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Perché le poste sono finite al centro della campagna elettorale

Durante una protesta contro le dichiarazioni di Donald Trump sul servizio postale a Washington, Stati Uniti, 15 agosto 2020. (Michael A. McCoy, Getty Images)

Alla fine la strategia di Donald Trump e dei suoi alleati – colpire il servizio postale degli Stati Uniti per impedirgli di gestire l’aumento dei voti per posta previsto alle elezioni del 3 novembre – potrebbe avere successo. Ma la minaccia più grave e immediata per il voto postale non è il blocco dei finanziamenti.

Il 13 agosto Trump ha ammesso di essere contrario a un accordo con i democratici su un grande pacchetto di aiuti per affrontare l’attuale crisi economica perché non vuole concedere il finanziamento da 25 miliardi di dollari al servizio postale prima delle elezioni. “Hanno bisogno del denaro per fare funzionare le poste e ricevere milioni di schede elettorali”, ha detto il presidente durante un’intervista a Fox Business. Trump non vuole che ci sia un aumento dei voti per posta e soprattutto non vuole che il servizio postale riceva fondi per gestire l’incremento delle schede. “Se noi non accetteremo un accordo, loro non riceveranno i soldi. Questo significa che non potrà esserci un voto universale per posta. Quindi non lo faremo”.

Per i democratici questa dichiarazione è la prova schiacciante del fatto che il presidente vuole sabotare le elezioni di novembre lasciando senza fondi un’agenzia indipendente. L’opposizione ha criticato aspramente la nomina a capo delle poste di Louis DeJoy, un sostenitore di Trump che ha rapidamente riorganizzato i vertici delle poste e introdotto una serie di tagli alla spesa che hanno già causato un rallentamento dei servizi. Più che la battaglia parlamentare sui finanziamenti, sono proprio le alterazioni nel servizio a preoccupare maggiormente i sostenitori del voto per posta. In gioco c’è l’integrità delle elezioni, che in generale si basa sulla possibilità che decine di milioni di schede possano arrivare nelle caselle postali degli statunitensi per poi essere consegnate ai seggi in tempo utile per lo spoglio.

“È una nuova forma di soppressione di massa del voto, e sta succedendo davanti ai nostri occhi”, sottolinea Gerry Connolly, deputato democratico della Virginia, presidente della sottocommissione della camera che si occupa del servizio postale.

Tutto sotto controllo
Trump sostiene che le poste non sono in grado di gestire le elezioni di novembre, e che quindi ci sia il rischio di brogli elettorali. Una tesi che è smentita da molti analisti esterni ed esperti di questioni elettorali. Il servizio postale si prepara da mesi a far fronte a un aumento del voto per posta, da prima che la pandemia di covid-19 sollevasse forti dubbi sulla sicurezza del voto di persona e molto prima che DeJoy arrivasse alla guida dell’agenzia, all’inizio di giugno. A marzo le poste hanno cominciato a contattare 11.500 amministratori elettorali, e attualmente centinaia di coordinatori per il voto postale si consultano regolarmente con i funzionari degli stati e delle contee su vari argomenti, dalla data in cui inviare le schede al design delle buste.

Nonostante i problemi finanziari che affliggono il servizio postale, peggiorati nel corso degli anni, l’istituzione sostiene di avere il denaro e gli strumenti per gestire un’elezione presidenziale che con ogni probabilità infrangerà tutti i record relativi al voto a distanza. “La situazione finanziaria delle poste non influirà sulla nostra capacità di processare e consegnare le schede elettorali”, sottolinea la portavoce Martha Johnson. “Siamo nelle condizioni di adattare la rete nazionale alle necessità politiche ed elettorali, inclusi i possibili cambiamenti dovuti alla pandemia di covid-19”.

Dal punto di vista del volume della corrispondenza nessuno degli esperti con cui ho parlato dubita che il servizio postale possa gestire il voto per posta, anche se tutti i 150 milioni di elettori registrati decidessero di votare a distanza. Un esperto sottolinea che le elezioni presidenziali sono effettivamente un grande evento, ma in termini postali non si tratta di una circostanza straordinaria. Il servizio postale processa quasi 500 milioni di lettere al giorno. Ogni anno, solo nella settimana che precede il Natale l’agenzia gestisce oltre tre miliardi di missive. “Non ho dubbi sulle loro possibilità”, sottolinea Amber McReynolds, ex direttore delle operazioni elettorali a Denver e attualmente a capo dell’Istituto nazionale per il voto da casa, un’organizzazione che si occupa del voto per corrispondenza.

