni anno, soffrirà di una qualche forma di malattia mentale.

Le cose stanno peggiorando?

La risposta breve è: in realtà no. Gli aumenti indicati nel grafico qui sopra sono appena superiori alla crescita della popolazione globale dal 1990.

“Tutti i modelli che abbiamo creato per i paesi ad alto reddito, nei quali esistono dati raccolti nel corso degli anni, mostrano che la diffusione non è cambiata, si è stabilizzata”, spiega Harvey Whiteford, professore di salute mentale pubblica all’Università del Queensland.

Ma ci sono stati due grandi cambiamenti negli ultimi vent’anni. Il primo è che l’identificazione e la destigmatizzazione della malattia hanno fatto aumentare le persone che chiedono un aiuto. Il secondo è che diverse indagini mostrano che sempre più giovani riferiscono di soffrire di disturbi mentali.

“Se ne parla molto e sempre più persone ricevono una terapia”, aggiunge Whiteford. “I tassi di cura sono cresciuti. In Australia, siamo passati dal trattare circa un terzo delle persone che hanno ricevuto una diagnosi a circa la metà di esse”.

In quale zona del mondo le cose vanno peggio?

Nessun paese è immune. Ma nessun paese emerge davvero come un inferno, anche se chi raccoglie i dati sulla salute mentale afferma che nei paesi passati da esperienze di guerra tende a esserci un numero elevato di disturbi mentali legati ai traumi.

Il criterio di riferimento usato per misurare la malattia mentale negli ultimi trent’anni è il cosiddetto disability-adjusted life year (attesa di vita corretta per disabilità, Daly): una somma degli anni di vita sana e produttiva persi a causa di una malattia, che si tratti di morte precoce o disabilità.

Dalla misurazione del Daly eseguita dall’Ihme in tutto il mondo emerge un’interessante classifica.

Cosa provoca le malattie mentali?

La risposta è complicata, perché raramente si tratta di una causa sola.

Gli psichiatri parlano di una combinazione di fattori di rischio che potrebbero, ma solo in alcuni casi, peggiorare la situazione. A cominciare dalla genetica.

“Quello che ereditiamo sono una certa vulnerabilità o predisposizione, e se a queste cose se ne aggiungono altre allora le persone hanno più probabilità di soffrire di problemi mentali”, spiega Ricardo Araya, direttore del Centro per la salute mentale globale del King’s College. “È un sistema poligenico, ci sono molti geni coinvolti, sappiamo quali geni eredita una persona, ma questo non significa necessariamente che si scatenerà un determinato disturbo mentale”.

Lo scorso anno, per esempio, gli scienziati hanno individuato 44 varianti di un gene che aumentano il rischio di depressione.

Ci sono poi le esperienze che aggravano il fattore di rischio, come abusi, traumi, stress, violenza domestica, infanzia difficile, bullismo, conflitti, isolamento sociale o abuso di sostanze (che può essere sia causa sia conseguenza). Ma non è una scienza esatta, sostiene Ann John, docente di salute pubblica e psichiatria alla facoltà di medicina dell’Università di Swansea.

“Una delle caratteristiche delle malattie mentali è che la somma di due fattori di rischio non produce automaticamente un disturbo”, spiega.

E quindi quali sono i disturbi più diffusi?

  • La depressione clinica (che non significa sentirsi un po’ giù o un po’ depressi, questo si chiama essere umani) è talvolta meglio descritta come una serie di cose perdute: perdita di felicità, concentrazione, amore, speranza, entusiasmo, equilibrio, appetito o sonno (anche se può anche presentarsi come ipercorrezione di questi ultimi due fattori). I disturbi depressivi, che potrebbero riguardare fino a trecento milioni di persone nel mondo, rappresentano circa un terzo del Daly legato alle malattie mentali. Ci sono moltissimi strumenti di autodiagnosi in rete, ma se pensate di soffrire di depressione clinica, sarebbe meglio consultare un medico. Solitamente viene curata combinando farmaci e terapia verbale, i primi per stabilizzare l’umore, la seconda per scoprire l’origine della depressione e cercare di cambiare il modo di pensare al fine di allontanarla.


