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Le Olimpiadi finiscono senza disastri e con un sospiro di sollievo

Tokyo, Giappone, 8 agosto 2021. La cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. (Kim Kyung-Hoon, Reuters/Contrasto)

La fiamma olimpica si è spenta in Giappone l’8 agosto, mettendo fine al misterioso spettacolo dei giochi ai tempi della pandemia. Quando, lo scorso anno, le Olimpiadi di Tokyo erano state rinviate, gli organizzatori speravano che sarebbero diventate il simbolo di come l’umanità aveva vinto il covid-19. Tale speranza si è rivelata prematura. I giochi, tenutisi in stadi vuoti in un clima di diffusa avversione da parte della popolazione, saranno probabilmente ricordati come un esempio di quanto strana e inquieta era diventata la vita durante la pandemia.

Per il Giappone, Tokyo 2020 (come gli organizzatori hanno voluto comunque chiamare i giochi) lascerà un’eredità discussa. ll paese ha registrato vari primati. La sua squadra olimpica ha raccolto 27 medaglie d’oro e 58 in totale, due record storici per il paese. Ha avuto il più giovane vincitore di una medaglia d’oro di sempre, lo skateboarder tredicenne Nishiya Momiji. E ha raggiunto nuovi picchi nel suo numero di casi quotidiani di covid-19, che hanno superato i 15.700 all’indomani della cerimonia di chiusura.

Molti giapponesi hanno celebrato i trionfi sportivi, nonostante i dubbi espressi prima dell’inizio dei giochi. I tifosi, visto il divieto d’assistere di persona alla maggior parte degli eventi, si sono radunati all’aperto per cercare di afferrare alcune immagini delle competizioni ciclistiche o di skateboard. Questo entusiasmo non si è esteso all’evento nel suo complesso o ai suoi organizzatori, come avevano sperato i dirigenti giapponesi. Anche se il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha attribuito al primo ministro Suga Yoshihide una medaglia d’oro onoraria, il tasso d’approvazione del suo governo, presso la popolazione giapponese, è sceso sotto il 35 per cento, anche questo un nuovo primato.

Dentro una bolla
Le tensioni sono state evidenti fin dall’inizio. La notte dell’apertura una lunga colonna di manifestanti ha marciato attraverso il centro di Tokyo fino al nuovo stadio olimpico. Durante i momenti di calma della cerimonia, il loro slogan “stop alle Olimpiadi” è risuonato all’interno dell’impianto perlopiù vuoto. I tifosi si sono riuniti poco lontano, sulla stessa strada, e hanno assistito alla cerimonia trasmessa in streaming sui loro smartphone o con lo sguardo verso il cielo, in direzione dei fuochi d’artificio e degli spettacoli di droni che si alzavano al di sopra dello stadio. Per tutta la durata della competizione gli olimpionici hanno fatto la spola tra alberghi e impianti, dove hanno gareggiato di fronte a sparuti gruppi di volontari, funzionari e giornalisti. Nelle città ospitanti sono spariti i riferimenti ai giochi, e non si sono visti le grandi folle e il buon umore che di solito accompagnano tali eventi. “È tutto un po’ solitario”, si è lamentato Iizuka Masaki, un collezionista di spille sportive che, la scorsa settimana, è rimasto in attesa fuori dai cancelli pesantemente sorvegliati allo stadio di Tokyo, nella speranza di trovare partner dall’estero con cui effettuare scambi.

Gli organizzatori si sono rallegrati del fatto che, a quanto sembra, i giochi non siano diventati un evento responsabile di una grande diffusione del virus, come alcuni temevano. Più di cinquantamila persone, provenienti da più di duecento nazioni, sono arrivate in Giappone. Solo 436 di esse sono risultate positive. Anche se alcuni atleti – e l’intera squadra greca di nuoto artistico – hanno dovuto rinunciare perché risultati positivi ai test, le gare si sono svolte senza problemi. Alcuni atleti e un manipolo di addetti all’organizzazione hanno visto le loro credenziali revocate per aver infranto il protocollo e girovagato nel villaggio olimpico. Ma finora non è emersa alcuna prova che colleghi questi incauti olimpionici ai focali virali diffusi nella popolazione generale del paese. Eppure fuori dalla bolla olimpica, la diffusione della variante delta ha messo sotto pressione gli ospedali. Il governo ha decretato la scorsa settimana che solo i pazienti gravemente malati o ad alto rischio sarebbero stati ricoverati. Gli altri hanno dovuto rimettersi da casa (i decessi sono rimasti relativamente bassi, grazie in parte agli alti tassi di vaccinazione tra gli anziani). Il 2 agosto lo stato di emergenza a Tokyo e Okinawa è stato esteso ad altre quattro prefetture.

Molti esperti di salute pubblica credono che le Olimpiadi siano uno dei motivi della recrudescenza di casi. Dall’inizio della pandemia, tuttavia, la capacità del Giappone di contenerla si è fondata sulla cooperazione della popolazione. Il governo non ha l’autorità legale per imporre dei rigidi confinamenti; le sue dichiarazioni di emergenza equivalgono, in sostanza, a una richiesta alle persone di limitare i loro spostamenti, e alle attività commerciali di chiudere presto e di smettere di servire alcolici. L’attuale stato di emergenza è il quarto del suo genere e nel paese si è diffusa una certa stanchezza.

Lo svolgimento delle Olimpiadi ha rafforzato la compiacenza. Il traffico pedonale, ad esempio, è diminuito molto meno durante l’attuale stato di emergenza che durante quelli passati. “Dal momento che le Olimpiadi si svolgono regolarmente, la gente pensa che non ci siano problemi a uscire”, ha detto Onishi Moeri, che la scorsa settimana si è unito a una folla che scattava foto accanto agli anelli olimpici. Come ha detto Iizuka, “sono state delle Olimpiadi molto insolite”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dall’Economist.

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