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Che fine hanno fatto i diecimila minori non accompagnati scomparsi in Europa nel 2015?

Migranti sbarcati al porto del Pireo, in Grecia, il 31 gennaio 2016. (Angelos Tzortzinis, Afp)

L’Europol ha lanciato l’allarme: diecimila minori non accompagnati entrati in Europa nel 2015 sono scomparsi dopo il loro arrivo. Probabilmente sono finiti nelle mani di “una rete criminale internazionale” che negli ultimi 18 mesi ha approfittato dell’arrivo alle frontiere europee di migliaia di persone senza regolari documenti per strutturare un’attività illegale molto redditizia, ha dichiarato all’Observer Brian Donald, il capo dell’intelligence europea.

La criminalità ha sfruttato la necessità di migliaia di profughi e richiedenti asilo di viaggiare all’interno dell’Unione senza passaporto o senza visto e ha trasformato la debolezza dei migranti e l’incapacità delle autorità europee di gestire il fenomeno in un giro d’affari con un fatturato da migliaia di euro. Solo in Italia sono cinquemila i ragazzi irrintracciabili: minorenni che una volta sbarcati sulle coste italiane sono stati affidati al sistema di prima accoglienza, ma poi si sono sottratti volontariamente al controllo delle autorità e hanno fatto perdere le loro tracce.

Già nel 2014 in un’inchiesta del Guardian Elvira Iovino del Centro Astalli di Catania aveva denunciato: “La maggior parte dei minori eritrei che arrivano in Italia rifiutano di essere identificati dalle autorità, perché se fossero registrati in Italia il trattato di Dublino non gli permetterebbe di chiedere l’asilo in altri paesi dell’Unione”. Per questo la maggior parte di loro scappa dai centri di accoglienza e vive per strada, dormendo nelle stazioni ferroviarie o nei parchi.

Scomparsi o scappati?

In molti casi i ragazzi spariti in Italia semplicemente si sottraggono all’accoglienza ufficiale e si rimettono in viaggio tentando di raggiungere parenti e amici nel Nordeuropa, affidandosi a una rete informale di conoscenze.

“Nelle stazioni ferroviarie i ragazzi sono intercettati da reti di trafficanti che gli promettono un alloggio e un lavoro, ma spesso vengono rapiti e se le famiglie non possono pagare il riscatto i minori devono lavorare come spacciatori o prostituirsi. Attività molto redditizie per la criminalità”, ha denunciato Iovino.

Viviana Valastro di Save the children spiega a Internazionale che in Italia i minori stranieri non accompagnati non sono protetti da una legge specifica, ma dalla stessa norma che regola i casi di minori abbandonati. “Questa è una parte del problema”, afferma Valastro. “Non esiste nel paese una legge specifica per i minori stranieri non accompagnati. È in discussione in Commissione diritti umani della camera una proposta di legge la cui prima firmataria è l’onorevole Sandra Zampa, che però è stata bloccata dalla Commissione bilancio. La proposta fu presentata il 4 ottobre 2013, in seguito al naufragio al largo di Lampedusa. La proposta prevede per esempio che ogni minore abbia un tutore individuale che si occupi di lui. Al momento in Italia spesso i tutori sono i sindaci delle città dove i minori risiedono che sono affidatari di diversi casi. Inoltre i posti a disposizione negli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono insufficienti rispetto al numero degli arrivi, così i minori rimangono nelle strutture di prima accoglienza spesso fino alla maggiore età”.

Secondo Save the children, sono circa 12.300 i minori non accompagnati arrivati in Italia nel 2015

Al momento i minori non accompagnati vengono affidati ai centri di prima accoglienza o agli Sprar, ma i posti disponibili per loro non sono molti (750) e non è prevista una forma di assistenza dedicata.

Secondo Save the children, sono circa 12.300 i minori non accompagnati arrivati in Italia nel 2015. La maggior parte di loro sono eritrei (3.100), somali (1.300), egiziani (1.700), gambiani (1.300), nigeriani (1.000), siriani (700).

