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Le verità sulla guerra di un generale francese

Il generale Pierre de Villiers a Parigi, il 25 luglio 2014. (Kenzo Tribouillard, Afp)

È raro che un capo di stato maggiore, vertice dell’esercito francese, prenda in mano la penna. Il generale Pierre de Villiers l’ha fatto ieri sulle pagine di Le Monde, e il suo articolo intitolato “Vincere la guerra non basta a ottenere la pace” merita assolutamente di essere letto.

Analizziamo il passaggio centrale del suo articolo: “Una strategia basata solo sulle azioni militari non potrà mai avere un effetto sulle radici della violenza che si nutrono della mancanza di speranza, di istruzione, di giustizia, di sviluppo, di buongoverno e di riguardo”.

Come attaccare il nemico

Naturalmente Pierre de Villiers non è diventato pacifista da un giorno all’altro. Al contrario ribadisce di credere nella “virtù della forza” e aggiunge che “la forza legittima è indispensabile davanti alla violenza”, invitando i lettori a “resistere alla tentazione dell’isolamento” e spiegando che “aspettare l’arrivo dei nostri nemici significa mostrare una debolezza che loro sfrutteranno immediatamente”.

In altre parole il generale è convinto che bisogna attaccare i nemici sul loro territorio come loro attaccano noi sul nostro. Questo punto di vista giustifica gli interventi in Mali, nel Sahel e contro il gruppo Stato islamico (Is) in Iraq e in Siria. Ma allo stesso tempo de Villiers ci invita a prestare attenzione perché “il tempo scorre più veloce sotto la pressione della continua informazione” e perché “questa accelerazione si impone alla nostra società in modo irrazionale” mentre “la forza ha bisogno di tempo per produrre i suoi effetti”.

Dobbiamo fare attenzione, prosegue il generale, “perché non esiste sicurezza senza sviluppo”, perché la difesa costa il 2 per cento del prodotto interno lordo.

Per chiudere i conti con il terrorismo dobbiamo colpire le cause della sua forza d’attrazione

In sostanza, con la prudenza che si addice a un capo dello stato maggiore, l’obiettivo di Pierre de Villiers è quello di sottolineare tre fattori evidenti.

Il primo è che dobbiamo e possiamo vincere la guerra contro il terrorismo ma che per chiudere i conti dobbiamo colpire le cause della sua forza d’attrazione. Secondo il generale, l’esercito fa il suo dovere ma la sua vittoria sarà del tutto vana se la politica, la diplomazia e l’azione congiunta delle grandi potenze non creeranno le condizioni economiche e sociali della pace nelle aree dove prospera il terrorismo.

È un invito a non cedere all’illusione di un’onnipotenza della forza e a inquadrare la battaglia contro l’Is in un contesto politico. Il secondo elemento sottolineato da de Villiers è che la guerra è una questione di pazienza. Davanti al terrorismo dobbiamo mantenere una sorta di “mimetismo”, perché “un attacco cieco non porterà mai alla vittoria né cancellerà la follia o la miseria”. Il terzo elemento, infine, è che alla difesa francese mancano dieci miliardi di euro per essere in grado di intervenire su tutti i fronti allo stesso tempo.

Questi miliardi la Francia non li ha, e nonostante de Villiers non lo dica apertamente è per questo che dobbiamo costruire in fretta una difesa comune dell’Unione per affrontare la minaccia comune.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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