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Il pubblico chiede umorismo nero, ed ecco Cocainorso 

Cocainorso. (Universal Pictures)

Si fa un gran parlare di ricchi guadagni al botteghino e di commenti di apprezzamento da parte del pubblico, che si è detto sbalordito, frastornato, spiazzato ed esaltato durante le proiezioni di Cocainorso. Dopo essersi sciolti in esuberanti applausi alla fine della proiezione, gli spettatori hanno lasciato entusiasti commenti online. Il che dimostra quanto siano fortunati alcuni film. Arrivano al posto e al momento giusto, colpiscono le persone nel loro punto debole, tanto che basta la parola “cocainorso” per far ridere di gusto altre persone.

Cocainorso è anche di quelle rare, eccentriche e originali produzioni dai mezzi limitati, non un grande film della Marvel o uno da premio Oscar, appena uscito nelle sale. Jesus revolution è un altro esempio. Film come questi forniscono una vaga speranza alla cinematografia hollywoodiana che emerge dal caos della pandemia, facendo anche i conti con uno sciopero della Writers guild of America (il principale sindacato degli sceneggiatori statunitensi). Il settore cinematografico continuerà a portare avanti la sua strategia “Marvel o niente”, o forse comincerà a produrre un numero maggiore, e di maggior qualità, di film in stile Cocainorso?

In questo senso, io sono ovviamente una sostenitrice di Cocainorso, anche se, nonostante il suo successo di pubblico e di critica il film – analizzato come opera cinematografica piuttosto che come un fenomeno industriale – è piuttosto debole. È pieno di raccapriccianti sbranamenti, ma in qualche modo non fa paura, forse a causa dell’orso digitalizzato molto male. E solo a tratti è divertente, anche quando sembra che le battute mancanti si siano scritte da sole. È uno di quei film che hanno davvero bisogno di un pubblico folto, appassionato e vociante per farlo sembrare migliore di quello che è, e vorrei averne fatto parte.

Umorismo nero
Volevo vedere Cocainorso da quando è apparso il memorabile trailer, che ha il tempismo e il selvaggio stile slapstick che speravo di vedere in tutto il film. Il suo assurdo concetto di base tocca un nervo culturale scoperto: anche il titolo è giusto almeno per chi, sufficientemente impazzito a causa dagli eventi apocalittici degli Stati Uniti dell’ultimo decennio, vuole veder riversata questa follia in una forma di umorismo nero dove può accadere ogni sorta di misfatto.

Il solo fatto che i personaggi del film gridino a più non posso “L’orso si è fatto di cocaina!” sembra essere sufficiente per deliziare il pubblico.

Il film si basa sulla storia reale di un orso nero del Tennessee che ingerì un quantitativo enorme di cocaina, parte di un carico gettato da un aereo in seguito a problemi di consegna della droga nel 1985. Il trafficante di droga Andrew C. Thornton II morì nel tentativo fallito di paracadutarsi dall’aereo con settantasette chili di coca legati alla vita. Il film lo documenta, facendo scorrere vecchi e sgranati filmati televisivi del conduttore Tom Brokaw da giovane che riporta la bizzarra notizia del ritrovamento del corpo di Thornton.

Il film diretto da Elizabeth Banks elimina il triste destino del vero orso bruno

Anche l’orso morì quasi subito, naturalmente, per una massiccia overdose, e diventò una leggenda locale, soprannominato “Pablo Eskobear”, un gioco di parole tra bear (orso) e il noto boss della droga. Oggi è impagliato ed esposto in un centro commerciale del Kentucky.

Il film, scritto da Jimmy Warden e diretto da Elizabeth Banks, elimina il triste destino del vero orso bruno, lasciandolo vivere nel film in forma di grizzly cocainomane che terrorizza la popolazione locale. Girato in Irlanda, che fa le veci della Georgia rurale, il film si avvale di un cast eccezionale che si impegna a fondo per ravvivare una sceneggiatura perlopiù piatta, e di cui fanno parte Keri Russell, Alden Ehrenreich, Ray Liotta, O’Shea Jackson Jr, Matthew Rhys, Isiah Whitlock Jr, Margo Martindale, Jesse Tyler Ferguson e Scott Seiss, alias “Angry Retail Guy”, personaggio famoso per i suoi filmati virali.

Talento nelle battute
Seiss, che ha un grande seguito online, offre una delle interpretazioni più notevoli del film, grazie ai suoi eccellenti tempi comici nel piccolo ruolo di un paramedico che affronta l’orso tossicodipendente. Martindale dimostra una bella presenza acida nei panni di un guardaparco con una cotta per l’esperto di fauna selvatica locale (Ferguson), la cui esperienza non gli è di alcuna utilità in un’emergenza così improbabile. E anche perché ha un personaggio scritto meglio di altri, Ehrenreich (visto in Ave, Caesare! e Solo: a star wars story) è fantastico nel ruolo di Eddie, il figlio del trafficante di droga locale, Syd (Liotta). Rimasto vedovo da poco, Eddie è in uno stato di lutto tale che difficilmente riesce a finire una frase senza piangere. Si è fatto un tatuaggio sul petto in onore della defunta moglie, Joan, solo che è stato scritto erroneamente “John”. Ma deve aspettare una settimana perché il tatuaggio guarisca prima di poter sistemare la scritta, “il che significa altri sette giorni di John!”, singhiozza.

