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Classi capovolte a Parigi

La flipped classroom, la classe capovolta che vuole ribaltare i modi tradizionali d’insegnamento, sta guadagnando spazio anche nei sistemi educativi centralistici come il francese o l’italiano. Le differenze sono interessanti. In Italia attenzione, iniziative, esperienze sono alimentate da singoli insegnanti, come Graziano Cecchinato, Fabio Biscaro o Maurizio Maglioni, da qualche casa editrice come la Erickson di Trento, da organismi di base come l’Associazione docenti italiani o la Fondazione mondo digitale. Interpellato, il ministero è restato lontano.

Altra storia in Francia. Qui gli e le insegnanti che hanno interesse per teoria e pratica della classe inversée hanno costituito un’associazione nazionale e al suo primo congresso nazionale, che si è tenuto al liceo Montaigne di Parigi il 3 e 4 luglio, ha scelto di partecipare lo stesso Menesr, il ministero dell’educazione nazionale, dell’istruzione superiore e della ricerca (seppellito sotto una sigla non molto migliore di quella miagolante del nostro Miur).

A tenere la relazione introduttiva, prima di cinque dense sessioni di confronto e discussione, si è impegnata Catherine Becchetti-Bizot, autorevole direttrice centrale del ministero, una specie di traduzione francese del nostro Marco Mancini. L’adesione ministeriale darà altra forza a diffondere la sostituzione del vecchio binomio monologo frontale del docente più interrogazione con il colloquio interattivo e la sollecitazione personalizzata ad apprendere.

Questo articolo è stato pubblicato il 9 luglio 2015 a pagina 84 di Internazionale, con il titolo “Classi capovolte a Parigi”. Compra questo numero | Abbonati

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