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La campagna contro i curdi riaccende le tensioni tra Baghdad e Ankara

Zakho, Kurdistan iracheno, 22 luglio 2022. Nel villaggio di Parakh dopo il bombardamento. (Safin Hamed, Afp)

Gli iracheni che erano fuggiti dal caldo delle città verso nord, sulle montagne della regione autonoma curda, il 20 luglio si sono svegliati sotto un pesante bombardamento. Nove civili sono rimasti uccisi, tra cui alcuni bambini, e 26 sono rimasti feriti.

L’operazione militare Claw-Lock avviata dalla Turchia ad aprile prende di mira i combattenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) nell’Iraq settentrionale.

Quest’ultimo attacco è avvenuto subito dopo l’arrivo di venti autobus carichi di turisti dalle regioni centrali e meridionali del paese, dove le temperature hanno raggiunto i 50 gradi. Secondo il proprietario del sito turistico finito nel mirino, “il luogo era estremamente calmo prima del tragico bombardamento, e non c’è alcuna attività del Pkk nell’area montagnosa, che è circondata dai posti di blocco turchi”.

Parole di condanna
Da settimane la zona è meta di un forte afflusso di turisti, ed era assolutamente tranquilla al momento del bombardamento, quando si stima fossero presenti circa 1.200 ospiti. In una precedente dichiarazione Jia Amin, direttore del dipartimento del turismo di Zakho, prevedeva che l’affluenza avrebbe raggiunto i 270mila turisti. Ma le sue speranze sono crollate dopo il bombardamento.

Il primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi, come sempre, ha condannato il danno causato “alla vita e alla sicurezza dei cittadini iracheni”.

L’Iraq ha richiamato il suo incaricato d’affari da Ankara e ha convocato l’ambasciatore turco, chiedendo delle scuse ufficiali dalla Turchia e “il ritiro delle sue forze armate da tutto il territorio iracheno”. Il ministero degli esteri turco ha negato qualsiasi responsabilità nell’attacco accusando delle “organizzazioni terroristiche” di usare questi attacchi a fini di propaganda.

Tra gli iracheni si inasprisce la rabbia contro l’aggressione turca. Centinaia di manifestanti hanno protestato di fronte al consolato turco a Baghdad. Ventotto partiti e organizzazioni irachene hanno fatto pressioni sul premier Al Kadhimi affinché prenda una posizione netta contro le ripetute aggressioni turche alla sovranità dello stato.

“Una condanna verbale non basta”, ha scritto su Twitter il leader del movimento sadrista Moqtada al Sadr. “Dobbiamo avviare una escalation attraverso quattro fasi successive: cominciando con il ritiro dei diplomatici iracheni dalla Turchia, passando per il boicottaggio delle aziende commerciali turche e un reclamo al Consiglio di sicurezza dell’Onu, per finire con la rottura degli accordi”.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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