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Il piano di Gabriel Boric per riformare l’istruzione in Cile

Valparaíso, Cile, 27 gennaio 2020. Una protesta di studenti contro i test di ammissione all’università. Sui cartelli è scritto: “Per un’educazione libera, la ribellione è giustificata”. (Rodrigo Garrido, Reuters/Contrasto)

Alexis Marambio è cresciuto in un piccolo appartamento di La Pintana, un quartiere povero di Santiago, la capitale del Cile. Per buona parte della sua vita ha diviso la stanza con il fratello. La sorella fino a 13 anni ha dormito nel letto con i genitori. I muri della sua vecchia casa sono ancora coperti di macchie d’umidità causate dalle perdite nelle tubature. Le sbarre alle finestre tengono lontani i ladri ma anche la luce del sole. “Questo è il lato oscuro del Cile”, dice.

Eppure Marambio, che oggi ha trent’anni, è stato il primo della sua famiglia a frequentare l’università. I suoi genitori hanno lavorato giorno e notte per pagare parte delle spese e oggi lui ha un debito studentesco di 20mila dollari. D’altra parte l’istruzione è stata la sua scala per uscire dalla povertà: dopo aver lavorato per un politico locale e poi per un’azienda di sondaggi, Marambio si è trasferito in un altro quartiere e ha comprato una casa per i genitori.

La storia di Marambio è un successo del sistema educativo cileno. Da quando nel paese è tornata la democrazia, nel 1990, il numero di studenti iscritti ai corsi di laurea è quintuplicato. A metà degli anni duemila il 70 per cento dei nuovi iscritti apparteneva a famiglie in cui nessuno aveva mai frequentato l’università. Oggi il 59 per cento della spesa per la formazione universitaria viene dalle famiglie, mentre la media dell’Ocse, organizzazione composta soprattutto da paesi ricchi, è del 30 per cento. In Cile le tasse universitarie sono le più alte, rispetto al potere d’acquisto, tra i paesi dell’Ocse dopo il Regno Unito e gli Stati Uniti.

Meno iscritti alle scuole pubbliche
Il malcontento per il sistema dell’istruzione è all’origine di alcune delle proteste più grandi della storia del Cile. Nel 2006 gli studenti delle scuole secondarie scesero in piazza contro le disuguaglianze nel sistema scolastico, seguiti nel 2011 dagli studenti universitari. Nelle proteste sociali scoppiate nel 2019 i manifestanti se la sono presa, tra le altre cose, anche con le tasse universitarie molto alte. Il nuovo presidente del paese, Gabriel Boric, 36 anni, ha cominciato la sua carriera come leader studentesco, insieme a molti componenti del suo governo. “La battaglia per un’istruzione pubblica, gratuita e di buona qualità è stata una lotta per un modello diverso di società”, ha detto a novembre. Come presidente vuole riformare il sistema scolastico, ma ci sono dei rischi.

Nel 2016 la presidente socialista Michelle Bachelet ha reso l’università gratuita per il 60 per cento più povero degli studenti

Durante il regime militare di Augusto Pinochet, tra il 1973 e il 1990, si ampliò l’uso di test standardizzati e fu introdotto un sistema di voucher che prevede il versamento di fondi pubblici nelle casse di alcune scuole private in base al numero delle iscrizioni. La conseguenza è stata che la maggior parte dei genitori ha scelto le scuole private finanziate con fondi pubblici. Tra il 1981 e il 2020 la percentuale di ragazzi iscritti a queste scuole è passata dal 15 al 54 per cento, mentre quella degli iscritti alle scuole pubbliche è crollata dal 78 al 33 per cento. La percentuale degli iscritti alle scuole private più esclusive (non finanziate dal governo) è rimasta intorno al 10 per cento.

Per alcuni analisti il sistema ha prodotto buoni risultati: il Cile è al primo posto tra i paesi dell’America Latina nei test condotti dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, per valutare le capacità scientifiche, matematiche e di lettura dei quindicenni di tutto il mondo. Ma altri esperti sostengono che le scuole private finanziate dallo stato abbiano allargato il divario tra ricchi e poveri. Prima del 2016, quando la presidente socialista Michelle Bachelet ha introdotto una serie di riforme, queste scuole selezionavano gli studenti in base ai propri criteri, tra cui i voti ottenuti nelle scuole primarie o l’appartenenza dei genitori alla comunità cattolica. Inoltre questi istituti potevano chiedere il pagamento di una retta aggiuntiva.

Uno studio pubblicato nel 2016 da due accademici cileni, Gregory Elacqua e Humberto Santos, ha confrontato il grado di istruzione degli studenti ricchi e poveri all’interno del sistema dei voucher con quello che sarebbe successo se ogni studente avesse semplicemente frequentato la scuola più vicina a casa. La conclusione è stata che la segregazione nelle scuole era maggiore rispetto ai quartieri. Questo risultato smentisce la tesi secondo cui le scuole finanziate dallo stato riflettono semplicemente la realtà delle comunità a cui fanno riferimento.

