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Il vero obiettivo di Putin in Siria

Vladimir Putin durante un’intervista vicino a Mosca, il 20 settembre 2015.

Ormai è assodato. Il fatto che la Russia abbia evitato di indirizzare i suoi primi attacchi in Siria contro i jihadisti dello Stato islamico non è stato un caso né un errore. Mercoledì Mosca ha colpito altri movimenti dell’opposizione armata contro Bashar al Assad perché nella sua ottica tutti quelli che hanno imbracciato le armi contro il regime sono “terroristi”, pericolosi quanto lo Stato islamico e meritevoli di essere combattuti con la stessa determinazione.

I leader russi lo hanno ammesso chiaramente nella giornata di mercoledì, abbandonando qualsiasi ambiguità. Il Cremlino non è intervenuto in Siria per salvare il regime di Assad e condurlo al tavolo delle trattative con l’opposizione, ma solo per aiutarlo a riprendere il controllo su tutto o parte del territorio siriano schiacciando ogni forma d’opposizione.

È in questo contesto che arriva la notizia di un imminente offensiva terrestre che l’esercito siriano dovrebbe lanciare con l’appoggio dell’Iran e di Hezbollah, la potente organizzazione politico-militare sciita che gli iraniani hanno trasformato in una forza dominante in Libano e che hanno dispiegato in Siria ormai da quattro anni. A questo punto la logica, quantomeno quella russa, vorrebbe che l’aviazione di Mosca apportasse il suo sostegno all’offensiva del regime, perché tutti gli oppositori di Bashar al Assad devono essere considerati come terroristi e perché i primi attacchi russi sono stati lanciati su richiesta esplicita di Damasco.

Dal punto di vista militare la Russia otterrà sicuramente importanti vittorie, perché nessuno dei movimenti siriani d’opposizione può contare su un’aviazione (nemmeno lo Stato islamico) e perché i leader della coalizione arabo-occidentale non vogliono certo entrare in conflitto con Mosca. Dal punto di vista militare questo conflitto ha una natura del tutto nuova, ma il fatto politico di primo piano è che la Russia ha rimesso piede in Medio Oriente schierandosi contro i sunniti e presentandosi come alleato degli sciiti nel conflitto che in Siria oppone le due correnti dell’islam.

Contro la maggioranza sunnita della popolazione siriana (oltre il 60 per cento) la Russia si schiera con la minoranza alawita, corrente dello sciismo al potere a Damasco. Mosca si è alleata chiaramente con l’Iran, bastione dello sciismo e protettore di Assad, nel frattempo si avvicina a grandi passi all’Iraq a maggioranza sciita e si schiera contro i paesi sunniti, a partire da Arabia Saudita e Turchia, che infatti hanno subito condannato l’offensiva russa. Ormai da tempo il conflitto siriano era diventato un conflitto regionale. Ora l’intervento della Russia lo sta trasformando in un conflitto internazionale. Difficile, molto difficile che tutto questo contribuisca a rallentare il flusso di profughi in fuga da una guerra che si allarga sempre di più.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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