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Donna sudanese di 22 anni ospite del centro umanitario di Agadez da maggio 2019. (Olmo Calvo)
Il ghetto di Borgo Mezzanone (Puglia), agosto 2019. (Rocco Rorandelli)
Donna sudanese di 23 anni ospite del campo umanitario di Agadez da agosto 2019. (Olmo Calvo)
Casolari nelle campagne di Palmori (Puglia), agosto 2019. (Rocco Rorandelli)
Donna sudanese di 22 anni ospite del centro umanitario di Agadez da novembre 2019. (Olmo Calvo)
Casolare nella zona di Taurianova, nella campagna di Gioia Tauro, aprile 2018. (Rocco Rorandelli)
Donna sudanese di 22 anni ospite del centro umanitario di Agadez da novembre 2019. (Olmo Calvo)
La vecchia tendopoli di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018. (Rocco Rorandelli)
Donna sudanese di 47 anni ospite del centro umanitario di Agadez da aprile 2019. (Olmo Calvo)
Una porzione della vecchia tendopoli di San Ferdinando dopo il rogo del 27 gennaio 2018, San Ferdinando (Calabria), aprile 2018. (Rocco Rorandelli)

Da Agadez a Rosarno

L’ong Medici per i diritti umani (Medu) presenta la mostra Agadez-Rosarno. Luoghi migranti allo specchio con le foto di Olmo Calvo e Rocco Rorandelli che con approcci e stili diversi raccontano storie di persone incontrate sulle rotte migratorie tra Africa ed Europa.

Olmo Calvo, fotogiornalista spagnolo, è stato ad Agadez, in Niger, una città nel deserto da cui tradizionalmente partono i flussi migratori dall’Africa occidentale verso il Mediterraneo, passando per la Libia. Dal 2017 però rifugiati e richiedenti asilo, soprattutto sudanesi, hanno cominciato a tornare indietro, ad Agadez, in fuga dalle torture che subiscono nei centri di detenzione libici. Calvo ha incontrato i pazienti assistiti dai medici e dagli psicologi di Medu, all’interno del campo gestito dall’Unhcr. Olmo si è soffermato sui volti di donne ferite da esperienze difficili da raccontare e che si ritrovano a vivere in una situazione di transito, tra la speranza e la rassegnazione.

Rocco Rorandelli, del collettivo italiano TerraProject, è stato in Calabria e in Puglia, dove migliaia di lavoratori stranieri vengono sfruttati come braccianti agricoli. Il fotografo ha accompagnato la clinica mobile di Medu e ha raccontato i luoghi dove vivono i braccianti – baracche, tende, casolari – costruendo un paesaggio aereo di desolazione e abbandono.

La mostra sarà inaugurata il 14 dicembre da Rufa space, a Roma, e resterà aperta fino al 20 dicembre e poi dal 7 al 10 gennaio. È stata realizzata con il sostegno della chiesa valdese e della Rome university of fine arts (Rufa) e patrocinata dall’assessorato alle politiche per l’integrazione, diritti e pari opportunità del municipio II di Roma.

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