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Il gran paradosso delle elezioni europee in Polonia

Una protesta di agricoltori a Varsavia, il 6 marzo 2024. (Wojtek Radwanski, Afp)

In Polonia le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo saranno la terza – e penultima – tappa di una stagione elettorale che si è aperta con il voto legislativo dell’autunno 2023 e si chiuderà con le presidenziali previste per la primavera 2025. La posta in gioco di queste quattro scadenze elettorali è “riprendere il controllo dello stato” (le istituzioni, le cariche amministrative e i posti negli organi elettivi) dopo otto anni di governo illiberale del partito sovranista e nazionalista Diritto e giustizia (Pis). I programmi e le strategie di quasi tutti i partiti puntano a questo obiettivo. Le forze della coalizione di governo, liberali e sinistra, cercano di recuperare terreno, mentre gli ultraconservatori del Pis provano a difendere le posizioni acquisite.

Nell’ottobre 2023 il Pis ha ottenuto la maggioranza dei voti, ma ha perso il potere. Al governo è andata una coalizione composta da Coalizione civica (Ko, centrodestra), dal partito centrista e vicino agli agricoltori Terza via e dalla sinistra di Lewica. La priorità del nuovo governo è ricostruire lo stato di diritto in Polonia. Il loro margine di manovra è tuttavia limitato dal presidente della repubblica, legato al precedente governo, che può mettere il veto sulle leggi approvate dal parlamento. Per le forze di governo le elezioni amministrative che si terranno ad aprile e le europee di giugno sono, da questo punto di vista, solo una tappa nella costruzione di una nuova maggioranza, necessaria per riconquistare la presidenza.

Se le elezioni europee si svolgessero oggi, Coalizione civica (il perno della colazione, che al parlamento di Strasburgo fa parte del Partito popolare europeo) sarebbe la formazione più votata, con circa un terzo dei consensi. Al secondo posto, con il 25 per cento dei voti, ci sarebbe il Pis, parte del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr). A contendersi il terzo posto sarebbero invece la Terza via (i cui deputati aderiscono al Ppe e a Renew Europe), la Sinistra (in Europa con i Socialisti e democratici) e l’estrema destra di Confederazione (legata a Identità e democrazia, Id). Di conseguenza, il numero di eurodeputati polacchi nel Ppe e in Renew Europe aumenterebbe, mentre diminuirebbe la rappresentanza nel gruppo dell’Ecr. In controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione, gli elettori polacchi eleggerebbero quindi rappresentanti più moderati e meno di destra rispetto al passato.

Questo non significa, però, che il dibattito e le decisioni su temi come l’ecologia o la politica migratoria saranno d’ora in avanti più progressisti. Su queste materie non c’è infatti da aspettarsi che il pendolo della politica si sposti verso il centro: sarà piuttosto il centro a spostarsi nettamente a destra.

Attualmente il fenomeno politico più rilevante, in Polonia e in tutta l’Unione europea, è rappresentato dalle proteste degli agricoltori, che si sono mobilitati contro l’importazione di prodotti agricoli dall’Ucraina e contro i provvedimenti previsti dal Green deal (accordo verde) europeo. In Polonia queste manifestazioni godono di un sostegno pubblico che non ha precedenti nella storia della cosiddetta terza repubblica, nata nel 1989 dal crollo del regime comunista. Secondo un sondaggio realizzato da Ipsos per Oko.press e Tok Fm, nell’ultima settimana di febbraio, il 78 per cento dei polacchi sostiene le proteste. Tra loro ci sono anche i residenti delle grandi città e i sostenitori del governo. Messi di fronte alla scelta tra gli interessi degli agricoltori polacchi, le preoccupazioni ambientali e le esigenze dell’Ucraina, continuano a scegliere gli agricoltori. Il governo non può quindi ignorare i problemi di questa categoria, cosa che si traduce in una posizione intransigente nei confronti dell’Ucraina e in un valanga di dichiarazioni dei suoi rappresentanti, che sempre più spesso prendono le distanze dalle normative europee sul clima.

L’atteggiamento dell’opinione pubblica può cambiare, ma gli agricoltori rimarranno comunque una categoria di elettori di fondamentale importanza per tutti i partiti. La loro relativa smobilitazione alle elezioni dello scorso ottobre è stata uno dei fattori che più hanno determinato il risultato. In quell’occasione gli agricoltori non hanno votato per i partiti allora all’opposizione; anzi, molti sono rimasti a casa, lasciando il campo alle componenti che più si erano mobilitate contro il governo, soprattutto le donne e i giovani.

Quasi cinque mesi dopo, questi ultimi hanno più di un motivo per essere scoraggiati: stanno ancora aspettando la legge sulla liberalizzazione dell’aborto che Tusk aveva promesso “entro i primi cento giorni di governo”. Nel frattempo, gli agricoltori sono mobilitati come mai prima d’ora e difficilmente voteranno per i partiti che formano l’attuale governo, anche se non è chiaro se sceglieranno i nazionalconservatori del Pis o Confederazione, partito di estrema destra e xenofobo. Il tentativo di placare le proteste e soddisfare le loro richieste significa che il governo dovrà prendere le distanze dal Green deal, sia nel dibattito interno sia in quello europeo.

Un altro tema potenzialmente incandescente è quello dei confini e della politica migratoria. Il Pis accusa da tempo i partiti che oggi sono al governo di voler aprire le frontiere agli immigrati irregolari, cedendo ai “diktat di Bruxelles”. Coalizione civica si difende sostenendo che i responsabili dell’immigrazione irregolare sono i suoi predecessori e che il nuovo governo sta cercando di chiudere le frontiere correggendo i loro errori.

Al momento l’esecutivo ha sostituito la portavoce della Guardia di frontiera, ma per il resto continua sulla falsariga di chi governava prima, affermando che attualmente sono effettuati solo “respingimenti etici”. Secondo le organizzazioni umanitarie che si occupano degli abusi sui migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, l’avvicendamento al governo non ha migliorato le cose. In vista delle elezioni (europee e forse anche presidenziali), con ogni probabilità il governo non vorrà mostrare alcuna “debolezza” nei confronti di chi cerca di entrare in Polonia. E come nel caso del Green deal, per Varsavia questo si tradurrà sia in azioni a livello nazionale sia in prese di posizione sullo scenario europeo.

Le elezioni per il parlamento europeo in Polonia sono quindi caratterizzate da un certo paradosso. Per quanto riguarda i voti degli elettori e i seggi all’assemblea di Strasburgo, l’equilibrio politico si sposterà dalla destra verso il centro. Il discorso politico e le posizioni del governo al Consiglio europeo si sposteranno invece sempre più a destra.

Questo articolo fa parte del progetto Voices of Europe 2024, che coinvolge 27 mezzi d’informazione in tutta Europa, coordinati da Voxeurop.

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