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Problematici

Una fiaccolata in ricordo di Giulio Regeni per il quarto anniversario della sua morte, Milano, 25 gennaio 2020. (Claudia Greco, Agf)

Di tutti i commerci, uno dei più odiosi è quello di armi. Non solo per gli effetti che le armi producono, la morte e la sofferenza che contribuiscono a infliggere, ma anche per le risorse che sottraggono ad altro, per i soldi che costa produrle e comprarle.

Nel 2018 la spesa militare italiana è stata di 25 miliardi di euro, l’1,4 per cento del pil (la spesa per la tutela dell’ambiente è stata dello 0,8 per cento). E la spesa per gli armamenti è stata di 5,7 miliardi. L’Italia è anche esportatrice di armi, fra i primi dieci paesi al mondo. E trent’anni fa, il 9 luglio 1990, per regolare proprio l’esportazione e l’importazione di armi veniva approvata la legge 185 che vieta la vendita a paesi in guerra o dove sono violati i diritti umani.

Nei primi venticinque anni di applicazione della legge i governi italiani hanno autorizzato vendite di armi per 65 miliardi di euro (valore a prezzi costanti). E solo negli ultimi cinque anni per 45 miliardi di euro. Si tratta in realtà di “una legge avanzata e innovativa nei princìpi e nei meccanismi, ma che ha perso molta della sua efficacia a causa di modifiche e applicazioni non corrette, come dimostrano anche casi specifici degli ultimi anni”, spiega la Rete italiana per il disarmo. Armi italiane sono state di recente vendute all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, due paesi impegnati nel conflitto in Yemen, e a paesi definiti con un eufemismo “problematici”: Turchia, Turkmenistan, Qatar, Kuwait e anche all’Egitto.

Amnesty international, Rete disarmo e Rete per la pace hanno lanciato la campagna #StopArmiEgitto per chiedere al governo italiano di rispettare la legge 185 e di non autorizzare la vendita al regime egiziano di due fregate Fremm in dotazione alla marina militare italiana, a cui potrebbero aggiungersi quattro navi e 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e 20 aerei addestratori M-346, per un valore di circa 11 miliardi di euro. Sarebbe la più grande commessa che l’Italia ha autorizzato dal dopoguerra.

Questo articolo è uscito sul numero 1366 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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