21 luglio 2014 16:42
  • Le persone gay hanno livelli d’istruzione più alti e lavori più prestigiosi. Ecco perché le aziende se le contendono. Il primo di una serie di tre articoli su multinazionali e diritti gay.*

(Cglade/Getty Images)

Le coppie etero sposate attraversano continuamente i confini dei paesi dell’Unione europea senza neanche pensarci un momento, spinte dal fatto che nessun paese possa mettere in dubbio la validità legale della loro unione. Ma questo non vale per le coppie dello stesso sesso.

La libertà di movimento delle coppie gay e lesbiche è puntualmente messa in dubbio e a volte attraversare un confine significa perdere tutti i diritti sociali e fiscali, diventare due estranei davanti alla legge o trasformare i propri figli in orfani.

Tutto ciò ha un effetto negativo sulla vita professionale delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (lgbt) ed è paradossale che i principali passi avanti nella tutela del diritto al lavoro degli omosessuali si stiano facendo grazie alle grandi multinazionali.

Entità sovranazionali alla perenne ricerca di profitto, le aziende globali sono spesso guardate con sospetto e soprattutto non sono considerate dei modelli di comportamento etico. Eppure, negli ultimi anni hanno saputo registrare il cambiamento di mentalità più velocemente della politica e hanno fatto del sostegno ai diritti lgbt una priorità.

Detto in poche parole: l’omofobia fa perdere soldi. Mentre tutelare i diritti degli omosessuali è economicamente vantaggioso. E così nel settore privato la lotta alla discriminazione avanza più rapidamente che in quello pubblico, perché conviene.

Ovviamente l’ideale sarebbe che il progresso scaturisse da una volontà politica, ma con i governi spesso imbrigliati in lunghi dibattiti ideologici il pragmatismo delle multinazionali su questo tema è benvenuto, perché poi finisce per dare una spinta anche alle istituzioni pubbliche.

L’atteggiamento gay friendly delle aziende ha essenzialmente tre effetti:

  1. Aumenta la produttività degli impiegati omosessuali e ne attira di nuovi (relazione tra datore di lavoro e impiegato)

  2. Influenza le culture locali (relazione tra azienda e paese ospitante)

  3. Diventa uno strumento di comunicazione e marketing (relazione tra azienda e i consumatori).

Partiamo dal primo aspetto, in particolare da un video in cui Lloyd Blankfein, amministratore delegato della Goldman-Sachs, dichiara pubblicamente di sostenere il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

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È interessante notare che Blankfein sostiene il matrimonio gay prima di tutto perché “è un buon affare”, e poi anche perché “è la cosa giusta da fare”. Senza nessuna ipocrisia, lancia il messaggio che sostenere i diritti degli omosessuali è un grosso vantaggio per l’azienda.

Successivamente Blankfein ha dichiarato: “Se le persone lgbt non hanno la certezza che le loro famiglie saranno trattate esattamente come le famiglie degli etero, non sono disposte ad accettare incarichi in giro per il mondo. E di conseguenza la nostra azienda non riuscirà ad attirare una fetta di possibili impiegati molto preparati”.

In effetti, i dati dell’istituto statistico britannico indicano che le persone gay e lesbiche hanno livelli d’istruzione più alti rispetto al resto della popolazione e ricoprono più frequentemente ruoli professionali di grado più elevato. Allo stesso tempo però, almeno il 51 per cento degli impiegati gay subisce qualche forma di discriminazione sul lavoro, una cifra che sale al 74 per cento nel caso delle donne lesbiche, vittime di una doppia discriminazione in quanto donne e omosessuali.

Questo ha effetti negativi sulla loro produttività e gli impedisce di raggiungere il loro pieno potenziale.

Liz Bigham, responsabile delle risorse umane alla Ernst&Young, parla del problema della “wife question”, cioè il temuto momento in cui un impiegato gay deve dare spiegazioni sulla sua vita privata. “Scopri quanta energia sprecano le persone a cercare di sembrare quello che non sono”.

Insomma, le aziende vogliono attirare gli impiegati omosessuali e farli sentire a loro agio nel loro ambiente di lavoro, metterli nella condizione di lavorare al meglio per ottimizzare la loro produttività.

Questo è il video che la Ernst&Young ha postato sul suo canale YouTube. Si tratta di un video della campagna It gets better, in cui persone lgbt adulte fanno discorsi d’incoraggiamento ai giovani in difficoltà.

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Senza togliere niente alla carica emotiva di queste persone e alle loro migliori intenzioni, è innegabile che questo video confina con una pubblicità di recruitment. Dopo i primi racconti sull’infanzia dei protagonisti, il messaggio di fondo sembra rapidamente diventare: siamo gay e questa azienda ci tratta benissimo. Vieni anche tu a lavorare qui.

Il Financial Times ha pubblicato cinque regole da seguire per le aziende che vogliono definirsi gay friendly:

• Porta avanti una campagna interna di alto profilo per pubblicizzare l’attenzione dell’azienda sul tema della parità tra gay e etero.

• Pubblica una dichiarazione di sostegno personale da parte dell’amministratore delegato.

• Crea una rete interna di comunicazione tra impiegati gay e lesbiche, da utilizzare soprattutto nei paesi in cui vigono leggi omofobe.

• Sponsorizza eventi della comunità lgbt e gay pride cittadini.

• Assicura la parità di diritti e benefit tra impiegati etero e gay.

È chiaro che l’approccio delle aziende non è etico: fanno prima quello che gli conviene e poi quello che è giusto. La semplice affermazione che i lavoratori gay sono più appetibili degli etero potrebbe sollevare un polverone in un parlamento ma le aziende, libere da condizionamenti politici e ideologici, vanno avanti senza porsi il problema se sia politicamente corretto.

Alle multinazionali non interessano i motivi storici, culturali e psicologici per cui oggi gli impiegati gay e lesbiche ottengono risultati migliori sul lavoro: gli interessa solo accaparrarseli prima degli altri.

Multinazionali e diritti gay

  1. La parità è un buon business

  2. Le aziende che esportano i diritti

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