“Per quanto riguarda eritrei, siriani e somali si tratta di esperienze di transito, quindi di persone che dichiarano già all’arrivo in Italia di non volersi fare identificare perché vogliono raggiungere altri paesi europei. Il fatto che risultino scomparsi significa che si sono sottratti all’identificazione, oppure sono scappati dai centri di prima accoglienza per raggiungere altri paesi”, spiega Valastro.

Nel caso degli eritrei si tratta di ragazzi di 15, 16 o 17 anni che vogliono evitare il servizio militare obbligatorio nel loro paese. Infatti sotto la dittatura di Isaias Afewerki la coscrizione obbligatoria si è trasformata in un sistema di lavori forzati che dura tutta la vita e i ragazzi cercano di lasciare il paese prima di compiere la maggiore età, in molti casi senza nemmeno mettere al corrente i genitori del loro progetto di emigrare. Gli eritrei nel loro viaggio si affidano ai connazionali della diaspora che gli offrono sostegno economico e alloggio, e per questo sono più fortunati di altri gruppi di minori non accompagnati.

Molti ragazzi invece, in particolare gli egiziani, devono ripagare il debito contratto con i trafficanti per raggiungere l’Europa via mare (un pedaggio che costa tra i 1.500 e i 3.500 euro). Per questo una volta arrivati nei nostri paesi la loro priorità è lavorare e guadagnare abbastanza da restituire i soldi ai trafficanti.

“Per questi ragazzini è difficile capire il concetto di sfruttamento”, spiega Viviana Valastro. “A casa loro lavorano e sono pagati anche di meno, per loro non è un problema lavorare anche per pochi soldi. È molto difficile fargli accettare che l’istruzione e la formazione potrebbero offrire loro una vita migliore”.

La polizia ferroviaria di Roma in un’operazione del maggio del 2015 aveva svelato un giro di prostituzione minorile alla stazione Termini di Roma che aveva portato all’arresto di otto persone, tra cui un prete.

In quell’occasione Emanuele Fattori, capo della polizia della stazione Termini, aveva spiegato che i minorenni sono preziosi per le organizzazioni criminali: “Usano i ragazzi stranieri che hanno meno di 14 anni, perché per la legge italiana non possono essere incriminati”.

In un’inchiesta della Cnn sulla stesso tema, un ragazzino egiziano coinvolto nei traffici della stazione Termini aveva raccontato alla giornalista: “La roba illegale è la cosa più facile, non solo qui a Roma, in tutto il paese […] i nostri genitori hanno speso tanto per mandarci qui e ora dobbiamo ripagarli”.

La responsabilità di contrastare il fenomeno dello sfruttamento dei minori in Europa non può essere affidata solo alle forze dell’ordine

Altre inchieste hanno denunciato che i minori vengono impiegati nell’agricoltura e nel commercio all’ingrosso di frutta e verdura che in Italia sfugge al controllo delle autorità.

Il mercato ortofrutticolo della capitale che si trova a Guidonia, alle porte di Roma, è da tempo sotto osservazione da parte della polizia italiana per l’uso dilagante di lavoro minorile.

Mariella Chiaramonte, capo della polizia di Tivoli, aveva spiegato al Guardian che i facchini del mercato ortofrutticolo di Guidonia erano tutti minori egiziani, pagati pochi euro per un lavoro massacrante. “Anche quando i minori vengono affidati a case famiglia, nessuno controlla che vadano a scuola. Pensiamo che ci sia un rapporto tra le reti criminali che li portano in Italia e quelle che li sfruttano una volta arrivati”, aveva detto.

Queste indagini, che confermano l’allarme lanciato dall’Europol, sottolineano che la responsabilità di contrastare il fenomeno dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù dei minori stranieri in Europa non può essere affidata solo alle forze dell’ordine. Non è possibile trovare una risposta concreta allo sfruttamento dei minori se non si offre un’accoglienza adeguata alle migliaia di persone che negli ultimi anni sono arrivate alle nostre frontiere in cerca di una vita migliore.

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