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La Tunisia non è un paese sicuro per i migranti

Una protesta contro le condizioni dei migranti subsahariani a Sfax, in Tunisia, 7 luglio 2023. (Houssem Zouari, Afp)

Tra il 2 e il 6 luglio centinaia di migranti subsahariani sono stati trasferiti con la forza dalla città portuale di Sfax, in Tunisia, fino a una zona desertica, vicino al valico di frontiera di Ras Jedir, al confine con la Libia. La polizia tunisina ha fatto delle retate in alcuni quartieri di Sfax, ha arrestato gli stranieri, in alcuni casi ha detto loro che li avrebbe portati a Tunisi per salvaguardarne la sicurezza, date le tensioni che erano scoppiate negli ultimi giorni, culminate in una vera e propria “caccia al migrante”.

Ma poi invece li ha condotti con la forza al confine con la Libia e con l’Algeria e li ha abbandonati lì. Tra loro c’erano donne incinte, bambini e persone con lo status di rifugiato. Molti hanno denunciato di avere subìto violenze e maltrattamenti dalle forze dell’ordine durante i trasferimenti. La polizia e le autorità tunisine negano questi rastrellamenti, che sono stati tuttavia documentati da numerosi migranti e da organizzazioni che si occupano di diritti umani.

“Il governo tunisino dovrebbe interrompere le espulsioni collettive e portare aiuti umanitari ai migranti africani e ai richiedenti asilo già espulsi in un’area pericolosa al confine tra Tunisia e Libia. Sono senza cibo e senza assistenza medica”, ha affermato Lauren Seibert, ricercatrice di Human rights watch. “Non solo è inconcepibile abusare delle persone e abbandonarle nel deserto, ma le espulsioni collettive violano il diritto internazionale”.

Human rights watch ha intervistato telefonicamente cinque persone che erano state espulse, tra cui un richiedente asilo ivoriano e quattro migranti (due uomini ivoriani, un uomo camerunese e una ragazza camerunese di 16 anni). “Non sono stati in grado di fornire un numero esatto, ma hanno detto che dal 2 luglio le autorità tunisine hanno espulso tra le 500 e le 700 persone nella zona di confine, a circa 35 chilometri da Ben Gardane”, denuncia il comunicato di Human rights watch.

“Le persone espulse erano di diverse nazionalità africane e tra di loro c’erano almeno 29 bambini e tre donne incinte, hanno detto gli intervistati. Almeno sei persone espulse erano richiedenti asilo registrati presso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), mentre almeno due adulti avevano tessere consolari che li identificavano come studenti”, continua il rapporto. Altri migranti sono stati portati al confine con l’Algeria.

Questa operazione di polizia è avvenuta dopo giorni di tensione nella città tunisina, un porto da cui partono molti migranti subsahariani diretti in Italia, dopo la morte di un tunisino rimasto ucciso con un’arma da taglio durante una rissa tra il 3 e il 4 luglio. Tre uomini di nazionalità camerunese sono stati arrestati, ma sono state rilasciate pochissime informazioni ufficiali su questo caso. Dopo l’accoltellamento, ci sono stati violenti sconti tra residenti e migranti in alcuni quartieri di Sfax e le tensioni sono andate avanti per giorni.

In un comunicato stampa il presidente tunisino Kais Saied ha affermato che il suo paese non vuole essere una zona di transito o di accoglienza”. A fine febbraio, sui social e sui mezzi d’informazione tunisini era cominciata una campagna di odio verso i migranti subsahariani lanciata dal Partito nazionalista tunisino e rafforzata da un discorso di Saied che accusava “orde di clandestini di essere fonte di violenza, reati e azioni inaccettabili”. Nelle settimane successive al discorso, le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato decine di aggressioni verso i migranti, anche verso quelli che abitavano nel paese da molto tempo.

Gli interessi europei

Nell’ultimo ano la rotta tunisina è diventata la prima via d’ingresso in Europa, percorsa anche da migranti subsahariani, mentre prima era usata solo da cittadini tunisini. Anche per questo, l’11 giugno la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva incontrato Kais Saied insieme alla presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni e all’olandese Mark Rutte, promettendo un investimento di un miliardo di euro per sostenere l’economia tunisina al collasso, in cambio del rafforzamento del controllo delle frontiere terrestri e marittime.

Al Consiglio europeo di fine giugno è emersa inoltre la volontà di Bruxelles di rendere la Tunisia un partner privilegiato per l’esternalizzazione della frontiera europea, facendo leva sulla sua situazione economica, anche se il contenuto dell’accordo che gli europei stanno negoziando con Tunisi rimane riservato. Ma dopo le deportazioni a Sfax verso la Libia e verso l’Algeria in molti si chiedono se l’Europa sia disposta a chiudere gli occhi di fronte alle violazioni profonde e sistematiche dei diritti umani contro gli stranieri nel paese.

Secondo gli esperti, è la prima volta che queste espulsioni assumono proporzioni del genere, anche se c’erano stati casi simili in passato. E contravvengono a tutte le convenzioni sui diritti umani ratificate dalla Tunisia. In parte questo clima è il frutto anche delle pressioni fatte dall’Unione europea, secondo gli attivisti per i diritti umani. Infatti Sfax oltre a essere uno dei porti di partenza delle imbarcazioni dirette in Europa, è anche uno dei porti in cui sono fatti sbarcare i migranti che sono intercettati in mare dalla guardia costiera tunisina e riportati indietro nel paese nordafricano.Le intercettazioni e i respingimenti sono al centro delle trattative tra Tunisi e Bruxelles delle ultime settimane: nel pacchetto da un miliardo di euro, più di cento milioni dovrebbero essere destinati tra le altre cose al rafforzamento della guardia costiera tunisina.

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Questo articolo è tratto da una newsletter di Internazionale sulle migrazioni. Ci si iscrive qui.

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