×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Perché Amnesty international accusa Hamas di crimini contro l’umanità

Militanti di Hamas a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, 20 febbraio 2025. (Hatem Khaled, Reuters/Contrasto)

Nei due anni della guerra israeliana nella Striscia di Gaza, successiva alla strage del 7 ottobre 2023, l’organizzazione per la difesa dei diritti umani Amnesty international ha criticato soprattutto Israele. A dicembre del 2024 ha anche definito “genocidio” quello che lo stato ebraico stava facendo a Gaza, attirandosi le ire delle autorità israeliane.

Oggi Amnesty pubblica un rapporto che dimostra come l’organizzazione sia capace di denunciare le violazioni dei diritti umani a prescindere da chi ne sia responsabile. In questo caso si tratta di Hamas, il gruppo islamista palestinese che ha compiuto la strage del 7 ottobre e che ha ancora, due anni dopo, il controllo delle aree popolate della Striscia di Gaza.

Il rapporto è intitolato “Colpire i civili: omicidi, rapimenti e altre violazioni commesse dai gruppi palestinesi armati in Israele e a Gaza” e denuncia crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi da Hamas e da altre organizzazioni come la Jihad islamica. L’inchiesta si basa sui fatti del 7 ottobre e sulla sorte degli ostaggi israeliani rimasti nelle mani di Hamas (e di altri gruppi) fino alla liberazione dell’ultimo ancora in vita, a ottobre.

I fatti descritti nel rapporto non sono una scoperta: la maggioranza delle 1.200 vittime del 7 ottobre – più di 800, tra cui 36 bambini – erano civili. Il testo documenta le sevizie sessuali compiute quel giorno e durante la lunga prigionia nei confronti di alcune donne in ostaggio, e le torture subite da alcune delle persone rapite.

Il messaggio di Amnesty è che il diritto si applica a tutti, dai governi ai gruppi armati. È la stessa linea seguita dalla Corte penale internazionale quando ha emesso un mandato d’arresto sia contro i leader israeliani sia contro i vertici di Hamas. All’epoca la notizia aveva fatto scalpore. I difensori di Israele, a cominciare dagli Stati Uniti, non hanno accettato le accuse contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, tanto che Washington ha imposto una serie di sanzioni ai giudici della corte.

Difendere il diritto

Il rapporto di Amnesty arriva in un momento in cui il diritto internazionale è in crisi ovunque. Ricordarne i principi fondamentali, dunque, non fa male.

Il documento ha prima di tutto un valore di testimonianza di un’organizzazione che è stata tra le prime a usare la parola “genocidio” per definire i metodi di Israele, e che oggi vuole dimostrare di difendere il diritto tutte le volte che viene violato, da chiunque.

Ma il rapporto deve anche far riflettere chi considera Hamas un movimento di “resistenza”. Un gruppo armato che commette crimini di guerra e crimini contro l’umanità non può incarnare una resistenza, a meno di non voler correre il rischio di ritrovarsi con dei nuovi “khmer rossi” capaci di commettere i peggiori orrori al potere.

I difensori di Netanyahu che si precipiteranno su questo rapporto per dire “ve l’avevamo detto” sbaglierebbero a rallegrarsi. La squalifica politica emessa da Amnesty, infatti, riguarda tutti quelli che violano il diritto internazionale, compreso Israele. Purtroppo, però, la realtà sul campo dimostra che l’impunità è la norma, in un mondo in piena regressione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

pubblicità