A scuola nel bosco
Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2018 nel numero 1275 di Internazionale.
Armati ciascuno di una piccola sega, Bertram e Hjalte, quattro anni, cominciano il loro pomeriggio a scuola dedicandosi a un’asse di legno. L’hanno messa in una morsa, all’angolo di uno spesso tavolo quadrato, alla loro altezza. Hanno indossato i loro guanti e lavorano concentrati. Sembra che non ci sia nessun adulto a guidarli. All’inizio il compito appare complesso. Difficile credere che riusciranno a portare a termine il loro progetto. Ma appena arriva Lars, uno degli insegnanti, i bambini gli chiedono una sega più grande. L’uomo gli consegna l’attrezzo richiesto e rimane lì vicino.
Siamo alla scuola materna Skoven, non lontano dalla cittadina di Holeby, sull’isola danese di Lolland. Questa scuola è una skovbørnehaver, letteralmente “scuola materna forestale”. L’istituto, che si trova al limitare di una faggeta, è frequentato tutti i giorni da 29 bambini dai tre ai sei anni. In quello che somiglia a un allegro campo di cacciatori, lo spazio è vasto e piuttosto stupefacente. Oltre a una casetta gialla con lo scheletro di legno a vista e il tetto di paglia, ci sono numerose costruzioni in legno, fabbricate nel corso degli anni: un laboratorio di bricolage, alcune panchine, un focolare, un forno per il pane, alcuni totem scolpiti e una capanna per il riposino dei più piccoli. Ci sono anche un piccolo campo di calcio, delle altalene, una pista per trattori giocattolo, un pagliaio e dei crani di animali come decorazione. Un altro edificio ospita una biblioteca ben fornita e degli scaffali pieni di scatole contenenti materiali per insegnare i numeri e altre cose tipiche di una scuola materna.
È l’inizio di marzo, il cielo è limpido, la temperatura supera di poco lo zero e il suolo è coperto di fanghiglia. Ovunque spuntano piccoli germogli d’aglio orsino dall’odore penetrante. Presto i loro fiori bianchi si schiuderanno. Tutti i bambini hanno vestiti pesanti, stivali imbottiti, cappelli e guanti. “Non esiste il brutto tempo, esistono solo vestiti sbagliati”, dice un proverbio. Solo in caso di tempesta o nebbia intensa il gruppo si rifugia all’interno. All’ora di pranzo siedono nella veranda accanto alla casa: tengono addosso il cappotto e si tolgono solo i guanti per mangiare.“Quest’inverno abbiamo passato cinque giorni al chiuso, molti di più dell’anno scorso”, si lamenta Ragna, l’insegnante che ha creato Skoven (“foresta” in danese) 26 anni fa.
All’epoca lavorava alla scuola materna di Holeby, diretta da Jesper Lund. I due decisero di aprire una classe supplementare nella foresta. Ai loro occhi un’aula al chiuso non poteva essere il luogo più adatto allo sviluppo dei bambini. A convincerli ulteriormente furono le ricerche del biologo svedese Patrik Grahn, che ha studiato i benefici del contatto quotidiano con la natura sui bambini: si ammalano di meno, sono più socievoli e si concentrano meglio.
Dal 1992, quindi, gli alunni di Skoven si riuniscono tutte le mattine alla scuola materna di Holeby e prendono un autobus che li porta alla loro base nella foresta. In Danimarca ci sono circa settecento scuole materne di questo tipo: più o meno il venti per cento delle classi si trova nella natura. La prima scuola materna forestale è nata nel 1952, quarant’anni prima di Skoven, in un ricco quartiere periferico di Copenaghen, Søllerød. Ella Flatau, all’epoca insegnante di musica, aveva fondato una scuola privata, “la materna itinerante”: ogni giorno accompagnava un gruppo di bambini nella foresta.
Due anni dopo le autorità cominciarono a incoraggiare iniziative simili. L’obiettivo era prima di tutto economico: queste scuole, che avevano bisogno di poche infrastrutture, permettevano di accogliere un maggior numero di bambini in un’epoca in cui aumentavano le donne che lavoravano. “A quei tempi l’aria buona era considerata la soluzione a ogni problema”, racconta Sisse Trolle-Laiq, consigliera responsabile delle scuole materne al comune di Copenaghen.
Sessant’anni più tardi, diversi studi hanno confermato i benefici delle scuole all’aria aperta, sia sulla psiche sia sulla capacità d’apprendimento dei bambini. Giocare all’aperto mette più spesso i bambini in condizione di sperimentare cose nuove e di prendere dei rischi. In questo modo imparano ad avere meno paura di commettere degli errori, fatto fondamentale per diventare un bravo alunno.
