Saper scegliere la parola giusta nel contesto giusto per il giusto pubblico è un compito molto delicato. Una parola inadatta può generare sfiducia, disinteresse, frustrazione. Può far sì che un alunno non riesca ad apprendere i contenuti di una lezione, che un cittadino non comprenda una determinata scelta del governo, che un lettore smetta di leggere un articolo. Per fortuna sappiamo che, aldilà delle preferenze individuali verso determinate parole, ce ne sono alcune che ognuno di noi inconsciamente capisce più facilmente di altre.

Spesso queste parole si riferiscono a oggetti concreti, come per esempio “albero” o “aeroplano” e hanno un livello di precisione medio: non sono né troppo specifiche (come per esempio sarebbe “cipresso”) né troppo generiche (come per esempio “veicolo”). Tuttavia, la ricetta per determinare il giusto grado di concretezza e di specificità di una parola, affinché questa risulti massimamente chiara e informativa in un determinato contesto, resta il sacro graal dello studio del linguaggio.

Concretezza e specificità variano non solo in base al tipo di testo (un articolo scientifico, per esempio, conterrà in media parole più specifiche rispetto a un articolo divulgativo), ma anche in base al tipo di lettore: un testo per bambini conterrà parole mediamente più concrete rispetto a un testo per adulti. Per esempio, per spiegare cosa sia il coronavirus a un bambino, potremmo usare la seguente definizione: “È un piccolissimo animaletto a forma di pallina con delle punte tutt’intorno che entra nel naso e nella bocca e ci fa ammalare”. Avrebbe probabilmente meno successo una definizione del tipo: “è un virus a Rna con proiezioni glicoproteiche superficiali che genera infezioni respiratorie acute”.

Il progetto Abstraction, da me coordinato e finanziato con 1,4 milioni dall’European research council, si occuperà nell’arco dei prossimi cinque anni di trovare la ricetta per la parola giusta nel contesto giusto. Coinvolgerà un gruppo di sei ricercatrici e ricercatori e una rete di collaboratori e collaboratrici di varie università italiane ed europee, ma avrà base all’università di Bologna, presso il dipartimento di lingue, letterature e culture moderne.

Lo scopo è raccogliere giudizi di concretezza e specificità relativi alle parole della lingua italiana e di quella inglese, coinvolgendo migliaia di parlanti attraverso un gioco su un’app per cellulari. Grazie ai dati raccolti sarà possibile capire come la concretezza e la specificità delle parole influiscano sulla qualità di un qualsiasi testo, in funzione dei diversi tipi di lettore: bambini e adulti, esperti e non esperti, avidi lettori e lettori occasionali.

I risultati del progetto potranno essere usati per sviluppare software per la scrittura assistita, che forniscano supporto a vari tipi di autore (insegnanti, accademici, giornalisti, ecc.) nella preparazione di testi che risultino massimamente chiari e informativi per il tipo di pubblico per cui sono stati pensati. ◆

Marianna Marcella Bolognesi è ricercatrice presso il dipartimento di lingue, letterature e culture moderne dell’università di Bologna.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it