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Il giornalismo in Grecia è attaccato da leggi bavaglio e intimidazioni 

Atene, 4 luglio 2019. (Socrates Baltagiannis, Dpa/Picture Alliance/Ap/LaPresse)

In una democrazia i mezzi d’informazione dovrebbero controllare l’autorità e il governo. In Grecia si ha sempre più la sensazione che le cose stiano al contrario.

Prendiamo per esempio la storia di Thanasis Koukakis, un giornalista finanziario di 43 anni che lavora per Cnn Grecia e collabora con Cnbs, Financial Times e la rivista greca di inchiesta Inside Story. Facendo riferimento a preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale, nel 2020 i servizi di intelligence greci, amministrati direttamente dall’ufficio del primo ministro, hanno intercettato le sue comunicazioni mentre indagava sugli affari di banchieri e imprenditori greci. Quando il giornalista se n’è accorto, il governo ha cercato di cancellare le tracce dell’intercettazione. Poco dopo il suo cellulare è stato infettato con lo spyware Predator, un software che consente all’utente di avere accesso completo al telefono dell’obiettivo per estrarne dati, contatti e messaggi, compresi quelli inviati per mezzo di applicazioni criptate. Può inoltre accendere il microfono e avere accesso alla telecamera.

Koukakis non è l’unica vittima di intercettazioni compiute dal servizio nazionale di intelligence. Anche Iliana Papangeli e Stavros Malichudis, giornalisti della squadra di inchiesta di Solomon, che si occupa delle condizioni dei migranti in Grecia, hanno scoperto di essere stati sottoposti a sorveglianza dai servizi di intelligence greci che hanno monitorato il loro lavoro con i minori sull’isola di Kos.

Azioni bavaglio
Poco dopo aver scoperto che le loro attività giornalistiche avevano suscitato l’interesse dei servizi segreti, i due hanno svelato un’altra storia riguardante una ong che si occupa di trovare alloggi per i migranti e pare sia legata ad alcuni personaggi politici. La risposta? Un’azione legale strategica per impedire la partecipazione alla vita pubblica (azione bavaglio o Slapp).

Un altro esempio è quello di Stavroula Poulimeni, che fa parte della cooperativa di giornalisti AlterTess ed è stata denunciata dal dirigente di una miniera d’oro condannato per gravi reati ambientali nella Grecia settentrionale. L’imprenditore l’ha accusata di aver usato suoi “dati personali sensibili” perché nei suoi articoli aveva menzionato una sua condanna penale.

Il governo sembra approvare questi stratagemmi legali. Una nuova legge autorizza il Consiglio nazionale per la radio e la televisione (Ncrtv) a imporre ai giornali sanzioni amministrative ricorrenti per diffamazione. Il consiglio ha giurisdizione sui canali che usano le frequenze pubbliche. Questo ha allarmato il sindacato dei giornalisti dei quotidiani di Atene, secondo cui la nuova normativa violerebbe esplicitamente articoli relativi alla libertà di stampa garantita dalla costituzione greca.

Secondo Media freedom rapid response in Grecia circolano poche notizie scomode per il governo

Secondo questa legge, il pagamento delle sanzioni sarà risarcito dagli azionisti di maggioranza nel caso in cui l’azienda editrice non riesca a pagare e saranno riscosse dal distributore privato monopolistico Argos, di proprietà di un imprenditore dei media vicino al governo. Secondo il sindacato dei giornalisti la nuova norma minaccia la sostenibilità delle testate giornalistiche, soprattutto quelle più piccole e indipendenti.

Un allarme simile è stato lanciato da Media freedom rapid response (Mfrr), che monitora la libertà di stampa nella comunità europea. “In Grecia sono sistematicamente a rischio l’indipendenza dei mezzi d’informazione e la sicurezza dei giornalisti”, afferma un recente rapporto, aggiungendo che c’è scarsa circolazione di notizie scomode per il governo, come quelle sulle indagini relative a gravi violazioni dei diritti umani. Questo rappresenta un forte ostacolo per l’accesso dell’opinione pubblica all’informazione e, di conseguenza, per la partecipazione informata al processo democratico.

Secondo Mfrr le politiche sull’immigrazione, le violazioni dei diritti umani commesse nell’attuarle e la crisi umanitaria provocata dal flusso di migranti sono argomenti molto sensibili per il governo greco. Quando cercano di fare inchieste su questi argomenti, i giornalisti sono ostacolati anche con arresti o detenzioni arbitrarie, restrizioni all’accesso ai centri di accoglienza per migranti, attività di sorveglianza e aggressioni. Anche quando i giornalisti indipendenti usano informazioni ufficiali si trovano davanti una totale assenza di trasparenza o perfino il rifiuto di fornire le informazioni richieste.