A Skoven, Bertram è finalmente venuto a capo della sua asse di legno. “Lars, guarda!”, esclama trionfante, prima di rimettersi all’opera. Poco lontano Matilde e Clara, anche loro di quattro anni, intagliano un pezzo di legno con un coltello. Poi Bertram, insieme al suo compagno, si sistema su un cavalletto per occuparsi di un ciocco di legno. Per essere un bambino così piccolo, taglia il legno in maniera sorprendentemente precisa. Ma soprattutto ha scelto un’attività, ci si è dedicato ed è riuscito a portarla a termine con successo. In questo modo ha sviluppato la sua coordinazione, la sua concentrazione e la sua fiducia in sé stesso. Secondo numerosi studi, passare molto tempo all’aria aperta permette inoltre ai bambini di approfondire la loro coscienza ecologica.
Senza paura
Per Lone Svinth, ricercatrice in psicologia all’università di Aarhus, queste scuole offrono qualcosa di molto prezioso: “Non solo il contatto quotidiano con la natura, ma anche la possibilità di essere bambini in modo differente. In una classe al chiuso, i bambini sono sempre in conflitto con l’ambiente. Non hanno spazio. Gli adulti s’intromettono molto di più e gli vietano di gridare o di correre. All’esterno invece possono avere interazioni più ricche con i bambini, che hanno lo spazio e il tempo per concentrarsi”. Tra un’attività e l’altra, Bertram e il suo amico hanno trascorso una mezz’ora a correre e gridare, muniti di una piccola motosega di legno, imitando i gesti e i suoni dei taglialegna.
A Skoven non esistono ricreazione o classi: il clima è operoso e sereno e le tensioni tra bambini sono rare. Secondo Lund “qui si litiga meno che in una scuola al chiuso”. Anche se hanno un’ampia autonomia, i bambini sono seguiti da tre insegnanti. Come in tutte le scuole materne del paese, qui ci sono al massimo undici alunni per ogni adulto. La media francese è 23. Anche se i bambini hanno il diritto di arrampicarsi quasi ovunque, non ci sono pericoli. Le piccole seghe, poco affilate, sono a disposizione di tutti, ma quelle più grandi sono appese in alto e si possono usare solo in presenza di un educatore.
Lars spiega: “I più piccoli cominciano scorticando i rami con un pelaverdure per imparare il movimento. Poi sono autorizzati a usare strumenti più pericolosi”. L’insegnante, che lavora a Skoven da dieci anni, apprezza questa pedagogia pratica. “Il luogo gli appartiene, lo padroneggiano”, dice mostrando le travi dell’edificio, che sono state piallate dai bambini. “Funziona molto bene perché abbiamo una visione aperta e non restrittiva dei bambini”, spiega Trolle-Laiq.
“Secondo la tradizione nordica, non abbiamo paura che i bambini cadano. Hanno il diritto di arrampicarsi sugli alberi, di giocare nell’acqua e così via”. “Troviamo che sia buon segno quando alla fine della giornata sono coperti di fango”, aggiunge Kirsten Nilsson, che si occupa di questioni familiari per il quotidiano di centrosinistra Politiken. Skoven segue lo stesso programma delle altre materne danesi: sviluppo personale, sociale, del linguaggio, conoscenza del corpo, introduzione alla cultura, espressione artistica e sviluppo dello spirito di comunità.
La sensibilizzazione nei confronti della natura “è stata modificata nel nuovo programma”, dice Trolle-Laiq. “Ora è specificato che si tratta di ‘natura, vita all’aperto e scienza’. Si ritiene quindi che sia indispensabile uscire”. Dopo gli anni passati a Skoven, i bambini vanno alle elementari e trascorrono più tempo al chiuso. Né gli insegnanti né i genitori hanno rilevato problemi d’integrazione e i giovani scolari seguono le lezioni senza difficoltà. “Da quando sono nate le scuole all’aperto, in Danimarca e in Scandinavia, tutte queste idee progressiste sul modo di educare i bambini, di rispettarli e di lasciarli giocare si sono ampiamente diffuse.
Oggi le scuole materne nella foresta sono parte integrante del sistema educativo”, spiega Ning de Coninck-Smith, storica dell’educazione all’università di Aarhus. Nilsson lo conferma: “Queste scuole sono talmente radicate nel paesaggio che non sollevano più alcun dibattito”. Al punto che nessuno ha sentito il bisogno di confrontare i risultati degli alunni usciti da queste scuole con quelli dei bambini che hanno seguito un percorso classico.