La strada segnata da Bachelet
I cileni più ricchi ottengono risultati migliori anche all’università. Per riuscire a seguire un percorso universitario gli studenti devono superare un test di ammissione simile al Sat statunitense, e più di metà di chi ottiene i punteggi migliori fa parte del 10 per cento che ha frequentato le scuole private di élite. Gli studenti che non ottengono un buon punteggio di solito devono accontentarsi di istituti tecnici meno prestigiosi. Questo significa che molti studenti più poveri completano il percorso universitario con debiti enormi e ottengono titoli di studio che i datori di lavoro non tengono in grande considerazione. Il 54 per cento di chi ha contratto un debito per studiare è insolvente o in ritardo con i pagamenti. Negli Stati Uniti la percentuale non supera il 32 per cento.

Boric ha promesso di migliorare le scuole pubbliche primarie e secondarie, ma finora non ha dato dettagli sui suoi piani

I diversi presidenti che si sono alternati alla guida del paese hanno cercato di modificare il sistema. Sebastián Piñera, il leader di destra che ha affrontato le proteste del 2011, ha ridotto il tasso d’interesse sul principale debito studentesco portandolo dal 6 al 2 per cento. Nel 2016 Bachelet ha reso l’università gratuita per il 60 per cento più povero degli studenti. Questa concessione è stata accolta molto favorevolmente, anche se la riforma potrebbe aver causato una riduzione dei fondi disponibili per l’istruzione primaria e secondaria. Tra il 2012 e il 2018 la spesa pubblica per la formazione universitaria in Cile è aumentata più che in ogni altro paese dell’Ocse, mentre quella destinata all’istruzione non universitaria è cresciuta a un ritmo leggermente superiore alla media Ocse.

Boric ha promesso di migliorare le scuole pubbliche primarie e secondarie, ma finora non ha dato dettagli sui suoi piani. Si è impegnato a portare avanti alcune delle riforme di Bachelet e ad aumentare i finanziamenti pubblici per gli asili nido, ma sembra anche deciso a rimuovere le “dinamiche di mercato” dal sistema formativo, cioè a ridurre la concorrenza. Boric vorrebbe sostituire un “curriculum mastodontico e pieno di nozioni” con un percorso basato sulla creatività, il genere, il multiculturalismo e l’ambiente. Anche alcuni strumenti di valutazione degli insegnanti potrebbero essere messi da parte.

Secondo Fabián Guajardo, esponente del gruppo di lavoro di sinistra Nodo XXI, questo ridurrà la pressione su insegnanti e studenti, un cambiamento che i sindacati dei docenti chiedono da tempo. Tuttavia Cristián Cox Donoso, dell’università Diego Portales di Santiago, paragona il processo all’atto di “demolire un edificio dopo averlo costruito per vent’anni”. Secondo lui, i politici devono avere la possibilità di “verificare ogni anno se gli studenti stanno rispettando gli obiettivi di lettura, matematica, scienze, storia e scienze sociali, in modo da poter migliorare il sistema”, dice, ma “la sinistra romantica… vuole sbarazzarsi di questo”. Il nuovo ministro dell’istruzione era un insegnante.

Boric vorrebbe cancellare tutti i debiti studenteschi e ampliare il sistema dell’università pubblica e gratuita. Secondo i suoi collaboratori, la cancellazione del debito costerebbe 4,7 miliardi di dollari. Altre stime sono più elevate, soprattutto se si calcolano i debiti di cui lo stato si sta già facendo carico. A dicembre Boric ha previsto che il costo totale della sua politica scolastica ammonterebbe a 12 miliardi di dollari, il 3,4 per cento del pil. I dettagli del piano sono da definire, ma probabilmente sarà implementato nei prossimi vent’anni.

Il ministro delle finanze, Mario Marcel, sembra consapevole del fatto che la cancellazione del debito studentesco è una rivendicazione soprattutto della classe media. “Non vogliamo che l’eliminazione del debito sia pagata dai lavoratori o dagli abitanti dei quartieri poveri”, spiega. Marcel è convinto che la nuova politica andrebbe finanziata attraverso un aumento delle tasse, e nei prossimi quattro anni vorrebbe portare gli introiti fiscali complessivi dal 21 al 26 per cento del pil.

Per Boric sarà difficile fare marcia indietro. I suoi sostenitori vogliono la cancellazione dei debiti studenteschi e si arrabbierebbero se non la ottenessero. Tra l’altro i giovani cileni più istruiti non hanno paura di far sentire il loro malcontento nelle strade, e il nuovo presidente lo sa bene.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist. Internazionale ha una newsletter che racconta cosa succede in America Latina. Ci si iscrive qui.

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