15 novembre 2016 17:20

In seguito alla vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi dell’8 novembre, diversi osservatori hanno messo sotto accusa i social network, e in particolare Facebook, per aver facilitato la circolazione di notizie false, che avrebbero favorito il candidato repubblicano.

Nei giorni prima delle elezioni, come ha fatto notare Joshua Benton su Nieman Lab, sono circolati diversi articoli che contenevano notizie false su Hillary Clinton. Per esempio “Hillary Clinton promette la guerra civile se Trump sarà eletto, papa Francesco sorprende il mondo e appoggia Donald Trump per la presidenza e Barack Obama ammette di essere nato in Kenya”.

Il problema è che Facebook ha permesso che queste storie false circolassero molto di più degli articoli che le smentivano: l’articolo sull’endorsement del papa ha avuto più di 868mila condivisioni, l’articolo del sito Snopes che lo smontava solo 33mila.

Facebook ha più di 150 milioni di utenti negli Stati Uniti e, secondo un’indagine del Pew research center, circa la metà degli adulti americani lo usa per informarsi.

Ecco cosa è successo negli ultimi giorni.

  • Il 13 novembre l’amministratore delegato Mark Zuckerberg ha scritto un messaggio su Facebook per difendere la sua azienda, dichiarando: “Più del 99 per cento di quello che le persone vedono su Facebook è autentico”. Zuckerberg ha aggiunto: “Le bufale che ci sono non sono legate a un unico punto di vista o a un unico partito politico. È molto difficile che le notizie false abbiano condizionato le elezioni”. Le dichiarazioni di Zuckerberg sono state accolte con un po’ di scetticismo dagli osservatori. La statistica del 99 per cento, in particolare, è sembrata esagerata.
  • Il social network è da tempo al centro delle critiche per il modo in cui funziona il suo newsfeed, la pagina principale di Facebook dove ogni utente vede gli aggiornamenti postati dai suoi amici. Secondo alcuni esperti, il newsfeed, che funziona in base a un algoritmo creato dallo stesso Facebook, tende a creare delle camere dell’eco (eco chamber) in cui ogni utente interagisce solo con persone che hanno la sua stessa opinione e in cui ognuno vede link che rispondono solo ai suoi gusti e orientamenti personali.
  • Questo aspetto, secondo alcuni, porterebbe a una polarizzazione delle opinioni. Secondo altri esperti però è ingiusto accusare Facebook senza tener conto del comportamento delle singole persone, le vere responsabili della circolazione di bufale su internet.
  • A maggio un’inchiesta del Guardian ha svelato che i trending topic di Facebook erano selezionati da persone e non da algoritmi e il social network è stato accusato di penalizzare le notizie pubblicate dai giornali conservatori, preferendo quelle più vicine alle idee del Partito democratico. L’azienda ha negato le accuse ma ha comunque deciso di affidare di nuovo i trending topic agli algoritmi e non ai suoi dipendenti.
  • Il 14 novembre, come ricorda la Bbc, Facebook ha smentito un’altra notizia circolata con insistenza negli Stati Uniti, secondo la quale l’azienda prima delle elezioni statunitensi aveva creato e poi accantonato uno strumento per eliminare le notizie false perché aveva paura di censurare i conservatori.
  • All’interno di Facebook però non sembrano tutti d’accordo con le dichiarazioni di Zuckerberg, stando a un articolo pubblicato il 15 novembre sul sito BuzzFeed. Più di “una decina di dipendenti” infatti avrebbero creato un gruppo di lavoro informale per affrontare la questione. Alcuni dipendenti, intervistati da BuzzFeed, hanno dichiarato: “Mark Zuckberberg lo sa, e noi lo sappiamo, che le notizie false sono circolate in modo incontrollato durante la campagna elettorale”.
  • Anche Google ha preso posizione sulla questione: il 14 novembre l’azienda di Mountain View ha promesso che impedirà ai siti che pubblicano bufale di usare AdSense, il suo sistema per raccogliere pubblicità online. Poco dopo, anche Facebook ha annunciato una mossa simile, che riguarderà la sua struttura per la pubblicità online, il Facebook audience network.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it