Mille, 17 anni, ha trascorso i suoi anni di scuola materna in una skovbørnehaver. Si ricorda delle chiocciole, della neve, delle ranocchie, di quando cucinavano sul fuoco. “Io e la mia migliore amica ci divertivamo a catturare grossi rospi. Ce li mettevamo in testa e cercavamo di tenerceli il più a lungo possibile”, racconta tra il divertito e il disgustato. Mille ha amato molto quel periodo, anche se d’inverno a volte era dura restare tutto il giorno fuori. Oggi sta terminando gli studi superiori in un liceo nel centro di Copenaghen. Abitava già nella capitale quando i suoi genitori la iscrissero alla scuola nella foresta. Sua madre Lotte spiega che crescere le sue due figlie in città, lontano dalla natura, la faceva sentire in colpa.
Se Skoven si trova in una zona rurale, le scuole forestali sono paradossalmente un fenomeno per lo più urbano. A Copenaghen si parla di scuole materne “in movimento”. Sulla mappa dell’ufficio di Trolle-Laiq ci sono 85 scuole di questo tipo, alcune nella foresta, altre sulla spiaggia o in una roulotte, con sede in tutti i quartieri della città. Alcune propongono l’insegnamento all’aperto una settimana su due o solo alcuni giorni. Nelle altre si sta fuori tutto il giorno. Ogni mattina degli autobus portano i bambini in “campagna” e li riportano a Copenaghen dopo la lezione.
I genitori che decidono d’iscrivere i loro figli in scuole di questo tipo non sono tutti militanti ecologisti o radical chic eccentrici, ma secondo Niels Ejbye-Ernst, un ricercatore in scienze dell’educazione che ha pubblicato una tesi sull’argomento nel 2012, per lo più persone istruite: “Le famiglie più svantaggiate tendono a iscrivere i figli alla scuola più vicina”.Tuttavia la maggior parte di queste scuole è pubblica, e se ne trovano anche nei quartieri o nelle città difficili.
Come nel caso di Skoven.
Nonostante l’aria pulita e l’ambiente bucolico, l’isola di Lolland non è certo un paradiso, ma uno dei luoghi più poveri del paese. La maggior parte dei giovani parte per studiare e non torna più. Di conseguenza la popolazione attiva è più bassa che altrove, e anche la speranza di vita: 77,4 anni, tre in meno rispetto alla media danese. Apprezzatissime dai genitori e incoraggiate dalle ricerche di scienze dell’educazione, le skovbørnehaver sono sempre più comuni in Danimarca.
Secondo Ejbye-Ernst, il loro numero è raddoppiato negli ultimi quindici anni. Queste scuole hanno influenzato anche gli istituti classici, che dedicano più attenzione al tempo trascorso dai bambini all’aperto e moltiplicano le attività, non più limitate alla semplice ricreazione. Da qualche anno questo fenomeno si sta diffondendo anche al di fuori della Scandinavia. La britannica Jane Williams-Siegfredsen, che vive in Danimarca da una ventina d’anni, organizza dei corsi di formazione sul ruolo della natura nella pedagogia danese. Li frequentano educatori provenienti da tutto il mondo: Australia, Austria, Portogallo, ma anche Stati Uniti, Canada, Taiwan.
Oggi la Germania è il paese con il più alto numero di scuole nella foresta, più di duemila. Petra Jäger ha fondato il primo istituto di questo tipo a Flensburg, una piccola città a un chilometro dalla frontiera danese. È successo 25 anni fa. “Oggi apre una nuova scuola quasi ogni settimana”, spiega. Attraverso la Forest kindergarten internationale federation, di cui è condirettrice, educatori e genitori condividono le proprie esperienze.
Jäger tiene conferenze anche all’estero. Quindici anni fa è andata in Corea del Sud, dove la prima scuola nella foresta ha aperto nel 2008. Da allora ne sono nate altre duecento. A Skoven è l’ora dell’uscita. Una madre è venuta a prendere Pilou ed Ea, tre e quattro anni. È un’ex guardia forestale e non ha avuto dubbi a iscriverli a questa scuola: “Perché dovremmo tenere i bambini al chiuso tutto il giorno? A pensarci bene è un’idea strana. Crescono molto meglio all’aperto”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2018 nel numero 1275 di Internazionale.