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Un passo storico nella riforma del regolamento di Dublino sull’asilo

Un richiedente asilo nella caserma Montello a Milano, il 18 marzo 2017. (Antonio Calanni, Ap/Ansa)

La Commissione libertà civili del parlamento europeo ha dato il primo via libera alla modifica del regolamento di Dublino, il sistema comune in materia d’asilo. Il testo è stato approvato con 43 voti favorevoli e 16 voti contrari, dopo una lunga negoziazione parlamentare. La novità principale della misura è l’abolizione del principio del paese di primo ingresso (secondo cui è competente all’esame della domanda d’asilo lo stato in cui il richiedente asilo ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea) e l’introduzione di un sistema automatico e permanente di ricollocamenti in tutti i paesi dell’Unione europea secondo un sistema di quote.

La posizione del parlamento dovrà ora ricevere l’approvazione del Consiglio europeo, cioè dei capi di stato e di governo dei paesi dell’Unione, che sono divisi su questo tema. “È stato un negoziato lungo e complesso, con 21 riunioni dei relatori ombra e svariate riunioni tecniche, in cui siamo riusciti a raggiungere un compromesso di alto livello, votato da una maggioranza ampia e trasversale che va dai socialisti e democratici, ai verdi e la sinistra unitaria, per arrivare ai popolari e ai liberali”, ha commentato l’europarlamentare di Possibile Elly Schlein, relatrice della riforma di Dublino per il gruppo dei Socialisti e democratici.

Cosa cambia
Il criterio del primo paese di accesso viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento secondo un sistema di quote, a cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri dell’Unione europea. “È la prima volta che ci arriva un segnale positivo per quanto riguarda il sistema comune d’asilo, che non va in una direzione esclusivamente restrittiva”, spiega Gianfranco Schiavone, esperto della normativa europea dell’asilo e vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).

“Siamo di fronte a un vero e proprio cambiamento di paradigma rispetto al passato, rispetto all’approccio che l’Europa ha avuto verso il tema dal 1990. In questa riforma ci sono due cambiamenti che impongono una rivoluzione: il primo è la fine del legame tra il primo paese d’ingresso in Europa e la domanda d’asilo”, continua Schiavone. La riforma prevede che la competenza dell’esame della domanda d’asilo venga decisa in base a un principio di solidarietà, in conformità all’articolo 80 del trattato dell’Unione europea.

Per la prima volta viene tenuto conto dei legami familiari

“La competenza dell’esame della domanda non è più affidata solamente alla geografia, cioè non sono competenti nelle richieste d’asilo solo i paesi di frontiera come l’Italia e la Grecia”, spiega Schiavone. “La proposta della Commissione europea manteneva il principio del primo paese d’ingresso, mentre il testo approvato dal parlamento lo elimina. Il richiedente quando arriva in Europa saprà che è irrilevante il punto di ingresso, non è detto che resterà nel primo paese d’arrivo e in questo modo non si creeranno quei fenomeni di fuga che hanno caratterizzato la storia dei flussi migratori degli ultimi vent’anni in Europa”, aggiunge.

Il secondo cambiamento è l’introduzione di un principio che tiene conto dei legami tra il richiedente asilo e lo stato in cui vuole andare. “Per la prima volta viene tenuto conto dei legami familiari, con un allargamento del concetto di famiglia (fratelli, sorelle, figli adulti in carico ai genitori) e viene introdotto il concetto dei legami significativi”, spiega l’esperto dell’Asgi. “Questo significa che se una persona ha frequentato la scuola in un paese o ha avuto precedenti soggiorni in quel paese può chiedere di essere spostato in quel paese”, continua Schiavone. E infine viene introdotto il sistema della sponsorizzazione.

Ci sono anche alcuni elementi negativi, secondo l’esperto dell’Asgi, che riguardano soprattutto i movimenti dei minori. “Questo nuovo approccio prevede che anche i minori siano soggetti a questa ripartizione non tenendo conto del luogo in cui il minore è arrivato: il rischio è di spostare i minori da un paese a un altro, mentre la corte di giustizia ci ha ricordato che bisogna limitare gli spostamenti dei minori il più possibile”, spiega Schiavone.

Ora la riforma passerà al vaglio del Consiglio europeo che però non ha un orientamento comune su questo tema. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha già detto che è inutile insistere sulla ripartizione per quote dei richiedenti asilo, perché gli stati orientali dell’Unione europea sono contrari a questa proposta.

“L’Unione europea al momento è caratterizzata da una guerra tra gli stati e questa guerra si combatte sul regolamento di Dublino. La battaglia politica è completamente aperta perché gli stati membri sembrano bloccati in un veto reciproco. Il problema è che chi si oppone a questa procedura non ne ha un’altra da proporre e il dibattito tra gli stati è estremamente sterile”, conclude Schiavone.

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