Prendersela con chi dà le notizie
A gennaio il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis è sopravvissuto a una mozione di sfiducia presentata in parlamento dall’opposizione di sinistra per il modo in cui il governo ha gestito la tempesta di neve che ha paralizzato il paese. In un discorso al parlamento, Mitsotakis ha fatto riferimento ai giornalisti che hanno svelato lo scandalo di corruzione Novartis in Grecia definendoli una “banda” che è “libera di diffamare”, un’espressione interpretata come un tentativo esplicito di influenzare i giudici.

Pochi giorni prima il pubblico ministero aveva infatti convocato Kostas Vaxevanis, l’editore di Documento, e Yianna Papadakou, ex presentatrice televisiva, davanti alla corte suprema di Atene. I due giornalisti erano accusati di reati legati alle indagini sui funzionari governativi, compresi alcuni ex ministri, che avrebbero accettato tangenti dall’azienda farmaceutica svizzera Novartis per tenere sotto controllo i prezzi di determinati farmaci.

I politici accusati hanno respinto le accuse perché a loro parere avrebbero una base politica, anche se nel 2020 per questo caso il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti ha imposto una multa da 347 milioni di dollari alla Novartis. Senza fare nomi, l’azienda ha ammesso di aver effettuato dei pagamenti illegali a fornitori greci.

La Grecia è al settantesimo posto nell’indice di Reporters sans frontières sulla libertà di stampa

Il pubblico ministero anticorruzione ha chiuso l’indagine, avviata nel 2016, a gennaio procedendo contro due parlamentari greci. In Grecia però è ancora in corso una seconda inchiesta relativa a un presunto complotto che coinvolge un ex primo ministro, i pubblici ministeri dell’anticorruzione incaricati di indagare nel caso della Novartis e i due giornalisti.

Associazione a delinquere, concorso in attività illecite e due imputazioni per complicità nell’abuso di autorità sono alcune delle accuse rivolte ai giornalisti. Secondo una nuova disposizione del codice penale approvata solo poche settimane fa, adesso i reati minori legati all’“associazione a delinquere” determineranno delle pene detentive. In altri termini Papadakou e Vaxevanis, che hanno indagato a lungo sullo scandalo Novartis, potrebbero finire in carcere. Un procedimento del genere potrebbe in effetti creare un precedente preoccupante, oltre che sollevare timori sulla credibilità degli informatori che hanno testimoniato nel caso Novartis o sul rischio che anche loro siano accusati.

Vale la pena notare che la Grecia è uno dei 17 paesi europei che non hanno adottato una nuova direttiva sulla protezione degli informatori nei loro sistemi legali e per questo sta subendo molte pressioni. La pandemia di covid-19 ha ulteriormente ridotto l’accesso dei giornalisti alle informazioni.

L’anno scorso Reporter senza frontiere ha classificato la Grecia al settantesimo posto nell’indice globale sulla libertà di stampa, cinque posizioni più in basso rispetto al 2020. Nell’ultimo decennio la reputazione del paese è stata in calo costante, una tendenza che probabilmente non si arresterà, almeno a giudicare dagli ultimi eventi.

Il governo respinge con forza queste accuse, sottolineando come nel paese sia garantito il pluralismo. La democrazia però viene salvaguardata quando la stampa è libera di dire la verità al potere. Questo non dovrebbe spettare a un tribunale.

Vera Jourova, commissaria dell’Ue sui valori e la trasparenza, ha dichiarato che il “Rapporto sulla legalità del 2022 presterà particolare attenzione agli sviluppi relativi alla libertà di stampa e alla sicurezza dei giornalisti”. Questi timori si sono fatti ancora più forti dopo il caso dell’omicidio del giornalista di cronaca nera Giorgos Karaivaz, ucciso davanti alla sua abitazione nel 2021. Nonostante le pressioni delle associazioni di giornalisti greche ed europee, il caso non ha fatto progressi e i responsabili non sono stati portati in tribunale.

Perfino i politici conservatori cominciano a preoccuparsi per la libertà di stampa nel paese, alludendo a ciò che molti di noi temono, e cioè che il governo conservatore greco sia stato sedotto dalla svolta populista che ha attraversato i conservatori in tutta Europa e non cerchi più di schierarsi dalla parte dei cosiddetti conservatori liberali moderati.

Questa tendenza in Grecia è indice di una più generalizzata e crescente tensione che si registra in alcuni paesi dell’Ue sulla legalità e la protezione delle libertà, ossia i valori dell’Ue. La situazione in Grecia sta però diventando particolarmente difficile in relazione ai mezzi d’informazione, i problemi si moltiplicano e sempre più organismi di vigilanza sulla libertà d’espressione sono in allarme. Sette gruppi, tra cui Reporters sans frontières e la Federazione europea dei giornalisti, hanno sollevato “profonde preoccupazioni” sul caso di Koukakis. Il governo greco dovrebbe fare di più per proteggere la libertà di stampa.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito su Al Jazeera.

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