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Il prossimo Trump potrebbe essere peggio

L’ala ovest della Casa Bianca, Washington, 18 novembre 2o20. (Drew Angerer, Getty Images)

Forse c’è ancora qualche voto da contare e il presidente uscente insiste a negare la realtà, ma Joe Biden ha battuto Donald Trump. Milioni di persone applaudono la caduta di un presidente bugiardo, disgustoso e incapace di gestire una pandemia che ha ucciso più di 230mila statunitensi. In mezzo ai festeggiamenti però dovrebbe esserci spazio per un inquietante timore. Joe Biden si è candidato promettendo un ritorno alla normalità degli anni di Obama. Se governerà come un “normale” democratico però, in poco tempo dovremo fare i conti con un altro Trump. Quello vero si è scavato la fossa con i suoi errori e non è riuscito a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Invece di salvare posti di lavoro nel settore manifatturiero e di proteggere “il lavoro, gli stipendi e il benessere dei lavoratori statunitensi prima di ogni altra cosa”, ha eliminato le regole sugli straordinari, abbassato le tasse ai ricchi e ha mandato in fumo 740mila posti di lavoro nel settore manifatturiero nel 2020.

Un altro Donald Trump avrebbe potuto gestire con competenza la pandemia, lanciando un programma per creare infrastrutture e posti di lavoro capace di migliorare le vite di milioni di persone. Senza sfidare le oligarchie e gli interessi delle aziende, il Trump di questa realtà alternativa avrebbe potuto coniugare populismo economico e xenofobia, la stessa formula che ha catapultato al potere figure autoritarie di destra in altri paesi. Un diverso Trump sarebbe perfino riuscito a conquistare un numero di elettori che generalmente votano per i democratici, tra cui i neri, sufficiente a fargli vincere il voto popolare.

Per quanto pessimi siano stati gli ultimi quattro anni, gli americani sono stati fortunati ad avere Trump e non un politico più capace. Questo non significa che siano condannati a seguire la strada del populismo di destra. Negli ultimi anni paesi come Portogallo e Spagna hanno consolidato governi di sinistra o di centro. Ma, per evitare l’ascesa di un altro Trump, i progressisti statunitensi dovranno cominciare a pensare più seriamente a cosa ha reso possibile la sua presidenza. Trump non è stato solo un prodotto del razzismo e del sessismo latente. L’ipocrisia delle recenti amministrazioni democratiche sulle questioni economiche ha avuto un ruolo importante nella disaffezione degli elettori della classe operaia, per non parlare dei milioni di persone che nel 2016 hanno scelto di non votare né per Clinton né per Trump. Sono loro, non gli abitanti dei quartieri ricchi a cui di solito si rivolge l’establishment democratico, ad avere le chiavi della politica statunitense.

La bolla progressista
Forse Joe Biden ha vinto a causa dell’impopolarità di Trump, ma i democratici dovranno offrire ai cittadini qualcosa di diverso se vogliono avere un governo stabile: una politica in grado di convincere ceti popolari e lavoratori. I progressisti devono lanciare una sfida alle politiche centriste delle ultime amministrazioni democratiche, ma dovranno anche resistere al rigido identitarismo che si annida nelle loro file. Non può esistere una politica progressista di massa che coinvolge solo chi è già d’accordo con noi. Chi rimane confinato nella bolla progressista rifiuta la possibilità di organizzare lavoratori di tutte le origini, rurali e urbani, all’interno di un programma fondato su sanità pubblica, posti di lavoro sindacalizzati e un new deal verde. In una recente intervista con il New York Times, la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha indicato questa strada e ha definito frustrante la guida del Partito democratico, ma per tutta risposta i leader del partito hanno incolpato l’eccessivo spostamento a sinistra per gli scarsi risultati degli ultimi anni.

Biden ha fatto una campagna elettorale diversa da quella di Hillary Clinton. Ha scelto un messaggio leggermente più populista, facendo comizi in aree trascurate dall’ex segretaria di stato. Ma la sostanza dei metodi di governo che propone è più simile alla “normalità” di Clinton e Obama che a quella invocata dagli alleati di un tempo come Bernie Sanders. Questa normalità, durante l’amministrazione di Bill Clinton, ha distrutto buona parte dell’industria manifatturiera statunitense e ha accelerato il processo d’incarcerazione di massa ed eliminato le tutele sociali. Con Barack Obama milioni di persone sono state espulse, figure come John Podesta hanno ottenuto incarichi alla Casa Bianca, e perfino durante la crisi del 2008 non c’è stato alcun tentativo di rompere con decenni di fallimentari politiche economiche.

Quando Hillary Clinton disse che faceva politica da trent’anni, gli elettori avevano molti motivi per essere scettici, visto quello che era successo nei trent’anni precedenti, tra salari stagnanti e disuguaglianza crescente. Scegliendo d’interpretare il ruolo del populista, Trump è riuscito a entrare alla Casa Bianca. Ma ha sprecato il suo mandato. Se Biden farà lo stesso, il prossimo presidente di destra potrebbe non farlo.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul numero 1384 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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