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L’Europa al centro del secondo turno francese

Emmanuel Macron il 10 febbraio 2017, durante la campagna elettorale per le presidenziali. (Stephane Mahe, Reuters/Contrasto)

È il dibattito cruciale che sta per aprirsi in Francia. La sera di domenica 23 aprile Emmanuel Macron ha ribadito con forza la sua ambizione europeista, mentre Marine Le Pen ha annunciato che la sua campagna per il secondo turno si baserà sul ritorno alle frontiere nazionali. I due candidati hanno immediatamente indicato quale sarà il loro principale campo di battaglia.

La candidata del Front national non resterà a corto di argomenti. Per Le Pen sarà facile denunciare (perché sono fatti evidenti) l’importazione di prodotti a basso costo che fanno fallire i produttori francesi e soprattutto la delocalizzazione delle fabbriche verso paesi emergenti in cui i costi di produzione sono irrisori e verso gli stati dell’Unione europea dove i salari e le protezioni sociali sono meno forti che in Francia.

Come la globalizzazione dell’economia, la libera circolazione dei beni e delle persone all’interno dell’Unione crea distorsioni sociali che colpiscono molti lavoratori, ma immaginiamo per un istante che la Francia volti davvero le spalle al libero scambio e all’adesione all’Unione.

Concorrenza impossibile
Il rimedio sarebbe peggio della malattia. I paesi emergenti, a cominciare dalla Cina, imporrebbero ai prodotti francesi gli stessi dazi doganali che noi imporremo agli altri. Le industrie di punta del paese, tra cui Airbus, sarebbero le prime a soffrirne. L’agricoltura e l’industria del lusso non potrebbero accedere a mercati da cui oggi dipendono. Il prezzo dei prodotti di consumo quotidiano aumenterebbe, mentre il tenore di vita peggiorerebbe e ci sarebbe un aumento della disoccupazione.

Un processo di questo tipo vedrebbe la Francia sicuramente perdente, tanto più che gli altri paesi europei non seguirebbero su questa strada e sottrarrebbero facilmente ai francesi grandi fette del mercato delle esportazioni. Lo stesso si può dire per la riduzione delle barriere doganali all’interno dell’Unione.

Gli abusi nati dalla libera circolazione dei lavoratori sono un problema, ma la soluzione non è il nazionalismo economico

Gli abusi nati dalla libera circolazione dei lavoratori rappresentano un problema. Bisognerebbe essere sordi e ciechi per non accorgersene. Ma cosa accadrebbe se i giovani francesi non potessero più lavorare liberamente negli altri paesi dell’Unione e se le industrie francesi non potessero più trasferirsi in Romania, in Polonia o nel Regno Unito? Sarebbe una catastrofe totale. Ma allora dobbiamo accettare il male per evitare il peggio e non cambiare nulla? La questione, fortunatamente, non si pone nemmeno, perché ci sono due soluzioni a questi problemi.

La prima è quella di armonizzare la fiscalità e i livelli di protezione sociale e di sviluppo all’interno dell’Unione, per cancellare rapidamente la concorrenza sleale all’interno dell’Europa unita. La seconda è quella di non cancellare la nostra unità, perché altrimenti ciascuno dei paesi europei, nel migliore dei casi una potenza di medie dimensioni, si ritroverebbe solo davanti a paesi-continente con cui non potremmo più negoziare, quando possiamo tranquillamente farlo presentandoci come un mercato di cinquecento milioni di abitanti.

Il dibattito è aperto. Era ora.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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