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Il ritmo di Orwell

In questi giorni scade il copyright sulle opere di George Orwell e stanno arrivando molte traduzioni nuove delle sue opere. Mentre lavoravo sulla Fattoria degli animali per la Garzanti, mi sono imbattuta in due canzoni: Animali inglesi e Il compagno Napoleon. La prima è un inno di libertà che viene cantato a rivoluzione avvenuta, il secondo è un brano celebrativo sulla scia di Meno male che Silvio c’è, anche se con un testo più sottile. Cosa sarebbe successo se avessi immaginato questi brani affidati a voci italiane?

Con una bella intuizione, Vincenzo Latronico, traduttore dello stesso romanzo per la Bompiani, ha deciso di chiamare la canzone Bestie d’Inghilterra affidandone la resa a Federico Dragogna, il chitarrista e autore dei Ministri. A quali suoni avrei pensato io? In teoria, Animali inglesi evoca la musica di protesta, qualcosa di combat-folk alla Zen Circus. La realtà è che oggi Animali inglesi sarebbe una canzone di Speranza, con una componente da internazionale banliueusard.

Più complessa la questione di Il compagno Napoleon: che suono ha il potere quando è svuotato di significato e perde il contatto con la rivoluzione, di cui mantiene solo un’impressione superficiale? È un’associazione parodica, più che atto d’accusa, ma Il compagno Napoleon sarebbe un pezzo it-pop perfetto. Facile da memorizzare, interpretabile da una voce accomodante come quella di Tommaso Paradiso, pronta a “poppizzare” un relitto di cui ci vergogniamo ma con cui abbiamo una riluttante intimità a causa del nostro passato, a sogni distrutti.

Questo articolo è uscito sul numero 1391 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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