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Calore

Quand’è che abbiamo smesso di andare d’accordo? Quand’è che bianco e nero, alto e basso, caldo e freddo hanno cominciato a diventare concetti relativi su cui ognuno ha idee diverse?

Ed Hawkins è un climatologo dell’università di Reading, nel Regno Unito. Qualche mese fa ha avuto un’intuizione: “Per provocare un drastico cambiamento di atteggiamento che porti a un movimento di massa, gli scienziati devono riuscire a infiltrare la cultura popolare”. L’emergenza climatica è inevitabilmente raccontata in modo da provocare paura e angoscia, e questo può portare a una reazione di chiusura delle persone. Ma il clima è una questione che non può restare confinata alle discussioni tra politici o scienziati, deve invece entrare nelle conversazioni di tutti i giorni, a scuola, in autobus, nei programmi di intrattenimento, al cinema, nella musica. Hawkins ha preso le temperature registrate sul pianeta dal 1850 al 2018 e ha attribuito a ogni anno una sfumatura di blu o di rosso a seconda della diminuzione o dell’aumento rispetto alla media degli anni tra il 1971 e il 2000. Il risultato è un grafico chiaro, immediato, comprensibile a tutti indipendentemente dall’età, dalla lingua parlata, dalle competenze scientifiche.

Le temperature registrate sul pianeta dal 1850 al 2018: le strisce blu indicano le temperature sotto la media, mentre quelle rosse indicano le temperature sopra la media.

E più di ogni rapporto ufficiale descrive in modo incontrovertibile quello che gli scienziati di tutto il mondo cercano di dire da tempo: che il pianeta si è riscaldato negli ultimi anni in modo brusco e anomalo. E così le warming stripes, le strisce di calore di Hawkins, sono arrivate sui palchi di concerti, nelle cravatte di presentatori televisivi, sulle fiancate di tram, nelle copertine di riviste, come questa settimana su Internazionale.

P.s. In edicola c’è il primo numero di Internazionale Kids, il nostro nuovo mensile con il meglio della stampa di tutto il mondo per bambine e bambini dai sette anni in su. È stato molto divertente farlo, speriamo che lo sia anche leggerlo.

Questo articolo è uscito sul numero 1326 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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