Le persone come McReynolds sono più preoccupate dai cambiamenti che DeJoy ha introdotto dopo essersi insediato e dalle lettere di avvertimento inviate dal servizio postale agli amministratori elettorali in alcuni stati. Secondo un promemoria pubblicato dal Washington Post, la cui autenticità è stata verificata dal sindacato dei dipendenti postali, agli impiegati dell’agenzia è stato ordinato di lasciare la posta nell’ufficio piuttosto che effettuare un viaggio in più o attendere una consegna in ritardo; una direttiva che rappresenta un cambiamento epocale per uomini e donne che secondo un funzionario del sindacato hanno sempre seguito una regola: “Appena la posta arriva, la posta riparte”. L’agenzia sta inoltre riducendo gli straordinari, nonostante circa quarantamila dipendenti siano stati sottoposti a misure di quarantena o siano stati infettati dal virus. Questi cambiamenti hanno già causato diverse proteste a causa dei ritardi nelle consegne in tutto il paese. Gli effetti potenziali sulla consegna delle schede elettorali nei giorni prima delle elezioni sono evidenti.

“Se ai postini viene detto che alla fine del turno devono tornare all’ufficio postale anche se non hanno raccolto tutta la posta del giorno, c’è la possibilità che alcune schede elettorali non vengano spedite”, spiega Tammy Patrick, consulente dell’organizzazione non profit Democracy Fund Voice. “Se si dice agli autisti dei furgoni ‘dovete partire dall’ufficio postale e portare la posta del giorno nell’impianto per lo smistamento anche se una parte della posta del giorno non è stata raccolta’, l’impatto può essere decisivo”, spiega Patrick, che fu messo da Obama a capo della Commissione sull’amministrazione elettorale, un ente creato nel 2013 per migliorare la gestione delle elezioni.

“Ordinano ai dipendenti di rinviare le consegne. Questo va contro il nostro dna”, sostiene il capo del sindacato

Il servizio postale non ha pubblicizzato né confermato questi cambiamenti operativi. L’agenzia non ha autorizzato i suoi dirigenti a rilasciare un’intervista, e ha preferito rispondere alle domande per iscritto. “La nostra rete è progettata per gestire in modo tempestivo un aumento nel volume e nella consegna della posta”, spiega Johnson. La portavoce sostiene che DeJoy non ha distribuito il promemoria pubblicato dal Post, ma non ha negato che i cambiamenti descritti nel documento siano stati effettivamente introdotti.

Gli esperti con cui ho parlato non sanno dire con certezza se i cambiamenti siano legati alle elezioni o se invece rappresentino una mossa, dalla tempistica curiosa, per migliorare la situazione finanziaria dell’agenzia. “Non è ancora chiaro quali siano le reali motivazioni”, sottolinea Arthur B. Sackler, a capo della Coalizione per un servizio postale del 21esimo secolo, un gruppo composto da grandi aziende e associazioni commerciali che cerca di convincere il congresso a rafforzare l’agenzia. “Si tratta di grandi cambiamenti. In che modo saranno assorbiti nel contesto di una crisi nazionale e alla vigilia della stagione elettorale?”.

Mark Dimondstein, presidente del sindacato dei dipendenti postali, sostiene che i cambiamenti sono stati “demoralizzanti” per gli iscritti al sindacato. Dimondstein ha raccolto la testimonianza di alcuni dipendenti secondo cui la posta del lunedì non viene consegnata prima di mercoledì, e in alcune giurisdizioni ci sono giorni in cui la posta non viene consegnata per niente. “Ordinano ai dipendenti di rinviare le consegne. Questo va contro il nostro dna”.

A proposito della presunta volontà di tagliare i costi, Dimondstein ricorda che “non siamo l’azienda postale degli Stati Uniti, ma il servizio postale degli Stati Uniti”.

Segnali inquietanti
Le poste sono un’agenzia indipendente che non risponde al congresso. Trump non ha nemmeno potuto nominare direttamente DeJoy, ex dirigente specializzato nella logistica, ma ha solo nominato i componenti del consiglio del servizio postale che hanno nominato DeJoy. Il nuovo capo dell’agenzia garantisce di non prendere ordini dal presidente, e in una dichiarazione ha sostenuto che il servizio postale è “impegnato a rispettare il proprio ruolo nel processo elettorale”.

“Anche se qualcuno afferma il contrario, non stiamo rallentando il voto per corrispondenza né nessun’altra attività”, ha dichiarato DeJoy. “Al contrario, continuiamo a seguire un processo solido e collaudato per garantire la corretta gestione del voto per posta”.