È utile avere un simile talento nel pronunciare le battute: si può rendere divertente qualsiasi cosa, come quando all’Eddie interpretato da Ehrenreich viene chiesto dal suo amico e aiutante di Syd, Daveed (Jackson Jr), se le penne che sta mangiando sono con o senza sugo. Eddie scoppia in lacrime e esclama “senza!”, come se l’assenza di sugo della sua pasta fosse ciò che rende la sua tragedia davvero insopportabile.

In uno dei suoi ultimi ruoli cinematografici, Ray Liotta interpreta il principale trasgressore del codice morale del film

Ehrenreich è un attore da tenere d’occhio da diversi anni, ma soprattutto dal suo spettacolare ruolo comico nel film dei fratelli Coen del 2016, Ave, Cesare!. In quel film l’attore interpretava una laconica star dei film di cowboy degli anni cinquanta, Hobie Doyle, che si ritrova improvvisamente a fare il comico in smoking in una farsa dell’alta società chiamata Merrily we dance. Hobie faceva arrabbiare il suo snobistico regista inglese Laurence Laurentz (Ralph Fiennes), che indossava una cravatta in stile plastron, mentre cercava di pronunciare, ripresa dopo ripresa, la battuta scioglilingua “ Would that it were so simple (se solo fosse così semplice)”.

È ancora un attore da tenere d’occhio. Qualcuno trovi a quest’uomo un bel ruolo da protagonista!

Ma molti altri attori del cast sono sprecati, tra cui la bravissima Keri Russell, su cui grava il ruolo poco divertente della madre buona che protegge alcuni bambini in pericolo. Rappresenta la zavorra morale di un film che sostiene la dedizione alla famiglia e l’eroismo durante una crisi e punisce chi trasgredisce. Persino “Cokey, il cocainorso” deve dimostrare la sua dedizione, alla fine, difendendo e poi divertendosi con i suoi adorabili cuccioli di orso dipendenti dalla cocaina.

In uno dei suoi ultimi ruoli cinematografici, Ray Liotta interpreta il principale trasgressore del codice morale del film e, sebbene fosse un’occasione matura per parodiare il suo passato fatto di memorabili parti di gangster e di cattivi, qui gli viene dato ben poco di comico. Sembra che, dietro le quinte, Liotta stesso abbia cercato di porre rimedio a questo problema di dover recitare la maggior parte delle sue scene in modo convenzionale, come ha raccontato l’attore-regista Banks: “Ha chiesto più battute quando ha letto il copione, una cosa che mi è piaciuta molto… Diceva ‘sembra che tutti abbiano delle battute divertenti, devo essere più stravagante in questo film’”.

Tuttavia, sembra che Liotta si sia divertito e si sia davvero immedesimato nell’esperienza cinematografica di Cocainorso. E il tempo trascorso in Irlanda è stato importante per lui: “Ha girato la sua ultima scena, ed era coperto di sangue e budella. E poi ha fatto questo bellissimo discorso [agli attori e ai tecnici]”, ha raccontato Banks a Esquire. “Ha detto: ‘Mi avete adottato. Il mio cognome è Liotta e, a causa della mia carriera, tutti pensano che io sia italiano, ma di recente ho scoperto che in realtà sono soprattutto irlandese… E quindi questo viaggio è stato davvero speciale per me, perché non avevo capito il legame che avevo con questo posto e con il popolo irlandese. E tutti sono stati davvero gentili”. Anche solo per questo, dovremmo essere grati a Cocainorso. Ha contribuito a rendere felice Ray Liotta.

È inoltre interessante vedere la risposta del pubblico a una commedia nera perlopiù mediocre. È evidente che c’è una vera e propria voglia di risate selvagge, macabre, raccapriccianti e fuori degli schemi, che incarnino la nostra reazione impotente al terrore, e che alcuni registi più ambiziosi potrebbero sfruttare. Mentre aspettiamo di essere colpiti dalla prossima fonte di orrore nella vita reale – si tratterà di una devastante tempesta o di un altro disastro naturale legato al cambiamento climatico? Una nuova variante di covid-19 ancora più letale? Un altro incidente ferroviario che sprigiona tossine nocive, o una qualche altra nostra infrastruttura che crolla mettendo a rischio intere regioni? O forse finalmente ci immergeremo nella tanto attesa terza guerra mondiale – la verità è che non poteva esserci un momento più opportuno per un film come questo.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sulla rivista statunitense Jacobin.

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