03 ottobre 2011 14:48

Nessuno ha mai accusato questa rubrica di essere poco ambiziosa, e questa settimana vorrei cercare di dimostrare a voi, ai vostri insegnanti, ai colleghi e alle persone che vi sono care qualcosa che tutti considerate da tempo impossibile: il vostro cervello è molto più potente di quanto chiunque abbia mai pensato.

Il mio punto di partenza, stranamente, è il golf, uno sport che ho praticato per gran parte della mia vita a vari livelli di incompetenza. In uno dei tentativi di migliorare il mio stile ho letto The inner game of golf. La tesi del libro è che se (come me) avete fatto un corso e giocate regolarmente, i vostri muscoli sanno esattamente come si devono muovere per colpire bene la palla. La vostra mente, però, li intralcia di continuo. Si focalizza sulle difficoltà (quel laghetto da superare, quegli alberi da evitare) e spesso è ossessionata da un certo movimento (come ruotare le anche, per esempio) con il risultato che lo esagerate a scapito della naturalezza. Sono tutti casi nei quali l’io cosciente s’intromette in quello che l’io inconscio sa fare benissimo.

La soluzione, dice il libro, è addestrarci a liberare la mente lasciando che sia il giocatore interiore ad assumere il controllo della situazione. E mi è venuto in mente che questo vale anche per la scrittura, perché in tutti noi che la usiamo – per articoli, relazioni, saggi universitari, blog o email – c’è uno scrittore interiore. L’unica cosa che dobbiamo fare è imparare a liberarlo.

Le abitudini degli scrittori famosi sono state studiate quanto le battute dei grandi golfisti, nella speranza di scoprirne il segreto. È affascinante sapere che Lewis Carroll e Hemingway scrivevano in piedi, Proust scriveva a letto in una stanza rivestita di sughero per attutire i suoni, Nabokov davanti a un leggio su cartoncini e Anthony Trollope teneva d’occhio l’orologio perché voleva finire una pagina ogni 15 minuti. Ma forse il più invidiabile di tutti era Graham Greene, che si alzava presto, scriveva 500 parole, poi riteneva finito il lavoro della giornata e faceva colazione. Tutte queste, però, sono solo abitudini esteriori. Non dicono nulla su quanto accadeva nella testa dello scrittore.

Quindi, per cominciare ad applicare le lezioni del libro sul golf, permettetemi di farvi una domanda: vi siete mai chiesti perché trovate tanto più facile scrivere un’email a un amico che non un saggio accademico o una relazione? Perché a un amico scrivete sempre qualcosa che avete vissuto in prima persona. Conoscete bene l’argomento (insomma, non avete bisogno di fare una ricerca) e, senza che ve ne accorgiate, il vostro cervello l’ha già elaborato (cioè l’ha trasformato in una narrazione strutturata), e probabilmente ne avete già parlato con qualcun altro prima di sedervi a scrivere. Non avete fatto nessuna di queste cose consapevolmente, né riscritto una frase perché non vi piaceva. Il lavoro l’ha svolto lo scrittore interiore.

Per garantire che sia lui ad agire (e non il vostro io cosciente), è necessario seguire i processi mentali di cui ho parlato. Una volta fatta la ricerca su un tema, dovete leggere e rileggere il materiale fino a che i suoi elementi fondamentali (anche se non i dettagli) non si sono fissati nella vostra mente, e poi pensare a come raccontarli in modo coerente (la sequenza migliore è spesso quella cronologica). Solo allora potete cominciare a scrivere. E non dovete lasciare che il vostro io cosciente interferisca in nessun modo, perché sarà preoccupato della scadenza, o semplicemente ansioso di finire il lavoro al più presto possibile, e quindi vorrà farvi cominciare a scrivere prima che lo scrittore interiore sia pronto a farlo. L’io cosciente si preoccuperà dei dettagli, e quindi continuerà a interrompervi per controllare nomi, date, luoghi e così via (la soluzione è mettere una X al posto di quel dettaglio, continuare a scrivere e controllarlo dopo). L’io cosciente vorrà anche inserire frasi raffinate e riferimenti inutili, perché pensa che questo renderà la storia più interessante. Ma non è così. Tutte queste interruzioni rovineranno la scrittura, come la preoccupazione che la pallina da golf finisca tra gli alberi rende quasi inevitabile che vada a finire proprio lì.

Infine, se dubitate della forza e dell’abilità del vostro scrittore interiore, permettetemi di chiedervi quante volte avete lavorato fino a tarda notte, scrivendo e riscrivendo, andando a letto insoddisfatti del risultato, e poi, al mattino, vi siete svegliati, vi siete seduti alla scrivania, e avete scoperto che il vostro cervello aveva miracolosamente elaborato il materiale mentre dormivate. Il vostro cervello pesa solo un chilo e mezzo, ma ha tra i 90 e i 120 miliardi di cellule neuronali, e altrettante cellule non neuronali. Forse è ora di lasciare che facciano il loro lavoro senza indebite interferenze da parte del vostro io cosciente.

Credo che questo discorso valga anche per molte altre cose oltre alla scrittura, e mi interesserebbe sapere dai lettori (sulla pagina Facebook di Internazionale) se hanno mai sperimentato l’enorme potenza del loro io interiore.

*Traduzione di Bruna Tortorella.

Internazionale, numero 917, 30 settembre 2011*

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