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Il villaggio ha le ore contate

Abitanti di Umm al Hiran, in Israele, il 27 agosto 2015. (Ammar Awad, Reuters/Contrasto)

Ogni martedì mattina scrivo il mio commento settimanale per Haaretz. Il tema di questa settimana è l’imminente demolizione di un intero villaggio beduino, Umm al Hiran, in Israele, per fare posto a una nuova comunità ebraica semi-rurale. Nuove case, giardini e parchi saranno costruiti sulle rovine del villaggio della tribù Al Qian.
Nell’articolo, che ho intitolato “Sionismo al suo meglio”, ho fatto i nomi dei sei giudici che, in momenti diversi, hanno respinto il ricorso dei beduini contro la loro espulsione.

Mentre scrivevo dovevo anche controllare la traduzione inglese di un altro articolo: alcuni alti giudici israeliani sono stati denunciati in Cile per aver autorizzato la costruzione del muro di separazione a Beit Jala. Sono accusati di aver compiuto crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il Cile ha una giurisdizione universale e ospita una grande comunità palestinese. A presentare la denuncia sono stati cinque palestinesi proprietari dei terreni sui quali è stato costruito il muro e un abitante di Beit Jala.

Mentre stavo sistemando gli ultimi dettagli la mia amica F. mi ha chiamata per dirmi che stava tornando a Gaza con la suocera. Purtroppo le ho potute incontrare soltanto una sera, a Nablus, in Cisgiordania. La suocera, 75 anni, era stata appena operata all’occhio e dimessa dall’ospedale il giorno dopo.

Così sono corsa a salutarle al checkpoint. Ci siamo baciate e abbracciate, senza sapere se ci rivedremo ancora.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 2 dicembre 2016 a pagina 33 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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