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Al diavolo i refusi

Gentile bibliopatologo,
sono un lettore accanito e ultimamente mi imbatto spesso in amici che odiano a morte i refusi nei libri, sia economici sia di edizioni lussuose. Per mia esperienza, libri senza errori non esistono: anche dove non li ho notati, sono certo che mi siano sfuggiti. Tuttavia posso comprendere lo stato d’animo dei miei amici che restano infastiditi nel trovare qua e là dei refusi che rovinano la lettura. Esistono libri privi di errori?

–Marco

Caro Marco,
al diavolo i refusi. Nel 1561 fu pubblicata la traduzione latina di un’Anatomia della messa che era apparsa originariamente in italiano e poi in francese. Un libro di appena 172 pagine in ottavo, a cui l’editore dovette aggiungere però ben quindici pagine di correzioni. L’estensore di questi interminabili errata malediceva due volte Satana, che aveva tentato di sfigurare un’opera tanto devota sia prima sia dopo la stampa. Il diavolo aveva infatti ridotto il manoscritto originario in stato deplorevole, così da renderne difficile la decifrazione, e poi aveva confuso i tipografi, inducendoli a disseminare l’edizione stampata di refusi – “Ritengo che in nessun altro libro siano stati commessi tanti errori, cento se non anche di più”. A quanto pare, il diavolo si accanisce contro i libri che più teme, allo stesso modo in cui tormenta i santi e gli asceti e getta appena un occhio distratto sui viziosi.

Altre volte non è chiamato in causa il principe delle tenebre ma un membro secondario della sua corte, un diavoletto minore dal buffo nome di Titivillus.

La vergine della misericordia, opera del 1485 circa attribuita a Diego de la Cruz. In alto a destra, il diavolo Titivillus.

Lo spagnolo Julio Ignacio González Montañés ne ha ricostruito la storia in un volumetto, Titivillus. Il demone dei refusi (Graphe edizioni). Se ne ha notizia già nel medioevo, ma il suo ruolo malefico di spargitore di errori di trascrizione o di stampa fu consacrato solo nella Francia di fine ottocento. Prima di allora, compilava la lista dei peccati di ogni essere umano.

Tra le due attività, come puoi intuire, esiste un legame molto stretto. Anatole France, nel 1908, riconobbe a Titivillus una funzione provvidenziale: “Credo che questo diavolo cavilloso, ammesso che sia sopravvissuto all’invenzione della stampa, svolga oggi il compito ingrato di rivelare i refusi disseminati nei libri che pretendono di essere accurati”. Quanto più un libro si crede impeccabile, tanto più Titivillus svela al mondo i suoi peccati.

È una variante bibliografica della parabola del fariseo e del pubblicano. Il libro-fariseo, tutto spavaldo nel tempio della biblioteca, esibisce il dorso lustro dicendo: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri libri, pieni di refusi, di sviste e di pasticci”. Il libro-pubblicano non osa neppure alzare il frontespizio al cielo, si batte la copertina e invoca pietà per i suoi refusi, anche per quelli nascosti (ab occultis meis munda me, dice il Salmista). Nella parabola, la preghiera del pubblicano è più gradita al cielo, perché chi si esalta sarà umiliato. Ma con i libri è diverso: il lettore è un dio inflessibile e vendicativo, e non tollera sulla pagina le mille storture con cui è costretto a coabitare nella vita.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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