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Religioni a scuola

L’audizione di Régis Debray alla commissione del senato francese sull’insegnamento religioso nelle scuole ha suscitato polemiche. Come registra Le Monde, Debray è accusato di essersi pronunciato, lui, l’antico rivoluzionario, a favore del ripristino della divisa per allievi e allieve e della cattedra su un podio. Così la scuola non educherebbe più allo spirito critico, ma imprigionerebbe gli allievi in un’identità angusta fondata sull’obbedienza. Debray, il militante comunista compagno da giovane dei guerriglieri boliviani ai tempi di Che Guevara, poi collaboratore del presidente socialista François Mitterrand, ora massmediologo illustre e accademico Goncourt, sarebbe l’ennesimo caso di estremista rivoluzionario in gioventù che con l’età finisce reazionario ma pur sempre estremista (in Italia un esemplare famoso è stato Mussolini).

Ma il testo dell’audizione (leggibile sul sito del senato francese) mostra che divisa e cattedra sono solo battute provocatorie non felici ma marginali in un discorso ben più serio e complesso. Classi dirigenti votate a inseguire il profitto e ignare d’altri valori tolgono rispetto a cultura e scuola e a ciò che può e deve farsi per l’educazione civile attraverso gli insegnamenti umanistici e storici. Di questi è parte essenziale l’insegnamento critico e storico delle religioni. Ignorare il ruolo dei fatti religiosi non è laicità, ma ignoranza che impedisce la comprensione della storia e delle realtà sociali del mondo contemporaneo.

Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2015 a pagina 87 di Internazionale, con il titolo “Religioni a scuola”. Compra questo numero | Abbonati

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