Eppure i democratici sostengono che DeJoy stia facendo gli interessi di un presidente che per anni ha cercato di spingere l’agenzia ad alzare i prezzi delle consegne per danneggiare uno dei suoi nemici giurati, il fondatore di Amazon Jeff Bezos. La scorsa settimana la Cnn ha riferito che dai documenti finanziari di DeJoy emergono grandi investimenti in uno dei rivali del servizio postale, oltre ad altri potenziali conflitti di interesse.

“Tutto questo sta succedendo davanti ai nostri occhi”, sottolinea il deputato Connolly. “Ci fidiamo di ciò che vediamo o preferiamo sperare che le cose vadano bene?”.

Il caos all’interno del servizio postale ha messo i politici democratici in una posizione scomoda

Tammy Patrick ha notato altri segnali inquietanti nell’operato delle poste. Per anni l’agenzia ha permesso ad alcuni stati, soprattutto quelli occidentali che permettono a tutti di votare per posta, di inviare le schede elettorali a prezzi ridotti invece di imporre le tariffe più alte. Il servizio postale ha sempre gestito la consegna delle schede come se fossero lettere di prima classe, “smuovendo le montagne” (parole di Patrick) per fare in modo che venissero consegnate in tempo. Tuttavia, quest’anno l’agenzia ha lasciato intendere che potrebbe non essere nelle condizioni di fare lo stesso. Alla fine di luglio i dirigenti dell’agenzia hanno inviato una serie di lettere agli amministratori elettorali di alcuni stati – tra cui Washington, Pennsylvania e Florida – facendo presente che le loro scadenze per la richiesta e la consegna delle schede elettorali per posta “potrebbero essere incongruenti con gli standard di consegna del servizio postale”.

“Questo divario crea il rischio che alcune schede possano non essere consegnate in tempo per lo spoglio in base ai vostri standard legali”, si legge nella lettera inviata a Kim Wyman, segretario di stato dello stato Washington. Generalmente le poste consigliano agli elettori di richiedere la scheda elettorale almeno quindici giorni prima delle elezioni e inviarla, compilata, con una settimana di anticipo, ma molti stati permettono agli elettori di richiedere la scheda molto più a ridosso del voto.

“Prima d’ora non avevo mai assistito a uno scaricabarile da parte del servizio postale. Stanno incolpando preventivamente gli amministratori elettorali per eventuali problemi”, spiega Patrick.

L’efficacia del voto per posta in autunno non dipenderà solo dalle politiche del servizio postale. Secondo McReynolds molti amministratori elettorali statali e locali dovranno gestire per la prima volta un aumento del voto per corrispondenza, e toccherà a loro coinvolgere i coordinatori postali. Ed è possibile che gli uffici postali decidano di non seguire le direttive in arrivo da Washington se percepiranno un rischio per la regolarità del voto. Anche i dipendenti postali sono elettori, e per anni hanno ricevuto l’ordine di privilegiare la consegna delle schede durante i periodi elettorali. “Seppur parzialmente, i dipendenti saranno nelle condizioni di attenuare o scongiurare le conseguenze negative” dei cambiamenti attuali, spiega Patrick. “Ma questo non significa che potranno risolvere tutti i problemi”.

A meno di due mesi dall’inizio delle operazioni di voto anticipate in molti stati, il caos all’interno del servizio postale ha messo i politici democratici in una posizione scomoda, perché chiedono soldi per le poste nel negoziato per un pacchetto di aiuti economici ma al contempo sostengono che l’agenzia possa gestire l’incremento del voto postale senza ulteriori finanziamenti (l’agenzia non dovrebbe esaurire i fondi prima del 2021). Connolly sottolinea che i 25 miliardi di finanziamenti “metterebbero a tacere” tutti quelli che considerano necessari i tagli di DeJoy.

Ancora più significativo è il fatto che i democratici, dopo aver invitato per mesi gli elettori a votare per posta in modo da partecipare in sicurezza al processo politico durante la pandemia, ora sostengono che Trump stia sabotando l’agenzia, mettendone dunque in dubbio l’affidabilità.

È giusto fidarsi del servizio postale? Connolly è convinto di sì. “È molto importante non cadere nella trappola di Trump. Il presidente sostiene che le poste non siano in grado di gestire il voto. È falso. Non c’è alcuna ragione per pensarlo. Semplicemente esistono complicazioni create dalle azioni di DeJoy”.

Secondo Patrick un aspetto positivo di questa faccenda è che la soluzione alle incertezze del servizio postale è soprattutto nelle mani degli elettori. A causa della pandemia la maggior parte degli stati permette agli elettori di richiedere la scheda elettorale con grande anticipo e di inviarla settimane prima del 3 novembre. “Non bisogna aspettare”, sottolinea Patrick, prima di aggiungere con una risata: “Non bisogna lasciare niente al caso”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato sull’Atlantic.

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