Trump vuole distruggere la democrazia europea
Il 4 dicembre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ricevuto il Premio della pace, fatto su misura per lui dal suo nuovo amico, il presidente della federazione calcistica internazionale (Fifa) Gianni Infantino. Nello stesso giorno la Casa Bianca ha pubblicato la sua “Strategia di sicurezza nazionale”, un documento che serve per comunicare le priorità della politica estera e di sicurezza statunitense. Il documento, abbastanza breve, trasuda trumpismo da tutti i pori.
Comincia con un’affermazione “modesta”: “Abbiamo salvato la nostra nazione e il mondo, che erano sull’orlo della catastrofe”. Anche se la strategia per lo più dà un aspetto formale alle azioni e alle dichiarazioni di Trump e della sua amministrazione, contiene un importante avvertimento per il mondo in generale e per l’Europa in particolare.
Spesso si dice che lo slogan “make America great again” si riferisce ai gloriosi Stati Uniti degli anni cinquanta, anche se molti a sinistra ci vedono più un riferimento all’Europa degli anni trenta. Tuttavia, la strategia di sicurezza nazionale del 2025 guarda a un’epoca ancora più antica, alla dottrina Monroe del 1823. Sulla base di questa teoria il presidente James Monroe mise in guardia le potenze europee, esortandole a non interferire nell’emisfero occidentale (cioè le Americhe), che lui considerava sfera d’interesse degli Stati Uniti.
Ma la strategia del 2025 applica alla dottrina Monroe un “corollario Trump”, secondo cui gli Stati Uniti “arruoleranno” in ogni parte del mondo i paesi che vogliono contribuire a salvaguardare gli interessi nazionali di Washington.
Nella nuova strategia di sicurezza gli Stati Uniti si pongono l’obiettivo di “promuovere la grandezza europea”.
In un linguaggio che sembra preso direttamente dai discorsi di Viktor Orbán durante la cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015-2016, il documento afferma: “Vogliamo che l’Europa rimanga europea, che riacquisti fiducia nella sua civiltà”. Ancor più inquietante è la parte in cui si afferma che “il declino economico” dell’Europa “è eclissato dalla prospettiva reale e più estrema della cancellazione della sua civiltà”. Una tesi che ricorda Il tramonto dell’Occidente (1922), un libro di Oswald Spengler che nel periodo tra le due guerre mondiali ebbe un’enorme influenza sull’estrema destra tedesca e continua ad averla sui circoli dell’estrema destra contemporanea.
La sezione della strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti dedicata all’Europa è intrisa di decenni di propaganda dell’estrema destra
Tutta la sezione sull’Europa nel documento è intrisa di decenni di propaganda dell’estrema destra. L’Unione europea e le politiche migratorie sono considerate responsabili di “aver trasformato il continente e creato tensioni, di aver censurato la libertà d’espressione e represso l’opposizione politica, di aver fatto crollare i tassi di natalità e aver portato a una perdita delle identità nazionali”.
Secondo il documento, “tra vent’anni o meno il continente sarà irriconoscibile. Per questo non è detto che alcuni paesi europei avranno economie ed eserciti abbastanza forti da rimanere alleati affidabili”. Anzi l’amministrazione Trump ritiene che “tra pochi decenni alcuni paesi della Nato diventeranno a maggioranza non europea”. È questo delirio nativista che gli dà il diritto d’intervenire nelle questioni del continente. Ed è chiaro a chi si rivolge: “Gli Stati Uniti incoraggiano i loro alleati politici in Europa a promuovere questa rinascita dello spirito, e la crescente influenza dei partiti patriottici europei è in effetti motivo di grande ottimismo”.
Niente di nuovo
In altre parole, gli Stati Uniti pensano che per la loro sicurezza sia fondamentale rendere di nuovo grande l’Europa, make Europe great again. E credono che l’estrema destra sia l’unica forza politica in grado di farlo. Di conseguenza, la priorità è “coltivare all’interno delle nazioni europee la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa” (cioè aiutare i partiti di estrema destra) e “consolidare le robuste nazioni dell’Europea centrale, orientale e meridionale”, “quei paesi allineati che vogliono ristabilire la loro antica grandezza” (cioè l’Ungheria e l’Italia).
Anche se il documento è vago sul come raggiungere l’obiettivo, è chiaro che una delle priorità di Trump è fare pressione sull’Europa perché adotti una politica sulla libertà d’espressione (in particolare verso i discorsi dell’estrema destra) simile a quella statunitense, e non solo sui social media. Un’altra priorità è normalizzare la Russia o, come dice il documento, “ripristinare una stabilità strategica con la Russia”.
Non sono novità: il discorso di JD Vance alla conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2025 diceva cose simili. Ma forse, ora che queste idee sono in un documento ufficiale, i leader europei capiranno finalmente che Trump fa sul serio.
E se il documento è troppo vago per loro, permettetemi di riassumerlo: l’attuale goveno statunitense pensa che la soluzione migliore per la sua sicurezza nazionale sia la distruzione della democrazia liberale in Europa. In altre parole, gli Stati Uniti non sono un alleato riluttante, sono un avversario convinto. È il momento di agire di conseguenza.
(Traduzione di Francesco De Lellis)