  • L’ansietà è un parente stretto della depressione clinica, e anche in questo caso non c’entra con il sentirsi un po’ ansiosi. È un incontrollabile, e spesso inspiegabile, accesso di preoccupazione, spesso vissuto tanto nel corpo che nella testa. L’ansietà acuta può portare ad attacchi di panico e a numerose fobie. I disturbi d’ansia rappresentano circa un settimo del Daly legato alle malattie mentali, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Solitamente viene trattata con farmaci e terapie psicologiche come la terapia cognitivo-comportamentale.
  • Il disturbo bipolare, che colpisce circa cinquanta milioni di persone nel mondo, comporta perturbazioni dell’umore di tipo estremo. Ne esistono due tipi principali: il bipolarismo di tipo uno prevede episodi di grave mania e depressione, quello di tipo due è caratterizzato da periodi più frequenti di depressione e minori (e meno intensi) episodi maniacali.
  • La schizofrenia è caratterizzata da “deliri, allucinazioni, pensiero e comportamento disorganizzato e altri sintomi che provocano disfunzione sociale e professionale”, scrive il Dsm-5. Nel mondo ne soffrono circa venti milioni di persone.
  • Abuso di sostanza. “I disturbi correlati a sostanze” sono considerati una malattia mentale, cui è riservato un capitolo del Dsm-5. Non tutti i consumatori di sostanze intossicanti ci rientrano, ma solo quelli che hanno problemi di controllo, ossessione e astinenza quando non le utilizzano. Si stima comunque che queste persone siano più di 150 milioni nel mondo. Alcuni tipi di abuso di sostanza possono provocare altre malattie mentali. E altre malattie mentali possono portare all’abuso di sostanza, a causa dell’automedicazione. L’alcol e le sostanze illecite sono incluse, il tabacco no. I disturbi legati a droga e alcol rappresentano circa un quinto del Daly legato alle malattie mentali. Tra i paesi più grandi, Russia e Stati Uniti hanno i tassi per abitante più alti.
  • Il disturbo post-traumatico da stress è uno dei tanti disturbi legati a traumi o stress, ed è solitamente causato dal rivivere un evento stressante già vissuto in passato, a volte a molti anni di distanza. Può produrre una serie di sintomi comuni alla depressione, come perdita di concentrazione, sonno, buon umore, pazienza, controllo ed energia.
  • I disturbi alimentari come l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa rappresentano circa l’1 per cento del Daly legato alle malattie mentali. Si ritiene che circa tre milioni di persone al mondo soffrano di anoressia.
  • La demenza è un disturbo neurocognitivo che produce un calo delle funzioni cerebrali e un contestuale deterioramento del pensiero, della memoria e del ragionamento. Colpisce circa cinquanta milioni di persone nel mondo, rispetto ai circa venti milioni del 1990.

Quale paese cura meglio le malattie mentali?

I servizi di aiuto per le malattie mentali sono inadeguati praticamente in quasi tutti i paese del mondo. Ma in alcuni sono meno inadeguati che in altri.

Secondo i dati dell’Oms, Turchia e Belgio sono gli unici paesi ad avere più di cento infermieri per la salute mentale per ogni centomila abitanti. Novanta paesi ne hanno meno di dieci.

La situazione è anche peggiore per quanto riguarda gli psichiatri. Trenta paesi, quasi tutti sviluppati e la maggior parte di essi in Europa, hanno più di dieci psichiatri ogni centomila abitanti (la Norvegia è in cima alla lista con 48). Settanta paesi ne hanno meno di uno.

Il Giappone è in testa alla classifica di posti letto per le persone affette da disturbi mentali in strutture per la cura mentale (196 per centomila abitanti) ed è terzo dopo Ungheria e Germania per posti letto negli ospedali in generale. Il Regno Unito è cinquantesimo per posti letto riservati ai disturbi mentali per abitante, dietro a Cina, Uzbekistan e Libano.

E i farmaci?

Si tratta di un settore altamente controverso, per tre motivi. Il primo è che i farmaci per le malattie mentali rappresentano un importante giro d’affari, valutato intorno agli ottanta miliardi di dollari all’anno in tutto il mondo.

Secondo, non esistono panacee. Alcune persone rispondono ai farmaci meglio di altre.

Terzo, la prescrizione di farmaci si è impennata negli ultimi anni, in particolare quella di antidepressivi come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri), per esempio il Prozac, diventati famosi a partire dagli anni novanta. In vari paesi si è diffuso il timore che questi farmaci vengano prescritti con troppa leggerezza, anche a persone con sintomi blandi.

Ciò detto, questi farmaci a volte funzionano. Uno studio pubblicato lo scorso anno avrebbe dimostrato che sono più efficaci dei placebo.

Una serie di nuovi trattamenti promette di far andare la psicofarmacologia oltre gli Ssri. Dalla ketamina alla psilocibina, i nuovi composti psicotropi offrono, insieme alla promessa di un rimedio, anche i rischi legati all’automedicazione.

Quindi le malattie mentali sono ancora un tabù?

Meno di quanto fossero in passato. Si potrebbe dire che, nell’arco di trent’anni, il tema è passato dall’essere invisibile all’essere un tabù, per poi diventare, oggi, un tema apertamente discusso.

Ma le malattie mentali non sono ancora universalmente accettate. Le persone che ne soffrono lamentano ancora di essere discriminate. Solo nel Regno Unito trecentomila persone con problemi di salute mentale a lungo termine perdono ogni anno il loro lavoro.

E sebbene disturbi come depressione e ansia siano sempre più accettati dalla persone, altri come schizofrenia, disturbi della personalità e psicosi sono ancora poco capiti.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.

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