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Grido di rivolta

Aglaja Veteranyi
Lo scaffale degli ultimi respiri
Keller, 132 pagine, 14 euro

Un grande scrittore svizzero, Peter Bichsel, ha espresso molto bene la reazione che si prova di fronte a questo Scaffale degli ultimi respiri: “Qui scrive un’autrice dall’alto della fune, io guardo dal basso e mi si blocca il respiro”. Romena, morta suicida a Zurigo a quarant’anni dopo essere passata da Polonia, Repubblica Ceca, Spagna e altri paesi, anche perché di famiglia circense, Aglaja Veteranyi si è imposta nei paesi di lingua tedesca come un’Ágotha Kristóf meno pronta a una resistenza attiva al dolore e alla perdita delle radici grazie a due poemetti narrativi essenziali e durissimi, l’altro è Perché il bambino cuoce nella polenta. “Mi crescono addosso lingue straniere, prima le imprecazioni, poi le dichiarazioni d’amore. / Ti piace qui? / In tutti i paesi tutti vogliono sapere la stessa cosa. / Solo in Romania nessuno te lo chiede, dice la zia”. È intorno alla morte della zia e al personaggio di uno zio artistoide che Veteranyi, con disperata durezza, riesce a parlare di sé e della difficoltà di reagire a un destino non bello. La morte della zia è il punto di non ritorno, ed è osservata con disperata lucidità, visto che la morte non ha niente di consolante. È a un’infanzia e un’adolescenza non comuni, ma neanche rare nelle migrazioni, che Aglaja ritorna, come in un testamento, un grido di rivolta contro una condizione umana, contro la condizione umana. ◆

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